La battaglia di Lepanto, una vittoria degli italiani ed europei che fermò l’espansione ottomana

La battaglia di Lepanto- 7 ottobre 1571
-Testo di Salvatore Pagano -*
La battaglia di Lepanto rimane uno di quegli eventi che vanno oltre il mero scontro militare.
Fu simbolo, fu spartiacque psicologico, fu l’attimo in cui l’Occidente smise di tremare.
Non salvò Cipro, non distrusse l’Impero Ottomano, non creò un’unità europea duratura, ma dimostrò che il gigante poteva sanguinare.
E a volte, nella storia, questo basta per cambiare tutto.
1. LA NASCITA DELL’IMPERO OTTOMANO
I turchi non nacquero in Anatolia, ossia l’attuale Turchia, ma venivano dalle steppe infinite dell’Asia centrale, cavalieri nomadi di stirpe oghuza che parlavano una lingua altaica e adoravano il cielo aperto.
Per secoli migrarono verso ovest, spinti da altri popoli, attratti da terre più ricche. Furono i selgiuchidi i primi a creare un grande impero turco in Medio Oriente, conquistando la Persia e poi l’Anatolia dopo la devastante sconfitta dei bizantini a Manzikert nel 1071.
Ma i selgiuchidi si frammentarono, e dalle loro ceneri emerse una piccola tribù di confine, guidata da un certo Osman. Era la fine del 1200, e quel gruppo di guerrieri ai margini dell’impero bizantino morente avrebbe cambiato la storia. Osman e i suoi successori costruirono uno stato guerriero, espandendosi villaggio dopo villaggio, fortezza dopo fortezza.
Nel 1326 conquistarono Bursa, che divenne la prima capitale. Nel 1362 presero Adrianopoli, in Europa. L’Impero Ottomano non era più una tribù di frontiera: era una potenza in ascesa, e Costantinopoli, la millenaria capitale dell’Impero Romano d’Oriente, era ormai circondata.
Nel 1326 conquistarono Bursa, che divenne la prima capitale. Nel 1362 presero Adrianopoli, in Europa. L’Impero Ottomano non era più una tribù di frontiera: era una potenza in ascesa, e Costantinopoli, la millenaria capitale dell’Impero Romano d’Oriente, era ormai circondata.

Il 29 maggio 1453 è una data che spezza in due la storia. Dopo 53 giorni di assedio, le mura teodosiane, quelle mura che per mille anni avevano retto a ogni assalto, crollarono sotto i colpi dei cannoni di Maometto II. Costantinopoli, la Nuova Roma, l’erede di Cesare e Augusto, cadde.
L’ultimo imperatore, Costantino XI Paleologo, morì combattendo sulle mura, e quando i giannizzeri irruppero nella città, un’era finì. Quella che era stata la capitale della cristianità orientale divenne Istanbul, cuore pulsante dell’Impero Ottomano.
I successori di Maometto II conquistarono la Serbia, la Bosnia, l’Albania.
Selim I il Truce, annetté la Siria, l’Egitto, il Hijaz con le città sante di Mecca e Medina.
Il sultano divenne anche califfo, guida spirituale dell’Islam sunnita.
E poi venne Solimano, che gli europei chiamarono il “Magnifico” e i turchi il “Legislatore”.
Sotto di lui l’impero raggiunse il suo apogeo: nel 1526 annientò l’esercito ungherese a Mohacs, nel 1529 assediò Vienna. Controllava i Balcani, l’Ungheria, il Nord Africa, il Medio Oriente.
Il Mediterraneo era diventato un lago ottomano, e ogni estate le flotte turche razziavano le coste italiane, spagnole, greche. Nessuno sembrava in grado di fermarli.

3. LA LEGA SANTA
Nel 1570, il sultano Selim II decise di conquistare Cipro, possedimento veneziano strategicamente cruciale. Venezia chiese aiuto disperatamente.
Papa Pio V, un domenicano austero e determinato, vide l’occasione per unire la cristianità divisa.
Dopo anni di negoziati, suppliche e pressioni, il 25 maggio 1571 nacque la Lega Santa, composta da: il Papato, la Spagna di Filippo II, Venezia, Genova, i Cavalieri di Malta, il Ducato di Savoia e altri stati minori italiani.
Era un miracolo diplomatico, considerando le rivalità feroci tra queste potenze.
Il comando della flotta venne affidato a don Giovanni d’Austria, figlio illegittimo di Carlo V e fratellastro di Filippo II. Aveva solo 24 anni, ma era carismatico, coraggioso, e soprattutto accettabile per tutti.
Marcantonio Colonna comandava le galee papali;
Sebastiano Venier quelle veneziane; 
Gianandrea Doria quelle genovesi.
Era una coalizione fragile, piena di tensioni, ma era pur sempre una coalizione.

4. LA GUERRA DI CIPRO
Mentre l’Europa negoziava l’alleanza, Cipro agonizzava.
L’assedio di Nicosia nell’estate del 1570 fu brutale: 50.000 turchi contro poche migliaia di difensori. La città cadde il 9 settembre, e 20.000 abitanti furono massacrati o ridotti in schiavitù.
Restava solo Famagosta, sulla costa orientale, comandata da Marcantonio Bragadin.
Famagosta resistette per quasi un anno, uno degli assedi più eroici e disperati della storia. 8.000 difensori contro 200.000 ottomani.
I veneziani respinsero assalto dopo assalto, ma le munizioni finirono, il cibo finì, le speranze finirono. Il primo agosto 1571, Bragadin fu costretto ad arrendersi. Gli fu promessa la vita, ma il comandante turco Lala Mustafa Pascià lo tradì: Bragadin fu torturato, scorticato vivo, e la sua pelle imbottita di paglia fu inviata a Istanbul come trofeo. Cipro era persa. La Lega Santa arrivò troppo tardi per salvarla.

5. LA BATTAGLIA DI LEPANTO
La flotta cristiana salpò da Messina il 16 settembre 1571: 206 galee, 6 galeazze veneziane (enormi navi da guerra con cannoni pesanti), 76 navi minori.
In totale, circa 28.000 soldati, 20.000 rematori liberi e volontari, più migliaia di galeotti incatenati ai remi.
La flotta turca, comandata da Alì Pascià, era di dimensioni simili: circa 230 galee, 56 galiotte veloci, forse 34.000 uomini tra soldati e arcieri.
Il 7 ottobre 1571, all’alba, le due flotte si trovarono faccia a faccia nel golfo di Patrasso, vicino alla cittadina di Lepanto.
Don Giovanni schierò le sue navi in una linea lunga 5 chilometri: lui al centro con le galee papali e veneziane, Doria a destra verso il mare aperto, Agostino Barbarigo a sinistra verso la costa.
Le sei galeazze furono piazzate davanti, come fortezze galleggianti.
Alì Pascià, sulla galea ammiraglia Sultana, schierò i turchi in una formazione speculare, ma più allungata per tentare di aggirare i fianchi cristiani. A mezzogiorno, le flotte si mossero l’una contro l’altra.
Le galeazze aprirono il fuoco per prime, devastando le prime file turche con cannonate pesanti. Ma i turchi erano troppi e le aggirarono. Poi fu il caos totale. Le galee si scontrarono punta contro punta, si agganciarono, e migliaia di uomini si gettarono all’abbordaggio. Archibugiate, frecce, picche, scimitarre, alabarde: fu una carneficina corpo a corpo.
Al centro, la Reale di don Giovanni si scontrò direttamente con la Sultana di Alì Pascià. Per due ore si combatté sul ponte di quelle navi, finché un colpo di archibugio spagnolo uccise Alì Pascià.
La sua testa fu mozzata e issata su una picca. Quando i turchi la videro, molti persero coraggio.
Sulla sinistra, Barbarigo respinse gli attacchi di Uluch Alì, il corsaro calabrese convertito all’Islam e diventato Kapudan Pascià, ma rimase ferito a morte.
Sulla destra, Doria e Uluch Alì duellarono per ore, ma il genovese non riuscì a chiuderlo. Uluch Alì alla fine si ritirò con una trentina di galee, unico comandante turco a salvarsi.
l tramonto, la battaglia era finita. Circa 30.000 ottomani erano morti o feriti, 137 galee erano state catturate, 50 affondate. 15.000 schiavi cristiani furono liberati dai remi turchi. Le perdite cristiane furono pesanti ma inferiori: 7.500 morti, 20.000 feriti. Tra i feriti, un giovane soldato spagnolo, Miguel de Cervantes, che perse l’uso della mano sinistra ma guadagnò la gloria di aver combattuto e trionfato a Lepanto.

6. CONSEGUENZE DI UNA VITTORIA INCOMPIUTA
Lepanto fu una vittoria schiacciante, ma non decisiva.
Venezia aveva perso Cipro, e quella perdita fu confermata nella pace del 1573.
La Lega Santa si dissolse quasi subito: Venezia firmò una pace separata, la Spagna si concentrò sui Paesi Bassi e l’Atlantico, Papa Pio V morì nel 1572.
L’anno dopo, il sultano ricostruì la flotta con 150 nuove galee.
Il gran visir dichiarò sprezzante: “Voi ci avete tagliato la barba, noi vi abbiamo tagliato un braccio. La barba ricresce, il braccio no.”
Eppure, qualcosa era cambiato.
Per la prima volta in decenni, la potenza ottomana era stata seriamente messa in discussione. L’Europa aveva visto che, unita, poteva vincere.
Lepanto non fermò l’espansione turca sui Balcani, ma rallentò le loro ambizioni navali nel Mediterraneo occidentale. Mai più i turchi tentarono un’invasione su larga scala dell’Italia o della Spagna. La pressione psicologica, quella sensazione di minaccia imminente e inarrestabile, si affievolì.

Lepanto divenne un mito, celebrato in poesie, dipinti, processioni. Per l’Europa era la prova che la cristianità poteva difendersi. Per l’Impero Ottomano fu un campanello d’allarme: l’epoca dell’espansione illimitata stava volgendo al termine.

Salvatore Pagano

FONTI CONSULTATE

Bicheno, Hugh. “Crescent and Cross: The Battle of Lepanto 1571”. Phoenix, 2004.

Capponi, Niccolò. “Victory of the West: The Great Christian-Muslim Clash at the Battle of Lepanto”. Da Capo Press, 2007.

Crowley, Roger. “Empires of the Sea: The Siege of Malta, the Battle of Lepanto, and the Contest for the Center of the World”. Random House, 2008.

Guilmartin, John F. “Gunpowder and Galleys: Changing Technology and Mediterranean Warfare at Sea in the 16th Century”. Cambridge University Press, 1974.

Hanson, Victor Davis. “Carnage and Culture: Landmark Battles in the Rise of Western Power”. Doubleday, 2001.

Imber, Colin. “The Ottoman Empire, 1300-1650: The Structure of Power”. Palgrave Macmillan, 2002.

Konstam, Angus. “Lepanto 1571: The Greatest Naval Battle of the Renaissance”. Osprey Publishing, 2003.

Norwich, John Julius. “A History of Venice”. Vintage Books, 1989.

Setton, Kenneth M. “The Papacy and the Levant (1204-1571), Vol. IV: The Sixteenth Century”. American Philosophical Society, 1984.

Wheatcroft, Andrew. “The Ottomans: Dissolving Images”. Penguin Books, 1995.

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* Testo pubblicato su :https://www.facebook.com/groups/35316751979/ il 7 ottobre 2025
 da VIR -Storica Virtù- e nella pagina di “Alessandro Barbero – Dai suoi appassionati lettori”
Salvatore Pagano · Moderatore

** Vedi anche per ulteriori informazioni, foto e bibliografia
https://it.wikipedia.org/wiki/Battaglia_di_Lepanto, da cui abbiamo ripreso le foto 

FOTO

1- La battaglia di Lepanto, nella Galleria delle carte geografiche, Musei Vaticani

https://it.wikipedia.org/wiki/Battaglia_di_Lepanto#/media/File:Fernando_Bertelli,_Die_Seeschlacht_von_Lepanto,_Venedig_1572,_Museo_Storico_Navale_(550×500).jpg  

2- Alì Pascià  
3 – IND132961 The naval battle of Lepanto between the Holy League and the Turks in 1571 (oil on canvas) (detail) by Brugada, Antonio de (d.1863); Museu Maritim Atarazanas, Barcelona, Catalunya, Spain; Index; Spanish, out of copyright