Il fuggitivo. Da Bologna a Malalbergo e ritorno, in “burchiello”

Luigino il “fuggitivo”–  Un’altra storia curiosa del passato che lega Malalbergo a Bologna, raccolta da Dino Chiarini –
Luigi Mazzoni (per tutti “Luigino”) era un bambino molto vivace; secondo di tre fratelli, era nato a Bologna il 7 luglio 1821 da Domenico Mazzoni, proprietario di una fabbrica di tabacchi e da Anna Majani, figlia di Giuseppe e di Teresa Menarini.
Giuseppe discendeva da quella Teresa Majani che nel 1794 aprì una piccola bottega accanto alla Basilica di San Petronio col nome di Laboratorio delle cose dolci. In seguito la famiglia Majani diventò famosa in tutta Europa per la lavorazione della cioccolata e soprattutto per il cioccolatino FIAT, prodotto ancor oggi con grande successo.
Il fratello di Anna Majani, Francesco (1794-1865), cioè lo zio del protagonista di questa storiella (il già citato Luigi Mazzoni) è l’autore di un diario molto interessante dal titolo “Cose accadute nel tempo di mia vita” (dato alle stampe dalla casa editrice Marsilio nel 2003) dove racconta gli episodi più curiosi accaduti a Bologna nell’Ottocento. Tra i tanti avvenimenti, narra anche quelli avvenuti all’interno della propria famiglia; in uno di questi episodi cita il paese Leggi Tutto

Un favoloso pallone di cuoio venuto da Manchester a Malalbergo

Quel favoloso pallone di cuoio che arrivò da Manchester
– Un’altra storia curiosa raccontata da Dino Chiarini-
Prima dello scoppio della Grande Guerra, nel Comune di Malalbergo l’attività sportiva si svolgeva soprattutto a livello individuale e non con sport di squadra. Infatti le cronache del tempo ricordano solo vittorie di “singoli”, quale quella conquistata nel 1909 da Azzo Cacciari nel Grand Prix du Casino de Monte Carlo che consisteva nel Tiro al piccione (e con il premio in denaro di 20.000 franchi, abbinato a quella gara, acquistò due aziende agricole, l’Aia Callari a Pegola e “Il Cucco” ad Altedo) oppure le Gare di tuffi, organizzate nel 1914 nel canale Riolo dalla società bolognese della Rari Nantes Æmilia (a cui parteciparono anche due “campioni locali” con scarsa fortuna). Si ricordano pure alcuni incontri amichevoli di Tamburello, disputati sul grande prato antistante le scuole elementari, al centro del paese, praticamente dove oggi c’è un giardino pubblico con il Monumento ai Caduti. Però, finito il primo conflitto mondiale, si diffuse in tutte le contrade italiane il Giuoco del calcio ed anche nel territorio comunale di Malalbergo cominciarono le prime partite domenicali; esse si disputarono dapprima tra compaesani, in seguito però iniziarono Leggi Tutto

Azzo Cacciari da Pegola, chi era costui?

Azzo Cacciari di Pegola che vinse a Montecarlo il 1° premio del Grand Prix du Casino di “Tiro al piccione” nel 1909
* Un’ altra delle storie curiose scovate dal nostro socio Dino Chiarini
Mi sembra doveroso, prima di introdurre il personaggio che segue, anticipare alcune spiegazioni su uno sport che, ancor oggi olimpico nel piattello, era a quell’epoca (parliamo di oltre un secolo fa) troppo cruento e feroce verso gli animali. Nella suo complesso, il “Tiro a volo” era una disciplina che consisteva nel colpire un bersaglio in movimento da una determinata distanza e con un fucile a canna liscia; però era suddivisa in diverse categorie, tra queste il “Tiro al piattello” e “Tiro al piccione” (1) . Quest’ultima specialità, come il lettore avrà intuito, è oggi proibita come sport e fu vietata in Italia dal 1° gennaio 1994, sostituita con il “Tiro all’elica”, conosciuto anche come “Tiro al piccione d’argilla”. La gara del “Tiro al piccione” era praticata con una “doppietta calibro dodici” ed era assai sanguinosa: infatti i colombi, sistemati in varie cassette, venivano liberati uno per volta senza un ordine preciso; per vincere la gara, a ugual numero di volatili per ciascun “tiratore” bisognava abbatterne uno più degli avversari.

Azzo Cacciari era nato a Baricella (Bo) il 2 maggio 1881 e da parecchi anni risiedeva a Malalbergo (Bo), Leggi Tutto

Vincere…e morire. Una storia del tempo di guerra.

Quel fatidico tema dal titolo: “Vincere! E Vinceremo!”
Storia triste di un giovane anglo-italiano nel tempo di guerra, ricostruita da Dino Chiarini
Due anni fa comprai su eBay una bellissima cartolina illustrata che riproduceva il palazzo municipale di Malalbergo disegnato da Giuseppe Mengoni, il noto architetto di Fontanelice (BO) che successivamente progettò la famosa e bellissima Galleria Vittorio Emanuele II, in Piazza del Duomo a Milano.
Un certo Nino aveva spedito da Malalbergo quella cartolina al “Signorino Herbert Arden abitante a Bologna in Via Vallescura 12”. Il cognome Arden non mi era nuovo: infatti mio nonno materno, nei primi anni della mia adolescenza, in occasione di un mio compleanno, mi regalò un bel pallone di cuoio e mi raccontò un episodio calcistico avvenuto a Malalbergo negli anni Venti del secolo scorso, che mi è sempre rimasto impresso nella memoria.
Mi disse che un giovane anglo-italiano di nome Edward “Eddie” Arden, figlio di un inglese e di una italiana (quest’ultima rimasta vedova, aveva sposato in seconde nozze un impiegato che risiedeva a Malalbergo) regalò ai dirigenti della squadra malalberghese il suo pallone di cuoio proveniente dall’Inghilterra, precisamente da Manchester, dove da parecchi anni il calcio era lo sport più popolare.

Incuriosito dal nome dell’intestatario di questa cartolina e dal racconto che mi aveva fatto il nonno tanti anni fa, cercai di ricostruire un eventuale legame tra Leggi Tutto

C’era una volta: “al sulfaner” (fabbricante o venditore di zolfanelli)

Lo zolfanèllo(osolfanèllo -più anticamentesolfinèllo-) è un fiammifero di legno impregnato di zolfo per un tratto della sua parte superiore, al fine di fornire facile presa alla fiamma provocata dallo sfregamento della capocchia fosforica, precipuamente a base di sesquisolfuro di fosforo. Gli zolfanelli quindi sono da considerare i precursori degli attuali fiammiferi; nati probabilmente nel “basso medioevo”, questi bastoncini di legno, lunghi dai dieci ai quindici centimetri, si accendevano se strofinati sulla silice. Permettevano di appiccare il fuoco ai cosiddetti “stecchi” e successivamente alle fascine di legna che costituivano la base per i ceppi depositati sul focolare del camino. Oggi è ormai scomparso, sostituito dai più moderni fiammiferi. Il primo fiammifero nacque agli inizi dell’Ottocento a Parigi, dove venne brevettata un’asticella di legno, con la capocchia formata da una miscela di solfuro di antimonio, clorato di potassio, gomma e amido. Col passare degli anni la produzione di fiammiferi si perfezionò sempre più: dal fosforo bianco si passò al fosforo rosso, fino all’uso del sesquisolfuro di fosforo.

Sempre all’inizio dell’Ottocento, nel bolognese c’erano parecchi fabbricanti ed anche diversi venditori di zolfanelli che venivano chiamati Leggi Tutto

Un pilota della Ferrari che morì a Malalbergo in un banale incidente, nel 1933

Il pilota automobilistico ferrarese Alessandro Bottoni (nato a Migliarino nel 1906) correva per la Scuderia Ferrari, gareggiando nelle competizioni su strada. Morì a Malalbergo il 18 febbraio 1933, in un banale incidente, tornando da Bologna, dove si era recato per ritirare la sua Alfa Romeo 1750 GS.
Lo avevano accompagnato il fratello Pietro e l’amico Vito Barion; partirono da Bologna sul far della sera diretti a Ferrara; alla guida dell’auto si sedette il fratello Pietro con Alessandro al suo fianco. Faceva da battistrada la Fiat 508 Balilla di Vito Barion, essendo la sola munita di fari (l’Alfa Romeo dei fratelli Bottoni ne era priva). Arrivati alle porte di Malalbergo, nell’affrontare una curva, l’auto con a bordo i due fratelli, causa la scarsa visibilità, finì sul cordolo che delimitava la carreggiata ed uscì di strada andando a finire nel canale Navile che in quel punto costeggiava la S.S. 64 Porrettana; purtroppo, la macchina si capovolse ed essendo priva del tettuccio i due si trovarono a contatto con l’acqua e la melma. Pietro, seppur contuso, riuscì ad uscire dal veicolo e mettersi in salvo, Alessandro invece non fu in grado di scendere dall’auto ed affogò in pochi centimetri d’acqua. Aveva 27 anni.

Dopo il funerale di Alessandro, celebrato alcuni giorni dopo la disgrazia, i parenti e gli amici dello sfortunato pilota posero ad un grossa quercia che cresceva a pochi metri dal luogo dell’incidente, Leggi Tutto

“Il miracolo della gamba”…. con svista. La pala d’altare della chiesa di Pegola

La Pala della Chiesa di Pegola, opera attribuita al pittore Bartolomeo Ramenghi detto il “Bagnacavallo seniore”
– Testo di Dino Chiarini
Tre studiosi e ricercatori padovani, Ferdinando Maggioni, Giuseppe Maggioni e Dantina Talmelli, autori del volume “Santi Cosma e Damiano in Italia – Ricerca ed espressioni”, nel 2005 affermarono che il quadro dell’Altare della Chiesa di Pegola dal titolo “Miracolo della gamba” era da attribuire al pittore Bartolomeo Ramenghi (1).
Nel trattare la storia della tela aggiungevano pure che «Il Manzi, un medico e storico bolognese, in una sua pubblicazione segnalava di aver trovato nella raccolta di stampe dell’Archiginnasio un’incisione a firma G.B. fecit, ossia Giuseppe Benedetti, incisore bolognese (1707-1782) e di avervi letto in calce “ora si trova a S. Damiano”. Sempre il Manzi legittima l’ipotesi che la stampa non sia altro che la riproduzione del quadro della chiesa in località Ponte di Ferro» (2). Uno dei ricercatori padovani dichiara: «L’accostamento della stampa al quadro di Pegola, dimostra, vorrei dire con certezza, che il quadro del Ramenghi dato per disperso è quello che attualmente si trova nella parrocchia di Pegola» (3).

La tela menzionata dallo studioso sparì improvvisamente in un anno imprecisato dell’Ottocento da Bologna e come sia arrivato nella chiesa di Pegola nessuno lo sa; giunse in questo paese tagliata in diversi Leggi Tutto

3 Ricette col “pesce gatto” (tra storia e leggenda)

3 RICETTE COL PESCE GATTO. Testo e ricerca di Dino Chiarini
Come di consueto, prima di presentarvi le tre ricette, vi parlerò dell’ingrediente principale: il Pesce Gatto(Denominazione scientifica: Ameiurus melas; Ordine: Siluriformes; Famiglia: Ictaluridae) un pesce d’acqua dolce appartenente alla famiglia Ictaluridae. Molti pensano ad una specie autoctona, in realtà è arrivato da noi poco più di un secolo fa. Però si è adattato molto bene alle nostre acque, soprattutto ai canali di pianura (e ai maceri ).
Struttura e caratteristiche biologiche
Possiede un corpo robusto, con una testa piuttosto larga; è dotato di una bocca molto ampia ed è caratterizzato dalla presenza di quattro paia di barbigli. La pinna caudale evidenzia un margine rettilineo appena convesso, mentre le pinne pettorali sono ampie; pinna dorsale è corta. La colorazione è bruno-nerastra sul dorso,invece il ventre presenta un colore bianco-giallastro. Predilige le acque calde o temperate e tende ad occupare il basso fondale melmoso; nella fase adulta la dieta è molto varia e comprende vegetali, detriti organici, uova di pesce (soprattutto di altre specie), crostacei, avannotti, molluschi e anellidi. Può raggiungere i 40 cm. di lunghezza e i 4 kg. di peso, ma normalmente non supera il chilo e mezzo.

L’arrivo in Italia

Questo tipo di pesce, originario dell’America settentrionale, fu descritto dal biologo statunitense Costantine Samuel Rafinesque Schmaltz Leggi Tutto

Il professor Marino Ortolani, grande ortopedico. Da Altedo a Bologna e Ferrara, e oltre. Biografia.

Testo di Giulio Reggiani
Premessa
Il 9 dicembre 2018 era uscita sul “Carlino – Cronaca di Ferrara” un’intervista ad un’attempata signora che mi aveva particolarmente colpito. Questa conversazione, a mio avviso, aveva un’importanza non comune e riguardava la famosa “Manovra di Ortolani”. Ma dove stava la particolarità del fatto, tanto da valere un articolo assai corposo sul giornale? Ecco la ragione: la signora Fiorella Zambardi, ottantunenne, visitata dal Prof. Marino Ortolani nel marzo del 1937, dichiarava testualmente: «Sono stata io la sua prima paziente!». La signora Fiorella raccontava poi ciò che la madre le aveva detto sulla manovra operata dal Professore nei suoi confronti, un mese dopo la sua nascita: «E sa come sono le mamme … Ortolani aveva l’abitudine, avendo in mano i bambini, di aprire le gambe per vedere le anche. Senza lastre, solo con quella manovra, si accorse subito che non ero a posto e mi fece portare al Centro Putti di Bologna. Sono stata il suo primo caso». Dice ancora la signora: «Nessuno credeva che avessi le anche spostate, ma il professore era sicuro … e tutte le settimane mi riportava a Bologna per vedere come andasse. Quando ho avuto i miei figli, li ho portati immediatamente da lui».
Il
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Due donne importanti ad Altedo

Due celebri donne ad Altedo: Elisabetta Pepoli e Mariana Starke
Testo di Dino Chiarini
L’ereditiera Elisabetta (Lisabetta) Maria PEPOLI.
Il casato dei Pepoli
I Pepoli furono una delle famiglie gentilizie più ricche di Bologna; un certo Zerra de’ Pepoli prestava denari e cambiava valute agli allievi dello “Studium”, l’antica Università bolognese. Il figlio Romeo, nato a Bologna tra il 1285 e il 1290 e morto in Francia nel 1347, fu un noto “cambista” e banchiere; nel 1315 risultava proprietario, solo in Altedo, di ben 2.026 tornature di terra (422 ettari), suddivisi in 733 appezzamenti. Un ingentissimo patrimonio che, sommato ad altre proprietà sparse per l’Italia, consentì al figlio primogenito Taddeo di diventare, dal 1337 al 1347, Signore di Bologna; inoltre quella nobile famiglia influì sulla città per secoli. Giovanni Pepoli, figlio di Taddeo, nel 1345 attese Obizzo III d’Este signore di Ferrrara e Mastino II della Scala signore di Verona in una locanda di Altedo, per consumare un frugale pasto prima di scortarli a Bologna presso l’abitazione del padre; questi li attendeva in compagnia di altri due nobili, Ostasio II da Polenta signore di Ravenna e Azzo da Correggio signore di Parma, a cui si erano rivolti per un’eventuale alleanza avversa ai Visconti, signori di Milano, che ritenevano molto importante.

Il personaggio Elisabetta

Elisabetta Maria, detta anche Lisabetta, era figlia di Rodorico Leggi Tutto