Anche in Italia leggiamo nomi legati soprattutto alla storia, dall’Unità in poi e ad avvenimenti degli ultimi decenni.. Tutto bene quando si rimane entro certi limiti ma molti luoghi si sono trasformati in un gigantesco pantheon o musei a cielo aperto.
Nel territorio di Molinella dove da sempre scorrono fiumi come il Reno e l’Idice e tanti canali regolati dall’uomo nonché zone depresse con acque stagnanti, la toponomastica spontanea conta un numero straordinario di idronimi che si riferiscono all’acqua in modo diretto ma spesso anche mediato: Marmorta, Miravalle, via Idice Abbandonato, via del Cavedone, Riviera Argentana, via Fiumevecchio, via Lungoreno, Passo dell’Argine del Quaderna, ma anche Traghetto, via dei Ponti, Rotta del Giardino, via Tagliamenazzo ed il nome della Molinella stessa. Nel 1950, su 198 toponimi, 93 erano tipici idronimi e 49 con allusione indiretta ma chiara ai corsi d’acqua. Anche la canalizzazione superficiale delle estese risaie contribuiva ad aumentare tali caratteristiche.
Questa toponomastica di Molinella cominciò ad essere ufficializzata solo negli ultimi anni del secolo XIX. In precedenza l’esigenza di un ordinamento era poco sentita perché capoluogo e frazioni furono soggetti nel periodo napoleonico a frequenti variazioni di confini con scompaginamento dell’ onomastica stradale.
La numerazione civica, regolarizzata nel 1904, è stata aggiornata secondo le disposizioni dell’ISTAT nel 1951 contemporaneamente all’odonomastica Nell’ultimo trentennio del secolo scorso un notevole sviluppo dell’urbanistica, anche a Molinella ha moltiplicato il numero delle strade e delle piazze. Per i nuovi quartieri periferici è stato adottato il criterio prevalente di attribuire a queste vie di recente costituzione denominazioni di carattere omogeneo cioè nomi di artisti in un luogo, di scienziati in un altro e così via.
Ad esempio, fra il 1996 e il “98, l’odonomastica in una nuova zona si è arricchita di nomi di alcuni molinellesi che si sono distinti nelle arti figurative in tempo recente, senza intaccare in tal modo le strade del centro. Sembra cosa ovvia ma non sempre le amministrazioni si attengono a questo procedimento.
Come scrive Mario Fanti: “ La conservazione ed il recupero dei tradizionali nomi delle strade si inquadrano nell’azione generale di tutela del centro storico: se si intende salvaguardare le caratteristiche monumentali ed umane del nucleo cittadino non si può non fare altrettanto con gli antichi toponimi che, al pari dell’impianto urbanistico e dell’aspetto esteriore delle strade, sono testimonianze vivissime, anche se non sempre di facile lettura, della storia e dell’anima di una città â€.
Anche a Molinella sono stati commessi errori: ad esempio, alla centrale via Malborghetto che fin dal secolo XV si riferiva ad un borgo di confine dove confluivano contrabbandieri, fuorusciti ecc. , fu attribuito il nome di un caduto fascista sostituito, dopo l’ultimo conflitto, con quello del socialista Andrea Costa, dedica tuttora vigente. Tuttavia l’antica denominazione è tanto radicata da essere ancora vitale nella popolazione: potenza della tradizione! Curioso il fatto che questo intellettuale nel 1902 scrisse che “ nell’ufficialità storica bisogna privilegiare gli usi localiâ€
Nell’attribuzione di strade ecc. ancora troppo spesso si procede senza alcuna ricerca documentaria sia pure sommaria e, a volte, è utile la conoscenza del dialetto locale come nel caso della via “Rottadel Giardino†che si riferisce ad una rovinosa inondazione avvenuta nel 1752 per il crollo di un argine dell’ Idice fra Mezzolara e Molinella che venne riparato con enormi quantità di ghiaia. Nel nome non entra in campo alcun giardino ma la corruzione del termine dialettale “giaradén†( ghiaiata dal latino glà rea = ghiaia) che con il tempo portò, per esigenza eufonica popolare, alla caduta dell’a atona interna e a un significato estraneo (almeno in parte).
Meccanismo inverso ma corrispondente troviamo nel nome “ghtén†( piccolo ghetto) trasformatosi in “galtén†che non ha niente a che fare con il pennuto! Per singolare coincidenza, nella prima metà del secolo XX questo rione fu destinato per alcuni decenni al mercato dei polli, quando la parola galtén si era affermata da tempo, come ci testimoniano alcune filastrocche dell’Ottocento.