Vita di paese durante la Grande Guerra 1915-18
Vita quotidiana nel Comune di Castello d’Argile durante la Prima Guerra Mondiale.Scritto in Castello d'Argile | Storia. Locale e generaleleggi tutto | letto 188 volte
Inserito da redazione il Dom, 2018-11-25 11:57Eretici, streghe e inquisitori a Modena in mostra documentaria
Dal 14 al 29
settembre 2018. Archivio di Stato di Modena
Mostra
documentaria "II giudice e la strega. Eretici, streghe e
inquisitori. I processi del Tribunale dell'Inquisizione di Modena dal
XVI al XVIII secolo"
Sarà inaugurata
venerdì 14 settembre, in occasione del Festivalfilosofia 2018
dedicato alla Verità, la mostra documentaria "II
giudice e la strega. Eretici, streghe e inquisitori. I processi del
Tribunale dell'Inquisizione di Modena dal XVI al XVIII secolo",
a cura di Maria Carfì, Lorenza Iannacci, Annalisa Sabattini,
Valentina Soldani, Silvia Toppetta.
La mostra illustra
l'attività del Tribunale dell'Inquisizione modenese nell'arco
di tre secoli, dal Cinquecento al Settecento, attraverso i
documenti conservati presso l'Archivio di Stato di Modena. Nel
XVI secolo furono frequenti soprattutto i processi per eresia,
causati dal diffondersi delle idee protestanti, di cui a Modena fu
caso esemplare la sentenza contro il letterato Lodovico
Castelvetro, dietro la quale si intrecciarono vicende politiche e
lotte di potere fra il Ducato Estense, il Comune di Modena e lo
Stato Pontificio.
Orari di apertura in
occasione del Festivalfilosofia2018:
Venerdì 14 e
sabato 15 settembre ore 9.00 – 21.00
Domenica 16
settembre 9.00 – 18.00
Visite guidate alla
mostra a cura degli studenti della classe V E del liceo
classico-linguistico “L. A. Muratori – San Carlo” (max 30
persone a visita):
Venerdì 14
settembre ore 17.00, Sabato 15 settembre ore 15.30 e 17.00, Domenica
16 settembre ore 11.00 e 16.30
La mostra e le
visite guidate sono collegate all'evento performativo La verità
estorta a cura dell'Associazione culturale “Il Leggio” che si
terrà presso l'ingresso dell'Archivio di Stato:
venerdì 14 e
sabato 15 settembre alle ore 19.00 (max 50 persone)
** Tutte le
iniziative sono ad ingresso gratuito fino ad esaurimento posti.
Non si effettua prenotazione.
*** La mostra
resterà aperta fino al 29 settembre 2018 con i
seguenti orari:
Martedì dalle
14.30 alle 16.30 - Sabato dalle 10.00 alle 13.00
http://www.asmo.beniculturali.it/index.php?it/1/homepage
**** Sull'argomento, vedi anche
http://www.modenatoday.it/eventi/cultura/stregoneria-inquisizione-modena-elisabeth-mantovani.html
Storia. I
retroscena della stregoneria e dell'Inquisizione a Modena
La macchina
dell’Inquisizione nasce alla fine dell’XI secolo con il fine di
trasformare il giudizio di Dio in una razionale ricerca della verità.
Si combattono gli eretici ma anche le streghe e soprattutto tutti i
dissidenti articolo di Elisabeth Mantovani 7 giugno 2018
“Quando nel
1542 l’Inquisizione romana inizia il suo corso: l’Italia imita la
Spagna paese dove il meccanismo inquisitorio contro ebrei e musulmani
riceve il benestare del Papa sul finire del XV secolo. L’Italia
inizia in questo modo l’epoca dell’Inquisizione moderna con
l’obiettivo di mettere fine ai processi sommari ma anche con quello
opposto di un maggiore controllo nei riguardi di ogni comportamento
sociale ritenuto sospetto. Ogni tribunale locale agirà sotto la
giurisprudenza del Santo Uffizio.Negli archivi di Venezia, Siena,
Napoli e Modena si trova la più cospicua documentazione riguardante
l’attività dell’Inquisizione.
L’archivio di
Modena consta di 303 documenti che coprono un arco che va dal 1329 al
1785 anno nel quale l’Inquisizione verrà abolita dal duca Ercole
III. Tra questi documenti si distinguono tre gruppi importanti: le
lettere provenienti dalla Santa Inquisizione di Roma; una sezione di
editti cittadini; i fascicoli processuali che raccontano le storie di
oltre 6000 inquisiti. L’archivio di Modena si configura dunque come
un unicum tra gli archivi che non siano vaticani.……..”
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Inserito da redazione il Dom, 2018-09-09 05:32Il modello industriale bolognese, da conoscere sul Portale di "Storia e memoria"
Nel
portale Storia
e Memoria di Bologna è
ora disponibile l'approfondimento
1796
| 1953 - Il modello industriale bolognese: una metamorfosi dalla
tradizione agricola all’industria meccanica
*** Per proseguire attraverso
testi, video, immagini e documenti rari , vedi
https://www.storiaememoriadibologna.it/il-modello-industriale-bolognese-una-metamorfosi-d-1312-evento
In particolare si segnalano i
video dedicati ai seguenti temi:
-
Bologna nei primi anni di governo Napoleonico
-
Ragioni delle insorgenze antinapoleoniche
-
Bologna nella Restaurazione
-
La stampa bolognese nell'età della Restaurazione
-
Circoli e salotti femminili
-
Bologna post unitaria
-
Quadro socio politico della Bologna post unitaria nel periodo
1859-1900.
-
L'economia bolognese dall'unità alla grande crisi agraria - 1859 |
1880
-
Il Piano regolatore
-
Il panorama amministrativo bolognese
-
La Città Rossa nella Grande Guerra
-
Celebrazione del centenario della Cassa di Risparmio di Bologna
-
I grandi affittuari terrieri e arretratezza dell'industria
bolognese
-
La società Operaia e il Mutualismo
-
1914 - 1918 | I negozi di Zanardi
-
L'entrata in Guerra e il forno del pane
La
Scheda storica è articolata nei capitoli
1.
Una
base agricola e artigianale
2.
Alle origini dell’industria meccanica
3.
Un’unificazione politica
4.
Una prima dinamica industriale
5.
La motocicletta: nuovo cuore dell’industria bolognese
6.
Alle origini del “miracolo economico” bolognese
Pubblichiamo
qui alcuni stralci del testo storico
1.
Una base agricola e artigianale
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Inserito da redazione il Mar, 2018-08-07 16:23Bologna nel lungo Ottocento, nel sito Storiae Memoria di Bologna
BOLOGNA
NEL LUNGO OTTOCENTO - 1796 | 1915
E’
online il nuovo scenario del sito Storia e Memoria di Bologna
dedicato alla città dall'età napoleonica allo scoppio della
Grande Guerra. I protagonisti, i luoghi, gli eventi e le opere che
hanno dato il volto che oggi conosciamo di Bologna. I numeri dello
scenario: 153 approfondimenti sugli eventi della città, 19 schede
dedicate ad aziende e società, 101 pagine di chiese, palazzi,
giardini e teatri, 800 opere d'arte, 1200 biografie, 130 video, 330
documenti liberamente scaricabili, 8100 immagini.
Il
portale, che sarà continuamente arricchito, è stato realizzato dal
Museo civico del Risorgimento in collaborazione con numerose
istituzioni quali la Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna, la
Biblioteca comunale dell'Archiginnasio, il Collegio Artistico
Venturoli. Lo scenario costituisce un ulteriore capitolo che va
ad arricchire il sito, che si propone di creare e rendere accessibile
a tutti gli utenti web una memoria collettiva, cittadina e nazionale,
sugli avvenimenti storici di Bologna e della sua area metropolitana,
nel periodo compreso tra l'età napoleonica e la Liberazione del
1945.
Nel
periodo compreso tra la Rivoluzione Francese e lo scoppio della prima
Guerra Mondiale - il “lungo Ottocento” nella definizione di
Eric Hobsbawm - Bologna viene assumendo i tratti che l'hanno
connotata fino ai giorni nostri, da un punto di vista urbanistico,
sociale, culturale e di autorappresentazione. All'interno di
un'Italia che proprio in quegli anni, attraverso le vicende del
Risorgimento, conquistava la propria unità politica, l'immagine –
ma anche la realtà – di Bologna si viene via via caratterizzando
come quella di una città aperta alle istanze del progresso e della
cultura, con una robusta identità popolare, nella quale si
susseguono governi cittadini fortemente presenti e capaci di
progettualità e di intervento, capaci di interagire con una società
civile ed economica a sua volta estremamente dinamica.
E'
questo il volto della città che ci è stato consegnato e che ci
appartiene, ed è quello che emerge seguendo le biografie dei
protagonisti e lo snodarsi degli eventi, attraversando le descrizioni
dei luoghi nei quali tutto ciò si svolse; scoprendo gli eventi che
li ha coinvolti, leggendo i documenti e osservando le opere di quel
formidabile secolo.
Tutto
attraverso le pagine di questo scenario.
Sezione
realizzata grazie anche al contributo della Regione Emilia
Romagna
http://www.storiaememoriadibologna.it/ottocento
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Inserito da redazione il Mar, 2018-03-20 07:37La polvere del Frassoni. Galileo Dallolio
In allegato
è leggibile un articolo di Galileo Dallolio,
pubblicato ne La fuglàra, notiziario del C.A.R.C.
Centro di Attività Ricreative e Culturali di Finale Emilia nel
dicembre 2017.
Il testo è ricco di informazioni sulle
importanti scoperte e attività benemerite in campo sanitario e
culturale, in particolare sull'uso della China nella lotta contro la malaria, svolte da
personaggi dei secoli scorsi originari o residenti a Finale
Emilia, o nell’area modenese circostante, e infine
a Cervia. Ne indichiamo qui solo alcuni titoli o stralci indicativi.
- Antonio
Frassoni (1607- 1680) da Monzone di Pavullo nel Frignano
(Modena)
Cesare Frassoni
nelle sue Memorie del Finale di Lombardia (1778) scrive che
Antonio Frassoni, del ramo frignanese della famiglia, ‘primo
introdusse in Italia l’uso della china-china, ma precisamente nella
nostra Lombardia…. e fu maestro del dottissimo Torti’....
- Francesco
Torti e Bernardino Ramazzini e la medicina nel Modenese
‘Di tutti i
grandi maestri dello Studio medico modenese, due in particolare si
distinsero per il taglio fortemente innovativo che diedero allo
studio di Medicina e per il grande contributo scientifico e
organizzativo che seppero fornire alla Facoltà. Furono figure di
altissimo rilievo e a ragione possono essere considerati i pionieri
dell’insegnamento di Medicina a Modena….
- Morando
Morandi e la china
Carlo Morandi,
frignanese, nipote di Antonio Frassoni, trasferitosi da
Monzone a Finale, dove esercitò la professione medica, era il padre
di Morando….
- Dalla
scoperta del parassita della malaria ad Alberto Missiroli da Cervia
….
Ad Alberto Missiroli, medico e scienziato cervese ‘pioniere
dell’igiene e sanità pubblica in Italia e protagonista della lotta
alla malaria in Italia e nel mondo’, il 14 ottobre 2017 è stata
dedicata una giornata di studio a cura di diverse Istituzioni…..
Scritto in Finale Emilia (MO) | Storia. Locale e generaleleggi tutto | letto 613 volte
Inserito da redazione il Mer, 2018-01-03 05:39Terremoti a Cento, dal 1280 ad oggi. Ricerca di Giuseppe Sitta
TERREMOTI
A CENTO dal 1280
*
Mentre
sono ancora
in
corso i lavori per la ricostruzione o restauro di tanti edifici
pubblici e privati colpiti dai terremoti del 20
e del 29 maggio 2012,
che hanno sconvolto Cento e una vasta area modenese-ferrarese-bolognese circostante,
riteniamo di utile informazione pubblicare questa ricerca
storica del prof. Giuseppe Sitta di Cento
Libera
riduzione dalle cronache del conte Bartolomeo Filippo Chiarelli,
Antonio Orsini, Leonida Pirani e Didaco Tangerini.
1280
Si eclissò
il sole e dopo fecesi sentire un gagliardo terremoto, che spaventò
il popolo, per due ore restò eclissato il sole, videsi la luna di
color nero e piovè per due mesi consecutivi, fu un freddo eccessivo,
la brina seccò le viti da cui ne derivò penuria di vino.
1364
Fecesi
sentire un gran scuotimento della terra e si rese così strepitoso
che pareva crollassero gli edifici. A scossa sì orribile si
spaventarono i Centesi, tutti gridavano, piangevano, esclamavano
“Pietà, pietà, Signore”, correvano qua e là, che sembravano
forsennati. Cessò lo scotimento e nulla altro di male arrecò che
spavento e terrore, mercè la divina clemenza.
1434
Fecesi
sentire un gran scotimento della terra che atterrì e pose sotto
sopra tutti gli abitanti e poi cadde dal cielo molta tempesta che
dilapidò gli raccolti con danno sommo dei Centesi.
1456, 23
agosto
Su le ore
dieci fecesi sentire il terremoto ed il popolo per un quarto d’ora
stette in grandissimo timore. Venne poi un temporale così strepitoso
con vento gagliardissimo che toccò molte case, atterrò moltissimi
arbori nelle campagne sradicandoli dal terreno con danno sommo de’
Centesi.
1561, 22
novembre
Le notte
seguente tirò il terremoto due volte una dietro l’altra con tanto
strepito che li Padri Zoccolanti essendo in coro dicendo mattutino
pensarono che ruinasse il mondo e la chiesa et il convento cadesse e
ciascuno cominciò a fuggire di paura.
1562, 24
novembre
Fecesi
sentire il terremoto con sommo scotimento, che spaventò il popolo.
1570, 16
novembre
Ebbesi in
Cento una penuria di vino e tanta fu la scarsezza di questo che la
povertà conveniva il bere acqua. Questa carestia fu cagionata dal
quotidiano scuotimento della terra derivato dal terremoto, che in
Cento, in Ferrara, in Modena ed altri luoghi circonvicini, quasi ogni
giorno per molto tempo durarono con danno e spavento sommo, e questo
castigo originò il guastarsi di tutti gli vini. In Ferrara tirò sì
forte che rovinò chiese, palazzi e case, ma perché non solo durò
quest’anno ma mesi ancora del seguente che quasi ogni giorno e
notte si sentiva et anche più volte l’istesso giorno et il simile
la notte, però le persone si guardavano di camminare per le strade
se non per gran necessità perché all’improvviso tirava il
terremoto e cadevano coppi dalli tetti e camini che nel cadere
offendevano molta gente e li uccidevano et era tanto il spavento che
nessuno si assicurava di abitare nelle proprie case, quali si
vedevano piene di fessure da basso sino all’alto, che minacciavano
rovina, e per fuggire tal pericolo si facevano nelli giardini, nelli
orti e nelle piazze pubbliche molti caselli di legname e tavole,
altri piantavano padiglioni come si fa nelli eserciti in campagna,
altri si ritiravano nelle barche e nelli tinazzi perché nessuno si
assicurava di dormire nelle proprie case e sino il duca e la duchessa
si ritiravano a dormire nelli giardini del castello. Questo terremoto
fu sentito anche a Bologna e a Modena.
Scritto in Cento (Fe) | Storia. Locale e generaleleggi tutto | letto 502 volte
Inserito da redazione il Mar, 2017-10-03 05:42Le navi ospedale nella Grande Guerra, nel sito di Storia e memoria. Mirtide Gavelli
Le navi ospedale
durante la Grande Guerra
Inizialmente, nel
secolo XVII, navi oramai in disarmo vennero utilizzate, attraccate
nei porti, come lazzaretti, infermerie o quarantene per marinai
malati. Nel dicembre 1798 ma Marina inglese trasformò la HMS
Victory, non più idonea al combattimento, in nave ospedale atta ad
ospitare prigionieri francesi e spagnoli feriti di guerra. Ancora,
durante la guerra di Crimea, nel 1855-1856, navi ospedale servirono
ad ospitare non solo i feriti, ma anche i ccolpiti dall’epidemia di
colera.
La prima nave ospedale
Italiana di cui si ha notizia è il Washington presente già nel 1866
alla battaglia di Lissa e destinato alla squadra dell'ammiraglio
Persano: si trattava di un piroscafo di 1.400 tonn, con possibilità
di 100 posti letto.
Fu poi con la
Convenzione dell'Aja del 1907 che si definì il concetto moderno di
nave ospedale. In particolare l'articolo 4 definiva le
caratteristiche necessarie affinché una nave potesse essere
considerata "nave ospedale": La nave deoveva avere segni di
riconoscimento e illuminazione specifiche; doveva fornire assistenza
medica a feriti di tutte le nazionalità; non poteva essere impiegata
per alcuno scopo militare; non doveva interferire né ostacolare le
navi militari. Inoltre, le forze belligeranti avevano il diritto di
ispezionare le navi ospedale per verificare eventuale violazioni
delle norme di convenzione.
In caso di violazione
anche solo di una delle limitazioni previste, la nave avrebbe perso
il suo status di “zona franca” ed anzi protetta (molto spesso
erano dipinte di bianco, e recavano in modo evidentissimo la grande
Croce rossa, simbolo internazionale di neutralità) e sarebbe tornata
ad essere considerata come unità combattente e come tale
suscettibile di attacco nemico.
Navi ospedale furono
presenti in Eritrea a fine 800, al terremoto di Messina del 1908, in
Libia nel 1911 (Re d'Italia e Regina d'Italia). Durante la Grande
Guerra operò anche un servizio di chiatte sui canali navigabili
della laguna veneta, per lo sgombero dei feriti dalle zone di guerra
ed il loro trasporto nelle retrovie attrezzate con ospedali o navi
ospedale (nel porto di Venezia erano ancorate la Albaro, la Memphi,
la Po, la Principessa Giovanna).
Mirtide Gavelli
** Fonte e maggiori
informazioni su :
http://memoriadibologna.comune.bologna.it/prima-guerra-mondiale/le-navi-ospedale-durante-la-grande-guerra-2814-luogo#sthash.ahhwx20d.dpuf
Scritto in Storia. Locale e generaleleggi tutto | letto 956 volte
Inserito da redazione il Gio, 2017-04-20 06:10Il sublimato di mercurio e il primo processo per inquinamento atmosferico, a Finale, nel 1689. Galileo Dallolio
1-Il
‘trionfo del mercurio’ : una vicenda che ha riguardato anche
Finale
Partendo
dall’evento che ha dato a Finale il singolare primato di essere il
luogo dove, per la prima volta in Italia, si sia fatto, nel 1689, un
processo per inquinamento atmosferico dovuto alla produzione di
‘solimato di mercurio’, credo sia utile farsi un’idea di un
prodotto che ha avuto una larga diffusione nella pratica medica e
che è ancora citato nei prontuari e nei repertori dei termini medici
del 1960. (1)
Ricordo
che il processo si è concluso con l’assoluzione dei produttori ,
ma ha messo in moto una serie di eventi che meritano di essere
studiati. Mi riferisco all’amicizia fra Ramazzini e Leibniz ,
coinvolti entrambi nel processo per un atto di cortesia, e al
‘contributo di Leibniz alla fortuna europea del De morbis
artificum’. Il libro sancisce la nascita della medicina del lavoro
con ben 60 schede di malattie collegate a diversi mestieri e
Francesco Giampietri , nel suo saggio ‘L’erudito di Hannover e il
medico dei villani. Leibniz, Ramazzini e la nascita della medicina
sociale (2) spiega come ‘l’istituzione della medicina sociale sia
stata anche l’effetto di un’amicizia modenese’.
Il
mercurio era entrato nella farmacopea di speziali, medici e ospedali
già dal 16° secolo. Nel registro dei medicamenti dell’ Ospedale
Sant’Agostino di Modena (3) sono presenti ‘ metalli (acciaio
limato..), minerali (antimonio, argento vivo, cinabro).’ Insieme
all’Ospedale di Santo Spirito di Finale , che aveva iniziato la sua
attività nel 1688 (4), li possiamo immaginare entrambi clienti dei
fratelli Sarfatti .
2-‘Virtuosa
gara iatro-chimica’
Nei
Consulti medici di Morando Morandi pubblicati a Venezia nel 1759 si
legge ’ Il mercurio è il massimo dei rimedj, e non fassi gittar
polvere negli occhi a’più creduli, allora quando da cert’uni
contr’esso si sclama; tuttavolta non bisogna spignerlo più oltre
della sua portata, se vuolsi vedere la sua forza (p.50) . Come si
vedrà in seguito , la vicenda finalese è citata come ‘virtuosa
gara iatro-chimica’dove, sembra di capire, fosse sottintesa la
questione delle cura con la chimica, che si andava sviluppando tra
ostacoli e consensi. Per citare due esempi fra i tanti , nel 1677
Carlo Lancilotti (5), chimico modenese che lavorava presso la Corte
estense, era favorevole e l’accademico Roberto Gherardi nel 1751 (6)
era contrario.
3-Il
‘solimato o sublimato di mercurio’ cos’è?
Scritto in Finale Emilia (MO) | Storia. Locale e generaleleggi tutto | letto 1464 volte
Inserito da redazione il Mer, 2016-12-14 08:24Luigi Groto, il "cieco d'Adria" "terremotato" a Malalbergo nel 1570. Dino Chiarini
Luigi Groto -o
Grotto, come riportano alcuni documenti- (Adria, 7 settembre
1541–Venezia, 13 dicembre 1585) fu un celebre drammaturgo, poeta,
filosofo, musicista, ambasciatore di Adria presso la Serenissima
Repubblica. Era figlio di Federico e di Maria de’ Rivieri ed
appartenente ad una famiglia della piccola nobiltà adriese
proprietaria di vasti terreni; venne colpito da cecicità completa
all’età di otto anni. Fu membro di varie Accademie letterarie, tra
cui quella di “Umanae Litterae” di Adria, ed istituì una propria
scuola, l’Accademia degli Illustrati. Compose numerose poesie,
svariate commedie e tradusse diverse opere dal greco. Nei primi mesi
del 1567 fu processato come eretico per aver letto e conservato
alcuni libri di Erasmo da Rotterdam e di Bernardino Ochino: proprio
per questo motivo fu escluso dall’insegnamento. Più tardi,
precisamente l'8 luglio 1567, il processo si chiuse con l'abiura del
Groto ed il gesto lo rese sì libero dalle censure e dalla prigione a
vita, ma non gli consentì di tornare a insegnare, lasciandolo in
gravi difficoltà economiche. Sostenne presso il doge di Venezia
Pietro Loredano la tesi idraulica sul risanamento del territorio
veneziano attraverso l'incanalamento dell’alveo del fiume Po, cioè
in quello che in seguito sarà chiamato “Taglio di Porto Viro”,
intervento dimostratosi poi essenziale per la sopravvivenza della
Serenissima. Dopo queste brevi note biografiche riguardanti il nostro
personaggio, veniamo all'episodio che ci interessa maggiormente.
Nei primi giorni di
novembre del 1570 Luigi Groto tenne una dissertazione all’Università
di Bologna e nel pomeriggio del giorno 16 s’imbarcò, con
destinazione Venezia, utilizzando la via d'acqua del “Canal
Naviglio” che collegava la città felsinea con Ferrara e
successivamente con il Mare Adriatico. Verso sera arrivò a
Malalbergo e prese alloggio in una locanda del paese, in attesa, la
mattina seguente, di proseguire il viaggio verso casa. Ecco,
testualmente, come il famoso commediografo descrisse la notte tra il
16 e il 17 novembre, nella lettera inviata alla signora Alessandra
Volta di Venezia, datata 29 dicembre e pubblicata in “Lettere
famigliari di Luigi Groto cieco d’Adria” (v. foto sotto):
Scritto in Malalbergo/Altedo | Storia. Locale e generaleleggi tutto | letto 1341 volte
Inserito da redazione il Mer, 2016-11-30 07:29Antichi mestieri nella "civiltà contadina" . Giulio Reggiani
A POGGIO RENATICO TRA OTTOCENTO E NOVECENTO. ANTICHI MESTIERI
Vorrei
qui proporre ai nostri lettori un breve “excursus” su alcuni di
quei mestieri che ora non esistono più; il termine “antichi” che
ho usato nel titolo non si riferisce naturalmente alla cronologica
“età antica” ma a quel modo di dire comune che tende a far
riferimento a cose o avvenimenti passati da parecchio tempo. In
questo caso il legame è con la cosiddetta civiltà
contadina,
che si esaurì solo negli anni ’50 e ’60 del XX secolo; ma la
trasformazione della società italiana da agricola ad industriale
investì non soltanto le città, sia grandi che piccole, ma pure i
nostri cosiddetti “paesi di campagna”, incidendo in modo assai
profondo sul tessuto costitutivo dell’economia nazionale,
particolarmente dalla seconda metà del Novecento fino ad oggi.
Ci
sono ancora innumerevoli persone che ricordano tanti mestieri e tanti
lavori oramai non più in uso, o, come si suol dire, “superati dai
tempi”; esse ricordano pure numerosissimi personaggi particolari,
che in gioventù praticarono per tanto tempo quelle attività. Cesare
Manservigi, in svariati suoi racconti, ci ha tratteggiato alcune di
quelle persone che sono rimaste scolpite nella memoria di tutti i
Poggesi, ma che, a quei tempi, si potevano pure rintracciare in tanti
altri paesi della cosiddetta “bassa”.
Tuttavia
si può affermare che restano sì ancor oggi alcuni mestieri legati
alla bottega ed alla vita di paese, ma hanno assunto nomi “moderni”,
che si rifanno alle lingue straniere, forse per un cattivo gusto
corrente di esasperata esterofilia: il barbiere
è oggi il coiffeur,
oppure
con termine più sofisticato il friseur,
(dal francese friser
= arricciare)
parola di conio recentissimo, la quale ci ricorda inequivocabilmente
che oggi gli uomini devono non solo tagliarsi i capelli ma anche
farsi la frizione dopo il lavaggio, chiaramente -e fors’anche
narcisisticamente- per evitarne la caduta, e successivamente “farsi
i ricci” -ammesso che ad una certa età ce ne siano ancora- (o
no?); la parrucchiera
è diventata coiffeuse
oppure, se al maschile, coiffeur
pour dames;
il negozio
di giocattoli
è divenuto toy’s
house
e l’osteria
si è trasformata in pub,
o
snack bar
o cafè
& drinks (cafè
rigorosamente con una effe sola, per un gentile richiamo alla lingua
spagnola);
il fontaniere
resiste ancora ma col nome più moderno di idraulico
(termine d’alto lignaggio, che infatti fino alla metà del secolo
scorso indicava, in queste zone, semplicemente lo studioso che si
occupava d’idraulica,
cioè di quella scienza che esamina il moto ed i problemi tecnici
attinenti alle acque); il fabbro
(in dialetto al
fràb,
oppure al
magnàn)
è diventato carpentiere
metallico,
in quanto non deve più ferrare cavalli o fabbricare utensili per
lavori agricoli bensì dedicarsi alla costruzione di cancellate,
d’infissi per le case, di attrezzature o di macchine inerenti
innumerevoli settori industriali. Inoltre bisogna aggiungere che le
tradizionali “botteghe
artigiane”
sono diventate “piccole
industrie”
(oppure grandi
laboratori)
con svariati lavoratori dipendenti, al contrario di prima dove c’era
soltanto il titolare, a volte qualche collaboratore familiare o, come
si ribadirà più avanti, il garzone.
Scritto in Poggio Renatico | Storia. Locale e generaleleggi tutto | letto 6245 volte
Inserito da redazione il Dom, 2016-05-15 06:12Cooper Willyams, da Brighton ad Abukir, ad Altedo. Dino Chiarini
Cooper WILLYAMS ad Altedo
Cooper Willyams, nato a Brighton il 22 giugno 1762, era figlio di John Willyams, un capitano della Royal Navy; tutta la famiglia aveva sempre avuto forti tradizioni militari, invece Cooper studiò a Canterbury dove nel 1784, dopo aver conseguito il diploma, pronunciò i voti diventando curato in una piccola chiesa nei dintorni di Gloucester, città dove risiedeva la madre; successivamente, nel 1791 fu nominato Vicario nel Sussex.
Ma il richiamo della tradizione marinaresca familiare lo portò, nel 1794, ad imbarcarsi su una nave della flotta del Contrammiraglio Orazio Nelson come cappellano per la campagna delle Indie; partecipò pure nel 1798 alla famosa “Battaglia del Nilo” (detta in Francia Battaglia di Abukir) in cui la flotta britannica sbaragliò quella francese, tanto che alcuni mesi dopo Napoleone dovette abbandonare il suo esercito in Egitto e tornare da sconfitto in Francia.
Dopo quello scontro navale, ma sempre nel 1798, arrivò a Livorno e da qui iniziò il suo personale “Grand tour”, cioè quel viaggio attraverso l’Italia che molti giovani europei, nobili o intellettuali, intraprendevano lungo tutta la Penisola; raggiunse dapprima Firenze poi, proseguendo oltre l’Appennino, arrivò nella Legazione bolognese; si fermò a Pianoro e qui prese la diligenza postale diretta a Bologna.
Cambiati i cavalli a Porta Mascarella, continuò il percorso verso Ferrara ma, giunto ad Altedo, pensò di fare una sosta, fermandosi per una notte presso la “famosa” posta-cavalli locale, comprensiva della tipica e maestosa “Locanda”. Dopo Ferrara, visitò Padova, Venezia, Vicenza, Verona, il lago di Garda e Mantova. Si recò pure a Ischia ed a Napoli, poi tornò a Livorno, dove s’imbarcò per le isole Baleari.
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Inserito da redazione il Sab, 2016-05-14 07:261547. Il Concilio di Trento ... a Bologna. Dino Chiarini
Il 15 marzo 1545
Papa Paolo III convocò il Concilio a Trento (chiamato pure Concilio
tridentino, XIX concilio ecumenico della chiesa cattolica) per
contrastare la Riforma Protestante guidata da Martin Lutero. Due anni
dopo, mentre erano in corso i lavori, la città di Trento fu colpita
da un’epidemia di colera e i cardinali furono invitati a
trasferirsi a Bologna per continuare le loro assemblee sulla
Controriforma della Chiesa Cattolica.
I porporati arrivarono al porto
di Malalbergo il 19 marzo 1547 accolti da due rappresentanti del
Senato Bolognese e qui probabilmente pernottarono, poiché arrivarono
al porto di Corticella il giorno seguente, navigando sul Canale
Navile (1); da questa località il viaggio proseguì verso Bologna a
bordo di comode carrozze.
Il Concilio “bolognese” fu aperto il 27
marzo con una solenne cerimonia in S. Petronio, dove per l’occasione
fu inaugurato il nuovo altare del Vignola; le riunioni si tennero nel
palazzo Sanuti di proprietà della famiglia Campeggi.
Luciano Meluzzi
ci informa che a Bologna si tennero tre sedute «…che hanno messo a
fuoco i problemi del matrimonio e gli abusi in genere relativi ai
Sacramenti e alle indulgenze» (2).
Una nota curiosa
legata alla permanenza dei Padri Conciliari è descritta molto bene
nel volume di Tiziano Costa “Bologna in cronaca”. Egli riporta un
fatto descritto da Jacopo Raineri in “Diario bolognese” datato
anno 1547; Raineri scrive che durante lo svolgimento del Concilio, i
fruttivendoli alzarono talmente i prezzi dei meloni, frutto
particolarmente richiesto dai religiosi, che le autorità decisero di
intervenire per «…reprimere l’abuso dei bottegai che hanno
alzato i prezzi in modo scandaloso approfittando della forte
richiesta…» (3).
Per la cronaca il
Concilio tornò a Trento nel maggio 1551 e terminò il 4 dicembre
1563, cioè dopo diciotto anni, otto mesi e venti giorni dalla prima
convocazione (le interruzioni furono numerose) presieduto in tutti
questi anni da ben tre papi: Paolo III, Giulio III e Pio IV.
Dino Chiarini
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Inserito da redazione il Mer, 2016-03-30 06:41Il Comune di Bologna compie 900 anni. Una storia da conoscere
Il Comune di Bologna compie 900 anni
I novecento anni dalla fondazione del Comune di Bologna rappresentano un'occasione per valorizzare l’identità della città e delle sue istituzioni. Per festeggiare questa significativa ricorrenza storica, culturale e istituzionale della città è in programma un ricco calendario di iniziative che attraverso mostre, incontri, concerti coinvolgerà studiosi di chiara fama di atenei italiani e stranieri, insegnanti e studenti, associazioni, archivi, musei e biblioteche della città e dell’intera area metropolitana, chiamati a raccontare nove secoli di storia e a progettare il insieme il futuro.
Pillole di storia: XII secolo- Cerchia “del Mille”
Nel 1116 la città era già da qualche decennio avvolta dalla seconda cerchia di mura detta “del Mille” o dei “torresotti”. Cingeva 113 ettari di abitato ed era costituita da una cortina muraria fatta “a sacco”, ovvero con due pareti esterne di mattoni che contenevano un conglomerato di ciottoli fissato con calce......
* Per saperne di più, vedi:
http://nonocentenario.comune.bologna.it/category/pillole-storiche /
XIV secolo- La Bologna ritrovata
Qualche anno fa all’Archivio Segreto Vaticano è stato rinvenuto un manoscritto del 1371 con la descrizione dettagliata della città e del contado di Bologna.
** Per saperne di più, vedi:
http://nonocentenario.comune.bologna.it/la-bologna-ritrovata /
Per
una lunga e singolare catena di smarrimenti e di equivoci, una delle
più importanti fonti su Bologna e sul suo territorio in epoca
medievale è rimasta quasi sconosciuta per oltre sei secoli,
circondata da un alone di mistero sulle sue origini e sui suoi
contenuti. Negli ultimi anni del papato avignonese, prima del ritorno
della sede apostolica a Roma, il cardinale Anglic Grimoard de Grisac,
fratello del papa Urbano V, stava per concludere a Bologna il suo
mandato di vicario e legato apostolico della Marca, della Romagna,
dell’Umbria e della Toscana.
Dopo
la morte del fratello pontefice e in vista dell’imminente
avvicendamento, l'”Anglico” fece raccogliere nell’autunno del
1371 le informazioni e le notizie che potevano essere utili al suo
successore; furono così redatte relazioni dettagliate sui centri e i
territori sottomessi; tra queste la cosiddetta “Descriptio
civitatis Bononie eiusque Comitatus…”. A tenere nell’ombra il
resoconto su Bologna e sul suo territorio per più di seicento anni
sono stati i numerosissimi ed evidenti errori contenuti nell’unico
esemplare conosciuto fino a qualche anno fa, cioé la copia
dell’originale scritta ad Avignone e poi conservata negli archivi
vaticani. Attraverso aspetti avvincenti e quasi romanzeschi Rolando
Dondarini è giunto di recente al recupero del manoscritto originale
presso l’Archivio Segreto Vaticano, rendendo i suoi contenuti del
tutto affidabili.
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Inserito da redazione il Mar, 2016-03-15 07:53Storia sociale ferrarese e omaggio a Ludovico Ariosto
Al
MAF di San Bartolomeo in bosco (FE) Via Imperiale, 263
DOMENICA
20 MARZO, ORE 15.30
Dalla
storia sociale ferrarese all'omaggio dialettale a Ludovico Ariosto
Un incontro culturale tra
storia contemporanea
e letteratura dialettale ferrarese
- Presentazione del libro
di Magda Beltrami e Mara Guerra
Legati
mani e piedi con rozze funi.**
Le
carte raccontano la pellagra a Ferrara 1859-1933
(Tresogni,
Ferrara, 2015)
Letture di Letizia
Bassi (Evento a cura del Centro
Archeologico Ferrarese)
A seguire:
-
Omaggio dialettale a “Ludvig”: Ludovico Ariosto e l'Orlando
furioso 500 anni dopo
(Evento
a cura de “Al
Tréb dal Tridèl”) con la presentazione di alcune
incisioni di Vito Tumiati
- I partecipanti avranno
l’opportunità di visitare
la mostra pittorica, di Silvano
Crespi, Il sentimento del paesaggio
(in parete fino
al 28 marzo).L’Autore presenterà inoltre
un nuovo video
-
In chiusura: buffet
riservato
a tutti gli intervenuti
**Sull'argomento, vedi anche:
http://lanuovaferrara.gelocal.it/tempo-libero/2015/03/29/news/quando-le-medicine-erano-rozze-funi-1.11139752
Quando le medicine erano rozze funi
I malati ricoverati in manicomio, nelle campagne l’allarme sociale: al museo del Risorgimento la mostra sulla malattia di Daniele Predieri (articolo del 15 marzo 2015)
Non c’è coda per entrare, ma i torpedoni delle scolaresche farebbero bene ad arrivare ugualmente per far conoscere ai più piccoli la Ferrara dei loro trisnonni (nemmeno 100 anni fa) quando si moriva di miseria, di vergogna, di pellagra. Mancano anche le foto, in questa piccola mostra al Museo del Risorgimento, ma come fai a mettere a nudo tanto dolore, mani e corpi devastati da piaghe come fosse lebbra o le immagini di visi elettrici, di chi veniva denunciato - e dovevano farlo medici ed enti pubblici, per legge - come pellagroso e ricoverato in manicomio, perchè non si sapeva più dove metterlo. Non ci sono foto di ciò che causava la pellagra ed è una scelta delle curatrici, Mara Guerra e Magda Beltrami, «per evitare immagini forti, e per rispetto dei tanti malati». Malati di pellagra diagnosticati spesso come alienati, migliaia di uomini e donne che all’inizio del secolo scorso anche a Ferrara riempivano manicomi (il 22% dell’ospedale cittadino). Era una malattia della miseria, la pellagra, perchè si ammalavano solo contadini e braccianti malnutriti alimentati di polenta di mais, scadente se non marcio. Era anche una malattia della vergogna perchè doveva restare chiusa in casa, e le donne erano le più vulnerabili ad essa. Pellagra, . mal della rosa come poeticamente citata per gli eritemi a chiazze sulla pelle, parola nata dal dialetto lombardo (pelle agra), è conosciuta come la malattia delle tre D: colpiva il derma (lesioni squamose), causava diarrea legata alla monoalimentazione di mais. E demenza, perchè portava a problemi psichiatrici incontrollabili, l’unica soluzione erano i manicomi. Fuori, per gli altri malati, c’era la «Società di soccorso ai pellagrosi», fondata nel 1881 a Ferrara da un gruppo di notabili della città, tra cui molti proprietari terrieri: fiore all’occhiello della mostra sono proprio i documenti originali dell’epoca, i verbali dei consigli della società dove, ad esempio, si possono leggere nelle voci dei bilanci gli interventi fatti dalla società per fornire sussidi ai pellagrosi.
Ma non bastava: servivano anche le locande sanitarie. «La prima della nostra zona fu aperta a Pieve di Cento nel 1896», spiegano le curatrici, sottolineando il contributo pionieristico dato dal Ferrarese nel curare e debellare la malattia. «Locande sanitarie, in tutto 52 distribuite in provincia, che erano luoghi fisici, strutture dove veniva rilasciato il certificato medico di pellagroso, e dove i pellagrosi andavano a mangiare». Questa la vera cura: mangiar di più, mangiare meglio. «Le locande aprivano 2 volte l’anno, per 40 giorni, nei momenti in cui le persone erano più vulnerabili, alla fine dell’inverno e in autunno, quando cominciava a scarseggiare il cibo». Dal 1850 al 1930, Ferrara ebbe un ruolo primario nella «guerra» alla pellagra presente nelle nostre campagne, dove i malati arrivavano nei manicomi all’ultimo stadio della malattia (dopo averla nascosta per vergogna), con spasmi controllati come si poteva «legando mani e piedi con rozze funi».
Scritto in MAF. Centro documentazione Mondo Agricolo Ferrarese | Storia. Locale e generaleleggi tutto | letto 1277 volte
Inserito da redazione il Lun, 2016-03-14 17:31Ipotesi sull'origine del nome di Galliera. Franco Ardizzoni
IPOTESI SULL’ORIGINE DEL NOME DI GALLIERA
L’origine del nome di Galliera non è ben chiaro poiché esistono diverse ipotesi. Ipotesi espresse da studiosi seri e documentati come Alfonso Rubbiani ed Edmondo Cavicchi, ma anche da studiosi poco informati come Ovidio Montalbani.
- Alfonso Rubbiani teorizzava che il nome potesse derivare dai Galli Boi , che avevano abitato le zone marginali dell’agro bolognese dopo l’arrivo dei Romani. Cioè come era avvenuto per altre località che ancora oggi conosciamo: come Gallo ferrarese (comune di Poggio Renatico), un altro Gallo (nei pressi di Castel S. Pietro), Forum Gallorum (oggi Castelfranco Emilia), Campus Gallianus (Campogalliano, oggi in provincia di Modena). Ma mentre per le suddette località la radice è sempre “Gall”, per Galliera non è la stessa cosa in quanto nella latinità, in pieno Medioevo, il suo nome era “Galeria”, come risulta da alcuni documenti, di cui il più antico risale all’anno 997. Pertanto l’ipotesi di Rubbiani non avrebbe più senso poiché mille anni fa il nome era Galeria e soltanto successivamente, probabilmente per effetto del dialetto, divenne “Galira” e poi Galiera, con una sola “ L “. Infine Galliera.
Scritto in Galliera | Storia. Locale e generaleleggi tutto | letto 1660 volte
Inserito da redazione il Dom, 2016-03-06 13:03Tra Bizantini e Longobardi, lo studio continua
L’interesse suscitato dall’evento 2015 Bizantini e Longobardi. Culture e territori in una secolare tradizione (21 febbraio - 18 dicembre 2015), ha indotto a promuovere alcune iniziative ancora connesse al tema della frontiera tra le due etnie culturali nemiche che per circa un secolo si sono fronteggiate presso il corso dell’antico Panaro, lo Scoltenna. Radicandosi rispettivamente in aree bolognesi ed in zone modenesi i due gruppi hanno lasciato tracce di sé, alcune ancora ben vive nel territorio e nel parlare locale. Per approfondirne la conoscenza storica si propongono alcuni appuntamenti a Modena, San Giovanni in Persiceto e Sant'Agata Bolognese:
- Modena- Archivio di Stato Corso Cavour, 21, mostra di cartografia storica (secc. XV-XIX) prosegue fino al 30 aprile Segni sulle terre. Confini di pianura tra Modena e Bologna,
testi di Mauro Calzolari, Franco Cazzola, Patrizia Cremonini, Paola Foschi, Pierangelo Pancaldi, Michele Simoni, Alberto Tampellini, Annarosa Venturi
* orari: martedì ore 15-16.45 ; mercoledì e sabato 10-12.30
Visite guidate a gruppi di almeno 10 persone su appuntamento a cura di Milena Bertacchini (UNIMORE) e Sara Casolari
- Modena, Palazzo dell’Arcivescovado, Salone d’Onore Conferenze:
sabato 12 marzo, ore 17, Milena Bertacchini (UNIMORE), La cartografia storica in Archivio di Stato di Modena: un prezioso strumento per ricostruire la storia del nostro territorio.
sabato 16 aprile, ore 17, Andrea Cantile (UNIFI), Gli itinerari viari e la problematica necessità di darne una descrizione geografica.
- In corso di programmazione: Doriano Castaldini (UNIMORE), Alla ricerca dell’antico “Scoltenna”. Evoluzione idrogeologica e aspetti geomorfologici della pianura modenese, dall’età del bronzo all’alto medioevo.
** Per informazioni: ASMo Corso Cavour 21, tel. 059230549, sara.casolari@beniculturali.it
Scritto in Modena | S. Agata bolognese | S. Giovanni in Persiceto | Storia. Locale e generaleleggi tutto | letto 1018 volte
Inserito da redazione il Sab, 2016-02-20 08:10Ebrei bolognesi nei lager e nella Resistenza
*Dal
27 gennaio 2016, in occasione della Giornata
della Memoria, nel sito www.storiaememoriadibologna.it
è disponibile una nuova sezione di approfondimento dedicata alla
Comunità ebraica durante il periodo della Resistenza. In questa
sezione sono raccolte le biografie degli ebrei bolognesi morti nei
lager nazisti e di quelli che combatterono nelle file partigiane.
Ogni biografia è collegata ad eventuali documenti, alle brigate
partigiane ed alle battaglie, nonchè ai monumenti dedicati. Questo
approfondimento è stato possibile anche grazie alla collaborazione
offerta dal Museo
Ebraico di Bologna,
che ha avviato un rapporto di partnership con l'intero progetto web
per gli argomenti di loro competenza ed interesse.
http://memoriadibologna.comune.bologna.it/resistenza/protagonisti/comunita-ebraica/
Nella
Certosa di Bologna sono presenti tre campi riservati alla Comunità
ebraica.
Le
prime notizie sull'istituzione di un nuovo luogo di sepoltura per la
ricostituita ottocentesca Comunità ebraica provengono direttamente
dalle memorie di Marco Momigliano, Rabbino Maggiore della città
felsinea dal 1866 al 1896. L'attuale area è di circa 7.000
mq divisa in tre campi: la sezione più antica, con circa 384 tombe e
la camera mortuaria, ha assunto nel tempo un aspetto monumentale,
rappresentando anche uno spaccato della storia della comunità dalla
sua costituzione ai primi decenni del Novecento.
http://memoriadibologna.comune.bologna.it/certosa/cimitero-ebraico-chiostro-evangelici-cinerario-1974-luogo
Scritto in Bologna | Storia. Locale e generaleleggi tutto | letto 909 volte
Inserito da redazione il Mer, 2016-02-10 08:55Le dodici battaglie dell'Isonzo, in foto al Museo del Risorgimento
Isonzo, le dodici battaglie
In occasione del centenario della Grande Guerra la mostra ripercorre, con fotografie, testi e un diorama, gli eventi legati alle offensive che l'Italia sferrò lungo il fronte segnato dal fiume Isonzo nel tentativo di piegare le difese austro-ungariche, sino alla tragedia di Caporetto.
L'inaugurazione si terrà Sabato 20 febbraio alle ore 11
Mostra prodotta nell'ambito del progetto "Isonzo-Soča 1915 - Voci di guerra in tempo di pace", coordinato dal Gruppo Ermada Flavio Vidonis di Duino-Aurisina e sostenuto dalla Regione autonoma Friuli Venezia-Giulia, insieme a molti altri enti pubblici e privati.
* Sul sito del Museo civico del Risorgimento, nella collezione digitale "Immagini della Grande Guerra", sono presenti decine di fotografie legate al fronte isontino
**Il giorno 20 febbraio, in occasione dell'inaugurazione della mostra "Isonzo, le 12 battaglie", la biblioteca del Museo resterà chiusa al pubblico
Lunedì 22 febbraio il servizio riprenderà regolarmente.
Dal lunedì al sabato: ore 8.30-13.30; pomeriggio su appuntamento; chiuso domenica e festivi infrasettimanali.
http://www.museibologna.it/risorgimento/eventi/47755/date/2016-02-09/id/86193
http://www.comune.bologna.it/risorgimento/collezioni_digitali/47759/id/47776
Scritto in Bologna | Storia. Locale e generaleleggi tutto | letto 995 volte
Inserito da redazione il Mer, 2016-02-10 08:46Matilde di Canossa e la sua dinastia, nella storia delle città.
conferenza di Rossella Rinaldi
"Matilde, i canossani e le città",
ultimo appuntamento delle celebrazioni per il nono centenario della morte di Matilde di Canossa (1115) e della nascita del Comune di Bologna (1116), promosso da Il Dipast (Centro internazionale di Didattica della Storia e del Patrimonio dell’Alma Mater Studiorum Università di Bologna) e il Comune di Bologna.
Introduce la conferenza il prof. Rolando Dondarini, Università di Bologna.
Matilde e i familiari, i Canossani, abbracciano con le loro esistenze oltre 150 anni di storia d’Italia e d’Europa, dalla metà del secolo X agli inizi del XII. Matilde come noto muore a Bondeno di Roncore, nella Bassa reggiana, nel luglio 1115, e con lei si chiude la discendenza biologica.
Le vicende di uomini e donne della dinastia si dipanano prevalentemente nello scenario di territori rurali, in aree mediopadana e toscana: territori segnati da una natura rude, spesso difficile da affrontare, solcati da fortezze e castelli, monasteri e chiese. In questi luoghi principalmente si affermano, alle origini, poi si rafforzano i poteri eccezionali dei Canossani.
Alle città la storiografia ha sempre riconosciuto, in tale ambito, una funzione sostanzialmente marginale. Mantova, Reggio Emilia, Modena e Lucca, prima di altre, ma anche Ferrara, Firenze e Milano. In realtà questi centri urbani e i loro abitanti giocarono ruoli decisivi sia nelle fasi di crescita dei poteri della dinastia, sia nel vivo dei momenti più critici, attraverso lo sfaldamento progressivo dei poteri stessi. E ciò accadde negli anni di Matilde, personalmente coinvolta nello scontro fra Impero e Papato.
http://agenda.comune.bologna.it/cultura/matilde-di-canossa
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Inserito da redazione il Mer, 2015-12-16 04:59Tra la Vita e la Morte. Due confraternite bolognesi, in mostra
Dal 11-12-2015 al
28-03-2016 a Bologna, al Museo Medievale, via
Manzoni, 4
Tra la Vita e la
Morte. Due Confraternite bolognesi tra Medioevo e Età Moderna
La
prima mostra dedicata al suggestivo tema delle confraternite
bolognesi, con un particolare sguardo rivolto a quelle di Santa
Maria della Vita e di Santa Maria della Morte, un
tempo ubicate una di fronte all’altra. Infatti, se quella della
Vita aveva sede all’interno della Chiesa omonima, in via
Clavature, quella della Morte si estendeva tra via Marchesana e il
portico che ne conserva il nome, correndo lungo via
dell'Archiginnasio
e costeggiando il lato di San Petronio.
L'esposizione, ospitata all'interno del Lapidario del Museo
Civico Medievale, vede esposte oltre cinquanta opere fra
documenti storici, dipinti, miniature, sculture, ceramiche ed
oreficerie, provenienti da importanti istituzioni cittadine, tra cui
il Museo della Sanità, in origine sede dell'Antico
Ospedale di Santa Maria della Vita, la Biblioteca dell'Archiginnasio,
la Pinacoteca Nazionale di Bologna, senza dimenticare le opere
presenti all'interno dei tre musei Civici d'Arte Antica (Museo
Civico Medievale, Museo Davia Bargellini, Collezioni Comunali d'Arte)
e quelle prestate da collezioni private.
Evento organizzato da Istituzione Bologna Musei | Museo Civico
Medievale in collaborazione con Genus Bononiae. Musei nella Città,
Istituzione Biblioteche di Bologna, Soprintendenza per i Beni Storici
Artistici del Polo Museale dell'Emilia-Romagna e Curia Arcivescovile
di Bologna.
A cura di Massimo Medica e Mark Gregory D'Apuzzo.
http://www.museibologna.it/arteantica/eventi/51895/id/81595
In foto: Maestro della Bibbia Latina 18, Statuti e matricole dei
Devoti Battuti di S. Maria della Vita, 1286 ca., Bologna, Biblioteca
dell'Archiginnasio
* La prima parte della mostra si propone di indagare come prima
dell'avvento dei Disciplinati a Bologna, avvenuto nel 1261,
in realtà non fossero presenti in città confraternite, intese come
sodalizi devozionali a larga base popolare. Con l'ingresso dei
Disciplinati a Bologna e nel contado sorgeranno dunque delle vere e
proprie confraternite spirituali con esclusivi scopi religiosi,
dall'orazione, alla penitenza, all'esercizio di opere di misericordia
verso i bisognosi.
Sarà Raniero Fasani da Perugia a dare vita a
Bologna, insieme ai propri adepti, alla confraternita dei Battuti
Bianchi o frati flagellanti, e ad adoperarsi affinché nel
1275 circa venisse aperto un ospedale nel centro della
città, che potesse dedicarsi all'accoglienza e all'assistenza degli
infermi e dei pellegrini, e che in seguito assumerà la denominazione
di Ospedale di Santa Maria della Vita.
Attraverso le testimonianze artistiche e documentarie (dipinti,
miniature, sculture, ceramiche, oreficerie), si tenterà di
ricostruire anche le vicende legate alla storia dell'altra
confraternita, quella di Santa Maria della Morte.
** Per altri eventi a Bologna: http://agenda.comune.bologna.it/cultura/
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Inserito da redazione il Dom, 2015-12-13 06:01La vera storia dei 34 scheletri del Poggio, in conferenza
Sabato 21 novembre alle
ore 17,30 presso la Sala del Consiglio Comunale di San Giovanni in
Persiceto, conferenza "La vera storia dei 34
scheletri del Poggio", a cura di Carlo D'Adamo,
Pierangelo Pancaldi e William Pedrini. Ingresso libero.
- La
scoperta di un antico cimitero (Carlo
D’Adamo,
ricercatore)
Ottobre 1962. In seguito ad
un’aratura profonda in un campo nella località Poggio di San
Giovanni in Persiceto (Bologna) vengono portati in superficie
numerosi frammenti di ossa. Gli inquirenti, che dovrebbero stabilire
se quei resti hanno rilevanza archeologica o criminale, si muovono
fin dall’inizio con superficialità e sciatteria: i denti sono
dispersi, la terra non viene setacciata, le ossa vengono mescolate. .......Ma siamo negli anni
della guerra fredda, è appena scoppiata la crisi di Cuba, e il
vecchio cimitero, trasformato in una “fossa comune”
dall’arciprete e dalla questura, diventa l’ennesima prova di una
efferata strage partigiana …
- La
datazione dei resti (William
Pedrini,
ricercatore e segretario della sezione ANPI di San Giovanni in
Persiceto)
L’inchiesta contro ignoti
per il reato di strage a scopo di rapina e occultamento di cadavere
si chiude dopo tre anni con una sentenza di archiviazione “per
essere rimasti ignoti gli autori dei reati”, nella quale il Giudice
Istruttore scrive perle di questo tipo: che era comunque probabile che i resti fossero recenti,
perché se le ossa fossero antiche sarebbero affiorate molto prima.
Poiché era chiaro che quei morti erano stati sepolti con pietas, e
che solo un forte pregiudizio ideologico aveva potuto trasformare
quel sepolcreto in una “fossa comune”..... I risultati ufficiali giunti nel settembre 2012 dal CEDAD
di Lecce sono sorprendenti: gli scheletri furono seppelliti tra
l’890 e il 1160 d.C. Dopo 50 anni finalmente è stato
possibile smascherare una palese montatura.
- Nuovi
scenari per l’archeologia (Pierangelo
Pancaldi)
La datazione degli scheletri
del Poggio (tra il IX e gli inizi del XII secolo) apre nuove e finora
impensabili prospettive agli studi di storia e archeologia del
territorio persicetano. Anche in questa fase del tutto preliminare
sono infatti possibili alcune importanti considerazioni: le
caratteristiche del complesso sepolcrale, con la presenza di donne,
uomini e bambini, e l’arco cronologico piuttosto ampio delle
deposizioni, testimoniano la presenza di un insediamento vero e
proprio, sorto probabilmente intorno ad una pieve. La testa di
cavallo seppellita ritualmente, il vicinissimo toponimo del “Farò”,
la persistenza in queste terre di una onomastica di origine
longobarda e il villaggio fortificato altomedioevale scavato fra il
1994 e il 1997 in località Crocetta, a pochi chilometri da qui,
contribuisco no a rafforzare la consapevolezza di una presenza
duratura di comunità germaniche o fortemente germanizzate.
Scritto in S. Giovanni in Persiceto | Storia. Locale e generaleletto 1090 volte
Inserito da redazione il Mer, 2015-11-18 07:29Nuovo stemma per la Città Metropolitana di Bologna, con radici antiche
Scelto lo Stemma istituzionale e il Gonfalone della Città
metropolitana
Il Leone di colore azzurro che innalza un vessillo
tricolore con il motto Libertà in rosso. A destra del leone è
riportata la scritta CITTÀ METROPOLITANA DI BOLOGNA.
Dopo
il via libera del Consiglio, la Conferenza Metropolitana durante la
seduta di giovedì 18 giugno ha approvato lo Stemma
Istituzionale e il Gonfalone della Città metropolitana di
Bologna.
La Città Metropolitana è subentrata alla Provincia di
Bologna il primo gennaio 2015 a seguito dell'entrata in
vigore della Legge 56/2014. Lo Statuto del nuovo Ente prevede che la
Città Metropolitana di Bologna abbia un proprio Stemma e Gonfalone
approvati dal Consiglio e dalla Conferenza Metropolitana dei Sindaci.
Per lo studio e la realizzazione dello Stemma istituzionale e del
Gonfalone si è costituito un gruppo di lavoro composto da
comunicatori e grafici della Città Metropolitana e di Urban
Center (che ha collaborato a titolo gratuito). Il percorso è
iniziato individuando il messaggio che lo Stemma avrebbe dovuto
veicolare: Città Metropolitana di Bologna come Ente “leggero”, a
servizio del territorio, che rappresenta le comunità, promuove lo
sviluppo civile, sociale, culturale ed economico, Ente di
coordinamento dell’attività di Comuni e Unioni.
Il logo approvato tiene conto della necessità che la nuova Città
Metropolitana ha di un’immagine forte che possa garantirne la
massima riconoscibilità su tutti gli strumenti di comunicazione
(cartellonistica, manifesti, volantini, pagine pubblicitarie, carta
intestata, buste, biglietti da visita, portale, social network,…).
Il nuovo stemma ha conservato il Leone, scelto all'inizio
del secolo scorso per la Provincia di Bologna. L’antico
stemma araldico della Provincia di Bologna veniva così descritto nel
Regio decreto che il 6 luglio 1933 concedeva alla Provincia
di Bologna la facoltà di uso dello stemma: “D’azzurro al
leone rampante d’oro che leva un vessillo a tre fasce, di verde e
d’argento con motto: “Libertà”, e di rosso. Sotto la punta
dello scudo la leggenda “Provincia di Bologna” scritta in oro su
lista azzurra, accartocciata, bifida e svolazzante. Corona
regolamentare racchiudente due rami, uno di alloro e uno di quercia”.
Lo stemma fu proposto da Paolo Silvani, “esimio
studioso e profondo ricercatore delle patrie storie e tradizioni”,
a cui il Rettorato aveva affidato l’incarico di compiere uno studio
e presentare proposte al riguardo. Nella sua relazione Silvani spiega
le ragioni storiche che lo hanno portato a proporre quello stemma
quale simbolo della Provincia di Bologna e, a riprova delle sue
affermazioni, compie un vero e proprio excursus storico, per
assicurarsi che “quel complesso soggetto di diritto pubblico
designato oggi colla espressione di ‘Provincia di Bologna’ sia
stato contrassegnato ed individuato da un simbolo od emblema che a
esso fosse proprio”.
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Inserito da redazione il Mar, 2015-07-07 08:20Cinquanta - Maranà-tha,dai romani ai giorni nostri. Anna Fini
CINQUANTA E IL MARANA-THA
Premessa dell'autrice Anna Fini.
In occasione della serata di "Borghi e Frazioni in Musica"
tenutasi presso la Comunità Maranà-Tha di Cinquanta mi è stata
richiesta, per contestualizzare l'evento, una piccola relazione sulle
origini della frazione e dell’edificio che ha ospitato il concerto.
Le informazioni storiche sull’epoca
romana sono volutamente concise per dar spazio all’evento musicale
della serata.
Cinquanta, frazione di San
Giorgio di Piano, ha origini romane; risale infatti, come
toponimo ed abitato, all’epoca della vittoria romana sui Galli Boi
( intorno al 189 a.c.).
Dopo la sconfitta e la cacciata dei
Galli Boi il Senato Romano inviò nei territori conquistati del Salto
Piano, comprendente parte della pianura tra Modena e Bologna, dei
nuovi abitanti affidando a ciascuno di loro un pezzo di terreno
necessario per vivere; infatti, tra le prime cose che facevano i
romani, dopo aver conquistato un’area, era di bonificarla e
dividerla in appezzamenti detti centurie, una lottizzazione ordinata
che veniva consegnata ai coloni.
A seguito di queste operazioni il
territorio diventava una scacchiera con identici quadrati o
rettangoli che a loro volta erano oggetto di ulteriori suddivisioni
interne.
I luoghi erano poi attraversati da una
serie di strade chiamate Cardi (da nord a sud) e Decumani (da est a
ovest): spezzoni di queste strade campestri sopravvivono ancor oggi,
asfaltate e integrate nella rete viaria che percorriamo
quotidianamente; il tratto di via Cinquanta che costeggia l'edificio
del Maranà-Tha, secondo alcuni studiosi, ne costituisce una
testimonianza.
Il nome CINQUANTA è quindi di
origine agrimensoria e nasce proprio dal numero che fu assegnato al
fondo (di Cinquanta) all’epoca della centuriazione fatta
dai conquistatori romani; altri esempi di questa origine sono:
Ducentola, Trecentola, Nonantola e anche “CINQUANTUNO“, una
unità poderale poco distante da qui e presente nei registri e nelle
carte planimetriche del comune di San Giorgio.
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Inserito da redazione il Mar, 2015-06-30 07:36Segni sulle terre di confine, tra Longobardi e Bizantini
- Mercoledì 29 aprile alle ore 16 presso il salone
d’Onore del Palazzo dell’Arcivescovado in corso Duomo 34, a
Modena, si svolge la conferenza a cura di Claudio
Azzara dal titolo L’onore dei Longobardi. Ingiurie infamanti
e pene d’infamia nell’etica di una società militare.
Iniziativa nell'ambito della rassegna Bizantini e Longobardi
culture e territori in una secolare tradizione
.
Inoltre, in occasione della apertura straordinaria degli archivi
ubicati in sedi monumentali
- Giovedì 30 aprile, alle ore
10, 30, presso l'Archivio di Stato di Modena in corso Cavour 21,
si inaugura la mostra
Segni sulle terre.
Confini di pianura tra Modena e Bologna.
L'evento
vedrà la partecipazione del gruppo storico rievocativo
“Bandum Freae” e di Lina Velardi che
daranno vita a rappresentazioni di scene di vita quotidiana
longobarde e letture dalla ”Origo
Gentis Langobardorum” (fine secoloVII).
- Venerdì
1 maggio dalle ore 10 alle ore 18 sarà
possibile visitare la mostra, aperta poi fino al 18 dicembre.
La
mostra documentaria, a cura di Mauro Calzolari,
Franco Cazzola, Patrizia Cremonini, Paola Foschi, Carlo Giovannini,
Pierangelo Pancaldi, Michele Simoni, Alberto Tampellini e Annarosa
Venturi,
espone una serie di mappe dei secoli XV - XIX,
provenienti dai fondi cartografici dell'Archivio
di Stato di Modena,
che illustrano l'evoluzione nel corso dei secoli della fascia
territoriale segnata dal corso della Muzza e dall'omonima via Muzza,
che oggi separano i Comuni modenesi di Nonantola e Ravarino, a Ovest,
dalle municipalità bolognesi di Sant'Agata e Crevalcore a Est.
Presso tale linea di confine storici e geomorfologi hanno individuato
antichi corsi dello Scoltenna, l'ant ico Panaro.
Proprio lungo l'area d'interesse dello Scoltenna per un ampio
periodo, tra i secoli VI e VIII, si fissò il confine tra il
Regno Longobardo e l'Esarcato di Ravenna, quest'ultimo difeso
ad ovest da un lungo cordone di fortezze poste tra Pavullo e
Persiceto.
Questa fascia confinaria altomedioevale ha condizionato l'assetto del
territorio, favorendo lo sviluppo di culture e tradizioni diverse sui
due versanti, a Est il Bolognese in area di tradizione
bizantina, a Ovest il Modenese in zone di longobarde.
La piccola, odierna Muzza si può ritenere l' “erede confinario”
di quell'antico, possente, scomparso fiume Scoltenna-Panaro.
Le mappe, spesso orientate da sud a nord, secondo il fluire dei
corsi, permettono di apprezzare l'importanza del flusso delle acque,
con i connessi vantaggi che ne derivavano per attività di molitura e
navigazione, ma anche i pericoli e danni per le esondazioni, e gli
impegni per le comunità nel fissare e rispettare accordi per
l'utilizzo delle acque. Altro a spetto fondamentale che emerge dalla
cartografia storica è il tema delle reti viarie.
** Ingresso libero.
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Inserito da redazione il Mar, 2015-04-28 08:29Bizantini e Longobardi tra bolognese e modenese.Mostre e conferenze
Bizantini e Longobardi, culture e
territori in una secolare tradizione
è il titolo della seconda edizione del ciclo culturale triennale “Il
confine che non c’è. Bolognesi e modenesi uniti nella terra di
mezzo”
promosso dall’Archivio
di Stato di Modena, dal Comune di Persiceto e dal Consorzio dei
Partecipanti del Comune di Persiceto.
Dopo la prima edizione dello scorso anno, dedicata all’Inquisizione,
si
passa ora ad analizzare il rapporto tra Bizantini e Longobardi, le
due etnie culturali che si sono fronteggiate per circa un secolo
lungo la fascia territoriale percorsa dall’antico corso del Panaro
(Scoltenna), prossimo all'odierno confine di pianura tra Modena e
Bologna segnato dal corso Muzza. Il radicamento longobardo fino allo
Scoltenna ebbe un effetto di cesura sull’assetto territoriale,
influendo sulla fissazione dell'attuale asse confinario, e favorendo
lo sviluppo di tradizioni cultu rali diverse sui due versanti, a est
i Bolognesi in aree di tradizioni bizantine, a ovest i Modenesi in
aree di tradizioni longobarde.
Come
per lo scorso anno, anche questa edizione,su
progetto e coordinamento di Patrizia Cremonini, e
realizzata in collaborazione con i comuni di
Nonantola, Spilamberto, Sant’Agata Bolognese e con le Partecipanze
agrarie di Nonantola e Sant’Agata,
si articolerà attraverso mostre e
conferenze
di approfondimento.
Quest'anno
l’Associazione di Italia Nostra
ha previsto di collegare l’iniziativa ad un suo progetto nazionale
cui ha aderito il Ministero
dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo.
Si tratta de Le pietre e i cittadini che
coniuga tre fondamentali aspetti: storia del territorio,
valorizzazione del patrimonio archivistico e promozione di una
diffusa cultura per la tutela e la conservazione dei beni culturali e
ambientali. Italia Nostra ha scelto quattro confere nze da proporre
come aggiornamento agli insegnati ed inoltre organizzerà escursioni
nei "territori longobardi" e nei "territori
bizantini".
Il
ricco calendario delle iniziative di questa seconda edizione prevede
una serie di conferenze che si svolgeranno a San Giovanni in
Persiceto, Modena, Sant'Agata Bolognese, Nonantola e Spilamberto,
volte a conoscere i Bizantini e i Longobardi, analizzare i tesori
documentari in mostra, svelare le longeve tradizioni germaniche e la
percezione del confine, cogliere le identità e le differenze tra
l'Esarcato e le aree di dominio longobardo, scoprire il confine tra
Modena e Bologna dai Franchi all'Unità d'Italia. Ampio spazio sarà
dato anche all'illustrazione dei progetti archeo-antropologici sul
territorio.
* Alle conferenze si
accompagneranno anche tre mostre documentarie.
- La
prima Segni sulle terre. Confini di pianura tra
Modena e Bologna,
si svolge dal 21 febbraio al 18 aprile 2015
presso l'ex chiesa di Sant'Apollinare a San
Giovanni in Persiceto;
poi si sposterà a Modena,
dal 30 aprile al 18 dicembre presso
l'Archivio di Stato di Modena.
Questa
interessantissima esposizione è tesa ad illustrare i confini dei
nostri territori di pianura, fra Bolognese e Modenese, attraverso
pannelli storici esplicativi, importanti materiali cartografici
relativi ai secoli XV-XIX, selezionati dal Mappario
Estense dell'Archivio di Stato di Modena,
ed anche documenti rari e preziosi come il “Liber
Pontificalis Ecclesiae Ravennatis”
(830 o 846) di Andrea Agnello, sacerdote di Ravenna della metà del
secolo IX. Tale codice, che costituisce l'attestazione più antica
dei confini dell'Esarcato bizantino (in esso si apprende che il
confine occidentale era Persiceti) ci è pervenuto in sole due copie:
una integra del XV secolo, appartenente alla Biblioteca Estense
Universitaria di Modena, è esposta in mostra; un'altra copia, mut
ila e risalente al secolo XVI, è custodita nella Biblioteca V
aticana. Collegata a questa mostra, con particolare attenzione al
patrimonio cartografico conservato all’Archivio di Stato di Modena,
sono le prime quattro conferenze in programma a Modena.
- La
seconda mostra “Dal Baltico all'Emilia”. Il
DNA dei Partecipanti di San Giovanni in Persiceto
rivela tracce di antiche migrazioni germaniche
sarà aperta dal 21 febbraio al 18 aprile,
da lunedì a venerdì dalle 8.30 alle 19 e sabato dalle 8.30 alle 13,
presso l'androne della Sala del Consiglio
Comunale di San Giovanni in Persiceto.
Realizzata con testi di Davide Pettener e Alessio
Boattini
dell’Università di Bologna. In questa sede sono esposti pannelli
che illustrano le ricerche condotte negli ultimi quattro anni
dall’Università di Bologna sul DNA dei partecipanti di Persiceto
unitamente alle indagini genealogiche curate dal Consorzio
dei Partecipanti
in collaborazione con l’Università. Da studi ed analisi sono
emerse tracce di DNA di probabile origine scandinava, giunto nei
nostri territori con le migrazioni germaniche. I dettagli di questa
interessante scoperta saranno svelati dal professor Alessio Boattini
du rante l’incontro in programma sabato mattina, prima
dell’inaugurazione della mostra.
- Infine,
presso la Partecipanza agraria di San Giovanni in
Persiceto, dal 7 novembre al 18 dicembre 2015,
sarà possibile visitare la mostra su Il ponte
del Losco: frammenti di storia sul confine
Nell’ambito
di Bizantini e longobardi, culture e territori in una secolare
tradizione si susseguiranno poi tante altre conferenze che si
terranno, a Persiceto anche
a Modena, Nonantola, Sant’Agata Bolognese e
Spilamberto.
* Tutte
le iniziative sono ad ingresso libero e gratuito fino ad esaurimento
posti
**Per
informazioni e prenotazioni: Archivio di Stato di Modena, 059-
230549; as-mo@beniculturali.it
. Si rimanda al sito dell’Archivio per il programma dettagliato
delle conferenze e delle altre iniziative.
http://www.asmo.beniculturali.it/
***Vedi anche i depliant allegati con i programmi dettagliati
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Inserito da redazione il Lun, 2015-03-02 08:23L'antica Pieve di S. Vincenzo. Ricerca storica di Franco Ardizzoni
L’ANTICA PIEVE DEI SANTI
VINCENZO ED ANASTASIO IN SALTOPIANO
La pieve di San Vincenzo è una
delle più antiche della pianura bolognese, forse la più
antica in assoluto. Infatti, secondo i documenti ancora esistenti, è
citata per la prima volta in un placito tenuto a Cinquanta (
San Giorgio di Piano) nel IX secolo:
E’ l’anno 898 (IX secolo) in un
giorno non meglio precisato del mese di luglio, Guido, conte di
Modena, accompagnato da Agino (o Aginone), vasso dell’imperatore
Lamberto , e Bertolfo, visconte di Cittanova , nonché castaldi e
vassi del conte, notai e scabini di più luoghi del modenese, del
reggiano e del bolognese, si incontrano a “Villa que dicitur
Quingentas” (poi identificata come Cinquanta, località nei
pressi dell’attuale S. Giorgio di Piano) per emettere un placito
(pubblico giudizio) nella vertenza tra il monastero di Nonantola e la
chiesa di Modena per il possesso della corte di Cannedolo nei
dintorni di Solara (presso l’attuale Bomporto). Il placito fu
emesso in favore del monastero di Nonantola, il cui abate, di nome
Leopardo, potè dimostrare, con diversi documenti, il possesso della
suddetta corte fin dai tempi dei re longobardi Liutprando ed Astolfo
(VIII secolo). A scrivere quell’atto (noto come “Il Placito
di Cinquanta”) vi era Lupo, notaio dativo, della pieve di
San Vincenzo, in Salto Piano ( Lupius notarius dativo huius plebem
sancti Vincencii Saltus <Spani> ). (1)
Gli argomenti principali del placito
sono naturalmente la corte di Cannedolo e la località di Cinquanta,
ma esso contiene pure diverse e preziose informazioni, quali
indicazioni di luoghi, di toponimi scomparsi, citazione di vari
personaggi ed autorità, molto utili anche per la storia della pieve
di San Vincenzo e per il territorio nel quale detta pieve era
inserita, inoltre rappresenta il documento più antico in cui essa
viene citata .
Fra le diverse informazioni,
particolarmente due sono quelle che più ci interessano per la storia
di San Vincenzo.
La prima indica che sia la pieve
di San Vincenzo che la località di Cinquanta, si trovavano nel
Saltopiano (Saltus Planus) , antica struttura fondiaria e
agraria, di probabile origine tardo imperiale, che Amedeo Benati
identifica con i territori che oggi formano i comuni di
Galliera, Poggiorenatico, Malalbergo, San Pietro
in Casale, più le zone periferiche dei comuni di Argelato, San
Giorgio di Piano, Castelmaggiore, Budrio e Ferrara (S. Martino in
Gurgo o della Pontonara). Cioè in questa circoscrizione
erano comprese tutte le comunità che, ad eccezione di quella di S.
Martino in Gurgo, nella divisione del contado, operata per scopi
militari e fiscali nel 1223 dal comune di Bologna, vennero poste nel
quartiere di S. Procolo, al quale vennero assegnate le terre fra Reno
e Savena antico, a nord della via Emilia.
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Inserito da redazione il Mer, 2015-02-18 06:52Grande Guerra. L'Emilia Romagna tra fronte e retrovia. Una mostra
- Il sito www.storiaememoriadibologna.it
è stato aggiornato con l'approfondimento dedicato a
I giornali di trincea
All'indomani della rotta di Caporetto,
tra le tante iniziative volte a risollevare il morale delle truppe, i
Corpi d’Armata iniziarono a produrre decine di fogli a stampa
rivolti ai soldati, spesso realizzati dagli stessi militari (o, per
meglio dire, da giornalisti, scrittori, poeti, disegnatori in quel
momento sotto le armi).
Una rassegna completa di queste testate
si presenta difficile, per la volatilità stessa del prodotto: spesso
editi per pochi numeri, passavano da un reparto ad un altro,
circolavano in poche copie, seguivano le sorti delle truppe in
costante movimento.
Ne ricordiamo solo alcuni, tra quelli
presenti presso la biblioteca del Museo del Risorgimento di Bologna
in originale o in ristampa anastatica: La Tradotta, La Trincea,
La Ghirba, Signor sì, Il Razzo, Il Montello, Il San Marco, Sempre
Avanti, La 50a divisione, La Giberna ...
http://www.storiaememoriadibologna.it/prima-guerra-mondiale/i-giornali-di-trincea-814-evento#sthash.3B126q5A.dpuf.
Nella scheda sono liberamente sfogliabili e stampabili due numeri de
La Tradotta e di Sempre Avanti.- Il sito www.storiaememoriadibologna.it
è stato aggiornato con l'approfondimento dedicato a
L'Ufficio notizie e i caduti
bolognesi nella Prima Guerra Mondiale
Si tratta di una iniziativa benemerita,
originata in Francia e promossa per la prima volta in Italia da
alcune donne bolognesi, tra le quali la contessa Lina
Bianconcini Cavazza (1861-1942).
Aveva ottenuto il riconoscimento del
Ministero della Guerra e della Prefettura e il sostegno della Camera di Commercio e della Cassa di
Risparmio. Nel corso del conflitto mondiale l'Ufficio notizie ha
compilato, servendosi dell'opera di 350 volontari, un enorme archivio
con milioni di voci, comprendente circa 14.000 schede relative ai
caduti e ai dispersi provenienti dai comuni della provincia di
Bologna (2.310 sono i caduti e 203 i dispersi dalla città).
Il materiale raccolto sarà poi
pubblicato nel 1927
http://memoriadibologna.comune.bologna.it/lufficio-notizie-e-i-caduti-bolognesi-nella-prima--611-evento#sthash.qawfLt0T.dpuf
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Inserito da redazione il Mer, 2015-02-11 08:32Storia della Casa del popolo di S. Giorgio di Piano. Anna Fini
** Ricerca di Anna
Fini basata su studi
di Luigi Arbizzani1,
su documenti dell’archivio storico del Comune di San Giorgio di
Piano e su testimonianze raccolte.
"Le sedi dei
partiti operai e bracciantili a S. Giorgio si costituirono alla fine
dell’ottocento e s’ identificarono, come in tanti altri paesi
della campagna, con le sedi delle Case del Popolo.
La
formazione di queste sedi stabili avviene in 2 momenti successivi.
In un primo
tempo2 il ritrovo
dei movimenti di operai, artigiani e contadini era nei posti più
popolari: le osterie.
Gli aderenti
ai movimenti (in modo particolare in Emilia Romagna) si ritrovavano
in questi luoghi tradizionali per trascorrere il tempo fuori dal
lavoro, per riposarsi, per riunirsi tra amici e per giocare;
facevano così crescere le loro organizzazioni, proteggendosi
nell’anonimato che gli esercizi pubblici potevano offrire.
Successivamente
e sino ai primi due decenni del novecento si diffusero le Case del
Popolo; qui le organizzazioni operaie e bracciantili elessero le sedi
dei circoli, delle leghe, delle cooperative di consumo e delle Camere
del Lavoro.
“…Dopo
l’ottanta3anche
in diversi piccoli comuni agricoli della provincia, e specie nella
pianura, erano state istituite associazioni di carattere sindacale e
cooperativo e circoli socialisti divenuti poi, dopo l’agosto del
1892, sezioni del partito socialista.
A San Giorgio -
dove erano in vita dal 1877 una Società Operaia Di Mutuo Soccorso4
e qualche club di stretta osservanza monarchica e moderata - gli
ideali e le manifestazioni socialiste tardarono a mettere piede
[...]. La situazione
cambiò [….]
all’alba del novecento”
Il luogo
sangiorgese di ritrovo dei primi socialisti ed operai attratti dalla
nuova idea fu l’esercizio per la vendita di vino e tabaccheria di
Guglielmo Schiassi, uno dei primi militanti socialisti locali, il cui
figlio, Omero Schiassi, fu sempre schierato in difesa dei lavoratori,
anche come avvocato della federazione dei Lavoratori della terra, e
che fu Consigliere comunale dapprima a San Giorgio di Piano e poi a
Bologna e venne poi perseguitato dal fascismo ed costretto ad
emigrare nel 1924 in Australia.
L’esercizio
commerciale era
“in via Umberto Primo (l’attuale via Libertà) al n° 11, nel
palazzo Fosser la cui fronte s’affaccia
sulla via principale del paese e, il lato sud,
sulla piazzetta antistante la canonica ed il sagrato della Chiesa”5;
alla morte di Guglielmo nel 1902 l’attività venne portata avanti
dalla moglie Virginia Biagioni, vera animatrice del movimento
socialista, la quale incrementò la vendita dei giornali
progressisti6. In
questo luogo era vietato il gioco ma i frequentatori sapevano di
potervi trovare, insieme ad un bicchiere di vino ristoratore, il
commento delle notizie dei giornali.
Qui si
forgiarono i primi gruppi di operai socialisti, si spiegavano i moti
le lotte ed i successi del proletariato e si discuteva delle elezioni
politiche generali e di quelle locali.
Se la
bottega di Virginia era il recapito7
ufficiale dei socialisti, esisteva anche una succursale: l’osteria
del “Pirullo” (ubicata8
probabilmente nell’attuale piazza Trento Trieste) dove si beveva
poco vino e molte gassose.
In questa
bottega non si parlava solo di politica, infatti questo luogo
(chiamato anche l’osteria dei burloni) aveva soprattutto il merito
di offrire un senso di libertà e indipendenza senza la soggezione
presente in altri locali quando si parlava di politica, di idee
nuove, di socialismo, di scioperi e di riscatto del lavoro.
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Inserito da redazione il Mer, 2015-01-14 09:46Sacco e Vanzetti e i testimoni renazzesi inascoltati
LA CONDANNA DI SACCO E VANZETTI.
TESTIMONIANZE DI EMIGRATI RENAZZESI AL PROCESSO DI PLYMOUTH
- Venerdì 21 novembre 2014, ore 21.00 presso la
sala polivalente "P.P.Gallerani" di Renazzo
(Cento).
Serata speciale in occasione del restauro del film "The
March of Sorrow" ("La marcia del dolore").
A distanza di quasi novant'anni dalla condanna a morte di
Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, che ha mobilitato per
anni la coscienza collettiva mondiale, il caso torna alla ribalta e a
far parlare di sé a seguito del restauro del film "The March
of Sorrow" ("La marcia del dolore").
Si tratta di un documento storico di portata
eccezionale che riproduce il funerale dei due sfortunati emigrati
italiani, celebrato a Boston il 28 agosto 1927.
Realizzata di nascosto nonostante i divieti del Governo americano, la
pellicola ha avuto nei decenni diversi passaggi di mano per poi
essere recentemente ripulita e sistemata. Giunta in Italia la scorsa
estate, è proiettata in anteprima in circostanze ed eventi
commemorativi particolari.
Per fare conoscere il filmato e per divulgare aspetti importanti e
inediti sulla drammatica vicenda, il Comune di Cento,
in collaborazione con alcuni enti tra cui la "Sacco and
Vanzetti Commemoration Society", promuove questa serata
speciale .
A condurci tra le pieghe di questa storia drammatica e densa di punti
oscuri, sarà lo storico giornalista Luigi Botta, che
ha al suo attivo il volume «Sacco e Vanzetti: giustiziata la
verità» del 1978 e che raccoglie da molti lustri materiale
e documenti sul caso dei due emigrati. Un caso che continua a
rimanere più vivo che mai.
Alla serata prenderà parte quale ospite speciale anche Giovanni
Vanzetti, nipote di Bartolomeo e, inoltre, Ernesto
Milani, traduttore e ricercatore sul tema dell'immigrazione e
l'attore Emanuele Montagna, che, a conclusione
dell'incontro, reciterà l'intenso monologo profuso alla Corte
da Vanzetti subito dopo la sentenza di condanna a morte.
Come si evince dal titolo della serata, l'iniziativa si arricchisce
anche di altri importanti connotazioni, essendo direttamente
coinvolta nella vicenda la stessa comunità renazzese. La
frazione centese è, infatti, notoriamente legata a Plymouth, uno dei
luoghi in cui si è tenuto il processo a Vanzetti, per l'intenso
flusso migratorio che dalla frazione centese è poi là approdato a
cavallo tra Ottocento e Novecento.
Da ricerche e approfondimenti condotti è emerso che alcune
persone che hanno testimoniato a favore dell'accusato sono risultate
essere native di Renazzo. Furono testimoni chiave che
portarono prove schiaccianti a favore di Vanzetti, col quale erano in
rapporti di stretta conoscenza e amicizia. Presso la casa di una di
queste, Mary Fortini, emigrata in America nell'ultimo
decennio dell'Ottocento, Vanzetti dimorò tra l'altro a pensione per
diverso tempo.
I testi, nonostante l'evidenza dei fatti, non furono creduti
e il processo si concluse con una prima condanna di Vanzetti a dodici
anni di reclusione.Nel corso della serata verranno illustrati nel dettaglio i risvolti
di questa fase del processo e proposti, attraverso una lettura
recitata, i passi dell'interrogatorio in cui gli emigrati renazzesi
hanno reso testimonianza. Per i nostri concittadini emigrati la
deposizione ha rappresentato sicuramente un'esperienza difficile
dovendosi confrontare con un'accusa ed una Corte evidentemente
inclemente e vessatoria in quanto desiderosa di trovare a tutti i
costi un colpevole.
Ogni anno si pubblicano libri che affrontano il tema, si moltiplicano
gli studi e le ricerche che ne approfondiscono la storia, si
consolidano le iniziative cinematografiche, teatrali, fotografiche,
letterarie ed artistiche in generale. Gli archivi continuano a
riservare elementi di novità ed alimentare le possibilità di
approfondimento. Tuttavia la storia, che sino ad oggi ha prodotto
oltre cinquecento volumi e migliaia di saggi su giornali e riviste di
tutto il mondo, molte volte è stata costruita sulla base di notizie
non verificate che si sono tramandate come consuetudini consolidate.
Invece, tali, sovente, non sono state e molti errori sono stati
compiuti.
La serata si configura, quindi, come un appuntamento di estremo
interesse storico.
Oltre alla lettura degli atti processuali che hanno avuto come
protagonisti tre renazzesi, alla proiezione del filmato
del funerale pressoché inedito in Italia, l'intervento di Botta
mirerà anche ad illustrare alcuni passi sino ad ora sconosciuti
della storia dei due sfortunati italiani, correggendo il tiro su
parecchie inesattezze -alcune anche gravi- presenti in tutti gli
interventi divulgativi sin qui pubblicati.
Scritto in Cento (Fe) | Storia. Locale e generaleleggi tutto | letto 1381 volte
Inserito da redazione il Dom, 2014-11-16 10:15Perchè la guerra? Una settimana di incontri e proiezioni a Bologna
In occasione del centesimo
anniversario dello scoppio della Prima Guerra mondiale il
Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell'Università di
Bologna organizza, tra Bologna e Forlì, una settimana di
letture, proiezioni e discussioni che ruotano intorno
ad alcune parole chiave.
Il titolo della manifestazione Why
War? riprende quello del carteggio tra Albert Einstein
e Sigmund Freud: le loro riflessioni risuonano ancora oggi
con straordinaria pregnanza e intensità.
A Bologna gli incontri si
svolgono nell'Aula Poeti di Palazzo Hercolani, Strada
Maggiore 45; a Forlì nell'Aula 9 di Teaching Hub,
Viale F. Corridoni 20.
Programma degli incontri di Bologna:
- 10 novembre ore 16
Racconti di guerra -
proiezione di immagini e filmati d'epoca
Coordinamento a cura di Stefano
Cavazza
Intervengono Riccardo Brizzi,
Fulvio Cammarano, Stefano Cavazza, Giulia Guazzaloca, Laura Lanzillo,
Giuliana Laschi, Michele Marchi e Angelo Panebianco.
- 11 novembre ore 16
Confini, identità e conflitti.
Alle origini del totalitarismi - Proiezione de "La
Grande Illusione" (Jean Renoir, 1937)
Presenta Angelo Panebianco
- 12 novembre ore 15
Masse: Propoganda e censura -
Proiezione di immagini e filmati d'epoca
Coordinamento a cura di Pina
Lalli
Intervengono Gianfranco Baldini,
Saveria Capecchi, Roberto Grandi, Pina Lalli e Augusto Valeriani.
L'incontro è preceduto da "La
guerra dei nostri nonni", Filippo Andreatta,
Sergio Belardinelli, Loris Zanatta presentano il libro di
Aldo Cazzullo.
- 13 novembre ore 16
Pace e guerra: Ragioni a
confronto- Proiezione de "La grande guerra"
(Mario Monicelli, 1959)
Presenta Daniela Giannetti
- 14 novembre ore 16
Accelerazioni e trasformazioni
Coordinamento a cura di Giampiero
Giacomello
Intervengono Antonio Fiori,
Giampiero Giacomello, Andrea Lollini, Franco Piro e Lorenzo
Zambernardi
http://agenda.comune.bologna.it/cultura/why-war
https://eventi.unibo.it/whywar
** Si segnala inoltre che è presente e visitabile nel chiostro della Basilica di S. Stefano a Bologna il Lapidario dei Caduti della Prima guerra mondiale in cui sono elencati 2536 soldati caduti, residenti in Bologna.
Maggiori informazioni sul sito
http://www.storiaememoriadibologna.it/lapidario-di-santo-stefano#sthash.nYugMdZl.dpuf
Scritto in Bologna | Storia. Locale e generaleleggi tutto | letto 1077 volte
Inserito da redazione il Gio, 2014-11-06 16:30