Scelte importanti per il reddito in agricoltura. Vincenzo Tugnoli

La necessità di salvare l’agricoltura in generale e in particolare una coltura così importante come la barbabietola da zucchero, impone un miglioramento delle attuali rese; l’obiettivo minimo è rappresentato dalle 10 t/ha di saccarosio. Quali colture inserire nella rotazione assume rilevante importanza. Gli effetti dell’avvicendamento si ripercuotono su sanità , fertilità e lavorazioni. La coltura in precessione prediletta in bieticoltura è il cereale.
Le produzioni italiane sono nettamente inferiori a quelle degli altri Paesi della UE.
L’Italia si posiziona agli ultimi posti, con differenze del 20% in tutti i parametri (peso, polarizzazione e zucchero): le zone a minor produzione di saccarosio sono quelle del Centro (5,5 t/ha) in particolare nelle Marche, e al Sud (6 t/ha) con specifico riferimento a aree bieticole della Campania e del Molise, mentre al Nord si riscontrano valori più elevati (7 tonnellate) ma pur sempre lontani dai risultati conseguiti negli altri Paesi Nord-europei (10-11 e anche oltre t/ha).

Non è quindi consigliabile ridurre l’attenzione in particolare nelle tecniche colturali, per non perdere in produttività ed arretrare ancor più.

Fino a pochi anni addietro, questo disavanzo produttivo veniva “ammorbidito” da aiuti integrati nel prezzo di vendita delle barbabietole, autorizzati dalla CEE (ora UE) fin dal 1967. Questo finanziamento aggiuntivo aveva lo scopo di incentivare una valorizzazione delle rese produttive, per rendere in tal modo autonomo il percorso economico della bieticoltura italiana. Altre realtà mediterranee, quali Grecia e Spagna, aiutate nel prezzo allo stesso modo dell’Italia, sono riuscite ad incrementare le rese produttive a tutto vantaggio di una miglior economia finale. Oggi queste bieticolture, penalizzate dal clima parimenti a noi, hanno sorpassato nelle rese la nostra bieticoltura, lasciando come detto
l’ultimo posto a noi. Il ritiro degli aiuti non è risultato quindi pesante come invece sta dimostrandosi per i bieticoltori italiani.

Non èpertanto pensabile proseguire per la nostra strada senza preoccuparci di individuare strategie atte ad avvicinare le nostre rese alle medie europee; l’unica via di uscita, per non vedere scomparire la barbabietola dalle realtà italiane, rimane l’adozione di tecniche colturali innovative ed in grado di permettere una valorizzazione delle produzioni tale da favorire il conseguimento di valori economici il più elevato possibile anche con prezzi
notevolmente più bassi.
L’obiettivo minimo in grado di reggere ad una diminuzione del prezzo di vendita, è rappresentato dalle 9-10 t/ha di saccarosio. Valore raggiungibile con 55 tonnellate di radici ad una polarizzazione di 18 gradi, oppure con 65 t con un titolo di 15,5, o ancor meglio (ma più difficile) con poco più di 50 tonnellate ad un titolo di 19; ricordo che al crescere del grado polarimetrico corrisponde una miglior resa economica finale.

Reseproduttive più scarse non otterranno altro risultato che scontentare il produttore e far crescere quello sconforto e disaffezione per questa coltura e che necessariamente porterà all’abbandono della bieticoltura da diverse zone agricole della nostra penisola.

Questa prospettiva non potrà essere indolore non solo per quanto riguarda il comparto bieticolo e tutto quanto lo riguarda, ma finirà per appesantire l’economia delle altre colture e mettere in difficoltà l’intera agricoltura nazionale.

Assistere infatti alla scomparsa di una coltivazione dagli ordinamenti aziendali, finirà per ripercuotersi negativamente sull’economia e sulla organizzazione aziendale; quali potranno essere le scelte tecniche per l’agricoltore? Verso quali colture potrà indirizzarsi?

È già oggi difficile trovare risposte adeguate alle esigenze della  moderna agricoltura. Coltivazioni in grado di garantire reseeconomiche soddisfacenti per l’azienda agricola non sono facili da trovare. Con i cereali si riesce a raggiungere risultati relativamente soddisfacenti grazie al contributo PAC; qualora questo dovesse subire un ridimensionamento, saremmo in grado di dichiararci ugualmente soddisfatti?

Qualora si dovesse pensare ad un sostituto per la bietola, le esperienze di oggi indicherebbero una validità economica in colture specializzate quali tabacco, patate, pomodori, ad elevate rese ma regolamentate da limitazioni di superficie o da prezzi collegati alle produzioni conseguite a livello nazionale.

Come si può notare i problemi che deriverebbero da una disaffezione per la bietola, non sono pochi e non è facile individuare una coltura sostitutiva in grado di far mantenere al produttore quella soddisfazione economica che possa garantire la sopravvivenza della  propria azienda.

SALVARE IL REDDITO DELLE AZIENDE

Non ci rimane quindi che aprire gli orizzonti e adattare le scelte
tecniche alle innovazioni che di anno in anno vanno emergendo dalla
sperimentazione. Solo in questo modo avremo la possibilità di
aumentare le rese produttive di quel tanto che basta per annullare
quella diminuzione del prezzo che va prospettandosi in sede Europea.

Non si pensi che l’obiettivo di 9-10 t/ha possa essere un’utopia.
Molte sono le aziende che già oggi riescono a conseguire
questi risultati e con andamenti meteorologici non proprio positivi
(abbondanza o assenza di precipitazioni, temperature elevate), come
sono risultate le annate 2003 e 2004, caratterizzate da rese medie al
di sotto della norma per la nostra bieticoltura.

L’obiettivo di 10 t/ha può trovare realizzazione con diverso rapporto fra
peso e polarizzazione conseguiti e poiché, in base alle
disposizioni UE, il prezzo unitario è correlato al titolo
zuccherino, ad ogni risultato produttivo corrisponde, a paritÃ
di saccarosio raggiunto, un guadagno per il produttore diverso.

Per una più attenta valutazione di questo concetto, nella
rappresentazione grafica che segue, vengono riportati alcuni esempi
di reddito a parità di saccarosio (10 t/ha).
 

VARIAZIONE DELLA PRODUZIONE LORDA VENDIBILE A PARITA’ DI SACCAROSIO (10 t/ha)   MA
CON DIVERSO RAPPORTO PESO / TITOLO

 

 

 

 

 

 

Come si può notare al variare del titolo con la conseguente
diminuzione del peso per mantenere fisso il saccarosio, il risultato
economico (PLV) si modifica sensibilmente; si passa infatti da 2410
Euro ad ettaro con 10 gradi, a € 3270 a 19 di titolo (valori
superiori comportano una diminuzione del prezzo, in virtù dei
parametri stabiliti dalla UE). Questi 850 euro costituiscono una
cifra indubbiamente importante per l’economia del bieticoltore.

Da questi esempi verrebbe da trarre la valutazione più ovvia e
cioè che per incrementare la redditività è
necessario puntare su valori polarimetrici elevati. Ciò non è
però sempre vero, perché il conseguimento di titoli
superiori alla norma, potrebbe interferire negativamente sulle rese
in radici e quindi impedire al produttore di raggiungere le 10
tonnellate, per cui il guadagno finale risulterebbe ben più
contenuto. Molto infatti dipende dalle condizioni pedologiche e
ambientali, dalle tecniche applicate e se queste vengono eseguite con
professionalità.

ROTAZIONI APPROPRIATE ALLA BASE DI UN BUON REDDITO

Questa spinta in più dovrà trovare attuazione fin dalle fasi
di preparazione ed avvio della coltivazione per il prossimo anno.

Una corretta successione fra le colture nell’ambito
dell’avvicendamento, costituisce il punto di partenza che può
permettere ai nostri bieticoltori di avvicinarsi e superare
quell’obiettivo che si è detto poc’anzi e che deve
rappresentare il punto minimo su cui costruire la bieticoltura
italiana futura.
Quali colture inserire nell’avvicendamento non è
così semplice come ci si aspetterebbe. Molti sono i fattori
che finiscono per influenzare le scelte; dal reddito conseguibile,
all’organizzazione aziendale.

A volte sarebbe però importante che il bieticoltore ragionasse
solo in termini di rispetto del terreno e di obiettivi da raggiungere
con la coltivazione “principe” della propria azienda.

La barbabietola da zucchero al contrario di altre specie agrarie, è
esigente e nella sua piena maturazione viene fortemente influenzata
da diversi fattori tecnici, fra i quali la coltura che la precede
svolge un importante ruolo.

Vediamo di esaminare sinteticamente i lati positivi e negativi che possono
derivare dall’avvicendamento nella coltivazione della barbabietola:

  • SanitÃ
    –
    un avvicendamento troppo stretto della bietola, cioè
    con ritorno ravvicinato (2-3 anni) nello stesso appezzamento, arreca
    preoccupanti reazioni sui parassiti in principal luogo della
    Rizomania (Polymixa betae) e dei Nematodi(Heterodera
    schachtii)
    . Nella Valle Padana quasi tutte le zone bieticole
    denotano la presenza della caratteristica “barba”nella radice,
    indice dell’azione combinata del virus (BNYVV) Beet necrotic
    Yellow Vein Virus e del fungo Polymixa betae; a questo, occorre
    considerare che solo il 35% dei terreni risultano esenti dal
    Nematode cisticolo con percentuali intorno al 15-20% di suoli sopra
    alla soglia massima di coltivazione (3-4 cisti vive con 100
    uova-larve per 100 g di terreno secco); si nota di recente, un
    preoccupante incremento delle infestazioni nelle zone della costa.
    Queste valutazioni analitiche non lasciano scampo; è
    necessario orientare le scelte nell’avvicendamento verso ritorni
    della sarchiata non prima di 4 o meglio 5 anni, per lasciar
    “riposare” il terreno da queste malattie responsabili di forti
    (-30%) abbattimenti produttivi (in particolare della
    polarizzazione), che possono arrivare ad annullare i redditi.

  • FertilitÃ
    –
    il mantenimento della fertilità presente nel suolo e
    l’individuazione della dose ottimale di elementi nutritivi da
    distribuire alla bietola, svolgono un ruolo determinante per il
    conseguimento di risultati economici validi; – sovradosaggi (in
    particolare di azoto) risultano pericolosi sia per la resa
    quanti-qualitativa della bietola (abbattimento del grado
    polarimetrico e dei valori di purezza del sugo- PSD), sia per la
    tutela della falda idropotabile (interessata dal dilavamento dei
    concimi); – dosi insufficienti al fabbisogno della coltura
    impediscono la normale maturazione del prodotto a scapito quindi
    delle rese agricole (mancato peso). Alla base di tutto ciò
    sta il mantenimento della sostanza organica; il reintegro e la
    restituzione organica va programmata infatti nell’ambito
    dell’intera rotazione, suddividendo i quantitativi secondo la
    propensione delle singole colture a sfruttarne le prerogative, in
    modo da aumentarne l’efficienza d’utilizzazione ed evitare
    scadimenti qualitativi delle produzioni agrarie. La somministrazione
    di concimi alle colture in rotazione deve trovare attenta
    valutazione da parte del bieticoltore al fine di riuscire ad
    individuare dosi ottimali da distribuire alla bietola che tengano
    conto della fertilità lasciata dalla coltura che precede e
    ciò al fine di evitare accumuli o carenze, che finirebbero
    per impedire il conseguimento dell’obiettivo minimo delle 10
    tonnellate ad ettaro di saccarosio.

  • Lavorazioni
    –
    il rispetto del terreno è già stato ampiamente
    affrontato in altri articoli apparsi in passato su questa rivista.
    Mi sembra però doveroso, parlando di rotazione, riprendere
    alcuni concetti basilari. Una appropriata lavorazione di fondo dei
    suoli è in grado di influenzare la fertilità in essi
    presente. Esperienze dimostrano che il contenuto di sostanza
    organica presente nel terreno varia in relazione ai diversi
    procedimenti di lavorazione messi in atto dall’agricoltore;
    concetto valido non solo per la bietola ma per tutte le colture
    della rotazione.

Altrettanto il ripetuto ricorso ad una lavorazione convenzionale (30-35 cm di .profondità ) è in grado di modificare negativamente i
contenuti di sostanza organica . presenti nel terreno.

Ultradecennali esperienze sperimentali
condotte dal sottoscritto mettono in evidenza che la bietola richiede
necessariamente lavorazioni estive profonde; arature condotte ad una
profondità inferiore ai 50-55 cm portano a perdite produttive
intorno al 10-12% che corrispondono a 300-350 € ad ettaro

Si può quindi comprendere quanto risultino importanti lavorazioni
appropriate dei suoli, a tutto vantaggio non solo per la bietola ma
per l’intera rotazione e per la conservazione della fertilitÃ
nei terreni agrari.

 

QUALI CONSIGLI PER INNALZARE IL REDDITO

 

Una corretta rotazione appare quindi basilare per una valorizzazione del
reddito. La scelta delle colture da inserire è fondamentale
per il raggiungimento di questo importante obiettivo. Molti possono
essere i fattori che possono influenzare le scelte dell’agricoltore.

L’avvicendamento delle colture nei vari anni è infatti correlato alla sanitÃ
dei suoli (presenza di Rizomania e Nematodi), all’ambiente (clima e
tipo di terreno), all’organizzazione aziendale (attrezzature
disponibili, presenza di zootecnia, scelte dell’azienda), alle rese
economiche (prezzi di vendita più elevati dei prodotti) e
ultimo ma non meno importante, ai risvolti agronomici (colture
miglioratrici o depauperanti). In termini pratici, tenuto conto del
ridimensionamento subito in questi ultimi anni da soia e girasole, le
rotazioni più classiche sono attualmente rappresentate da:

  • Barbabietola
    – cereale – mais – sorgo – cereale

  • Barbabietola
    – medica (4 anni) – cereale

  • Barbabietola
    – cereale – pisello proteico – sorgo – cereale

  • Set-aside
    con lino da olio – cereale – sorgo – cereale – barbabietola

All’avvicendamento di queste colture definibili “normali”, è possibile
inserire alcune coltivazioni ortive (pomodoro, carciofo, radicchio),
come ad esempio avviene nel piacentino e in meridione,nelle Marche,
litorale toscano e veneto, Agro Pontino, così anche per il
tabacco, specie tipica del Vicentino, Veronese e dell’Umbria.

Una corretta alternanza delle specie consente una più oculata
gestione delle concimazioni. Le diverse colture lasciano infatti nel
terreno quantità variabili di nitrati; al crescere degli
apporti medi di azoto somministrati al cereale, non sempre
corrisponde un aumento delle rese, ma una cosa è certa: i
nitrati residui risultano in ogni caso più elevati, e di
questo bisognerà tenerne conto nel predisporre il programma di
fertilizzazione alla coltura in successione.

Altrettanto alcune colture conservano meglio di altre oppure impediscono
maggiormente il dilavamento dell’azoto nel suolo, per cui anche di
questo arricchimento se ne dovrà tener conto.

Il consiglio che mi sento di dare è comunque che al di lÃ
della rotazione scelta, la barbabietola richiede sempre la
precessione di un cereale, in quanto si rendono più agevoli e
tempestive le operazioni di aratura estiva e frangizollatura
autunnale, e il terreno può riposarsi più a lungo e
subire meglio gli effetti positivi delle gelate invernali.

 

 

 

 

 

 

 

 

Gli esempi sopra riportati si riferiscono a rotazioni quadriennali ed in
un caso anche quinquennale. Tale allargamento del ritorno di una
coltura importante quale la barbabietola, appare indispensabile per
garantire una salvaguardia sanitaria dei terreni investiti.

Anche se la presenza di Rizomania può essere attualmente mitigata
con l’utilizzo di varietà tolleranti a questa consociazione
di virus e fungo, una rotazione ampia consente un maggior riposo al
suolo, a tutto vantaggio di una attenuazione del fenomeno. Con
presenza invece di Nematodi, sia cisticolo (Heterodera schachtii) che
anguiniformi (Meloidogyne), visto l’attuale insuccesso della
genetica nel selezionare anche in questo caso di tipi tolleranti, il
consiglio più appropriato che può nascere è
proprio la necessità di mantenere largo il più
possibile l’avvicendamento; all’interno di questo è
inoltre consigliabile inserire colture biocide, in grado cioè
di ridurre la carica di cisti nel terreno, a tutto vantaggio di una
salutare bonifica di questi suoli infestati(vedi foto).

Le esperienze condotte dal sottoscritto con l’inserimento di colture
intercalari ad effetto biocida quali rafano e senape, indicano
risultati lusinghieri sia sulla conservazione dei nitrati, sia sul
recupero della produttività e sull’abbattimento della carica
infettiva; con semina autunnale di queste biocide, si riscontra un
abbattimento di oltre il 50% di cisti vive e uova larve fin da marzo,
con valori ancora più significativi dopo altri due mesi.

CONCLUSIONI

Se andremo incontro al temuto riscaldamento della terra, l’evaporazione
aumenterà ma la distribuzione delle piogge sarà diversa
(violente e concentrate). Nel 2003 la carenza di pioggia ha messo in
crisi l’economia Europea ed Italiana (5,5 miliardi di danni).

Dopo quanto avvenuto negli ultimi anni è necessario un ripensamento
delle strategie agricole, per permettere a questa di sopravvivere.

Le scelte dovranno orientarsi verso colture adatte alle diverse aree,
puntando con maggior convinzione su colture a minor consumo idrico.
Ciò anche, viste le prospettive di abbattimento dei prezzi
agricoli, per ridurre i costi dell’utilizzo dell’acqua in
agricoltura. Oggi l’acqua costa intorno a 7 centesimi per metro
cubo e siamo già al limite della convenienza economica. Una
ricerca dell’Università di Udine indica i seguenti limiti:
per soia, mais, girasole i 10-15 cent/m³; per foraggi i 30-35
cent/m³; per ortofrutta i 100 cent/m³

Obiettivo di tutte le considerazioni sopra esposte, è quello di mettere
il produttore nelle migliori condizioni possibili per riuscire a
conseguire valorizzazioni economiche, anche nel caso di prezzi di
vendita dei prodotti agricoli, troppo bassi o per lo meno inferiori
rispetto a quelli attuali.

Diversamente la prospettiva finale sarebbe la chiusura delle aziende agricole e il
conseguente ricorso alle importazioni per soddisfare le esigenze
nutrizionali.

Esempi di dipendenza ne abbiamo già subiti: la crisi del settore
zootecnico con la chiusura delle nostre stalle, ha imposto
l’importazione delle carni che allietano le nostre tavole, ma i
prezzi sono con il tempo saliti ed ora, anche volendo, non è
più possibile tornare indietro.

Miauguro che ciò non possa avvenire per l’intera agricoltura;
il disastro sarebbe evidente e le ripercussioni sull’intera
economia nazionale le lascio immaginare ai lettori.

Vincenzo Tugnoli 

(*) Articolo
pubblicato integralmente su www.Phytomagazine.com