Gli scavi in Sala Borsa. Visite e cenni di storia

Dal 15 gennaio 2011, gli scavi archeologici sotto la Piazza coperta di Sala Borsa saranno aperti al pubblico dalle 15.30 alle 18.30, nei giorni d’apertura della biblioteca. Sarà  così possibile vedere da vicino i resti della basilica civile di Bononia (II sec. a.C.), le fondamenta delle case medievali dell’area di palazzo d’Accursio e le vestigia cinquecentesche dell‘Orto Botanico del naturalista Ulisse Aldrovandi.  E’ˆ richiesta un’offerta libera per il sostegno delle spese. In occasione della prima giornata d’apertura, un bibliotecario ha accompagnato i visitatori per una breve introduzione e descrizione in Piazza Coperta.
Le visite guidate saranno in seguito ripetute secondo un calendario da definire.
Vedere  foto in  galleria di immagini dal sito sotto indicato, fonte delle informazioni
Cenni storici sugli scavi archeologici di Salaborsa da
www.bibliotecasalaborsa.it/documenti/8016

La Biblioteca Sala borsa, inaugurata nel dicembre 2001, apre uno spazio culturale e multimediale ricco e
affascinante all’interno di Palazzo d’Accursio, il “quasi castello”, antica sede storica del Comune che si affaccia su
Piazza Maggiore, da sempre centro e cuore della bolognesità.

Sotto il cristallo della Piazza coperta si possono ammirare gli antichi scavi e la sedimentazione
delle
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La strada Porrettana.In viaggio dalla collina alla pianura. Franco Ardizzoni

LA STRADA PORRETTANA . Appunti di viaggio da Sasso Marconi a Ferrara
La strada Statale n.64 Porrettana , che nasce a Pistoia e termina a Ferrara, è uno dei tanti legami, oltre il fiume Reno e la ferrovia, che uniscono la dolce collina bolognese, con le sue cime, con i suoi borghi, i suoi boschi, le sue antiche chiese, alla verde pianura, piatta come un biliardo, con i suoi campi intensamente coltivati, i suoi frutteti, i suoi canali, i castelli o quanto di loro è rimasto. Iniziata nel 1816 in territorio
bolognese, la Porrettana è stata terminata nel 1848, unitamente alla toscana Via Leopolda (così detta in onore del granduca di Toscana Leopoldo II), seguendo un antichissimo tracciato già utilizzato anche dagli Etruschi. La domenica pomeriggio abbiamo l’abitudine, io e mia moglie, di fare un giretto di 2-3 ore verso la collina Bolognese percorrendo la Porrettana fino ai territori di Grizzana, Montovolo o Suviana. Oppure, giunti a Sasso Marconi, imboccando la strada della val di Setta per arrivare a Rioveggio e prendere per S. Benedetto val di Sambro, Monte Fredente, Pian di Balestra, oppure il Passo della Futa. E questo per scoprire caratteristici borghi scarsamente popolati antiche chiesine od oratori, spesso chiuse ed in condizioni precarie, vecchie torri od edifici di antica costruzione dove è stato utilizzata soprattutto la materia prima trovata sul posto: il sasso.

Ma una domenica abbiamo deciso di invertire Leggi Tutto

Note storiche per visite guidate domenicali a Castelli e Chiese di pianura est

LE FORTIFICAZIONI DI PIANURA
La pianura tra i secoli XIV e XV vide la forte esigenza di fortificarsi,
in risposta alle durature lotte tra le nobili famiglie protagoniste
di quell’epoca per la supremazia sul territorio, racchiudendo i
nuclei abitati all’interno di circuiti murari spesso dominati da
rocche e castelli.
A Budrio ad esempio è ancora possibile leggere la forma
dell’antica città  medievale che vide la costruzione di una
prima cinta muraria alla fine del XIV secolo per volere del cardinale
Albornoz
ampliate poi nel secolo successivo ad inglobare il borgo
nuovo sorto in città . Bentivoglio è un esempio di
castello trecentesco, il castello di Ponte Poledrano, riadattato e
ampliato nel XV secolo in residenza di villeggiatura e di svago per
la famiglia Bentivoglio, che ne fecero la propria domus
jocunditatis
.

Infine
Minerbio col suo antico borgo che conserva ancora nella porta
d’ngresso e nella struttura viaria gli antichi caratteri
trecenteschi e che con la famiglia Isolani vide lo sviluppo del
complesso architettonico che comprende la cinquecentesca Rocca, la
villa seicentesca del Triachini e l’elegantissima colombaia
attribuita al Vignola.

Un itinerario che attraverso le tracce ancora
presenti sul territorio vi farà ripercorrere la storia più
antica delle famiglie e delle città di questa pianura.

L’ORATORIO
DELLA NATIVITA’ E LA CHIESA DEL CORNIOLO

Un itinerario alla scoperta di due dei numerosi edifici di culto minori della nostra pianura.

La Chiesa del Corniolo, risalente alla metà
del ‘500, fu fortemente rimaneggiato nel XIX secolo anche se
frammenti della pittura cinquecentesca a motivi vegetali e
antropomorfi attribuita ad Amico Aspertini si possono osservare nelle
pareti dell’interno. I caratteri cinquecenteschi si possono
riconoscere anche nella tipica facciata a capanna che rende
l’edificio subito riconoscibile nel panorama dell’architettura
religiosa bolognese.

L’Oratorio della Natività  a Minerbio,
risalente al XVIII secolo, fu sede prima della Compagnia del
Suffragio
e poi di quella del Santissimo Sacramento di cui conserva
l’rredamento tipico degli edifici adibiti a questo scopo.

All’nterno sono ancora conservati i paramenti
da cerimonia religiosa che attraverso l’approfondimento della guida
permetteranno di ripercorrere la storia della tradizione religiosa
della pianura e di Minerbio in particolare.

SULLE TRACCE DI ALFONSO RUBBIANI E ACHILLE CASANOVA

Alcuni degli edifici più belli del territorio della pianura bolognese sono il risultato dei forti
interventi
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La colonna spoglia di S. Giorgio di Piano. Anna Fini

Tra i monumenti presenti a S. Giorgio di Piano ve n’è uno alle cui sembianze ormai siamo abituati ma che in realtà  è solo una parte dell’ originale, stiamo parlando del monumento ai Caduti della prima guerra mondiale che era costituito da un basamento e una colonna in marmo ed in cima la Statua Alata della Vittoria. L’opera ora si trova all’interno del cimitero locale ma nel 1922 quella stessa posizione era al centro dell’aiola prospiciente l’ingresso del cimitero. In quell’anno l’Amministrazione propose al Comitato Comunale costituitosi per l’erezione di un monumento ai caduti in guerra, la costruzione di un’ Arca Monumentale nell’area d’ingresso al cimitero ove raccogliere le salme dei defunti militari e che di per sè avrebbe costituito il miglior monumento; tale progetto incontrò difficoltà  sia dal lato tecnico sia per la spesa elevata che non si ritenne possibile per le finanze comunali.  Accantonata l’idea dell’Arca il comitato avanzò un altro progetto comunicando al Sindaco Raffaele Ramponi  l’inizio dei lavori di scavo per le fondazioni del monumento per l’indomani ; era il 20 aprile1922.
Il nuovo progetto era costituito da un basamento ed una colonna in marmo sormonta
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Villa Giovannina. Alberto Tampellini

– Testo tratto dal libro Le dimore dei signori  Marefosca editore, 2004, per gentile concessione dell’autore Alberto Tampellini e dell’editore. Foto di Floriano Govoni
Percorrendo la strada che da Persiceto conduce a Ferrara, in prossimità  di Cento ci si trova
improvvisamente a fiancheggiare un lungo duplice filare di alti pioppi cipressini alla fine del quale, fiabesca e suggestiva, appare la visione di quell’austera mole architettonica chiamata Giovannina, la cui aristocratica presenza da alcuni secoli nobilita le plaghe al confine tra il Persicetano e il Centese. Eppure, per moltissimo tempo, l’origine di questo castello turrito è stata oggetto di equivoci e fraintendimenti che perdurano tuttora. E’ infatti opinione popolare assai diffusa che il palazzo fortificato prenda il nome da Giovanni II Bentivoglio, che fu signore di Bologna dal 1462 al 1506 e le cui opere di bonifica idraulica e di sviluppo edilizio in queste zone della Bassa Bolognese diedero in effetti nuovo impulso economico e
demografico a territori un tempo semipaludosi. Azzardata si dimostra però tale attribuzione, come del resto quella del progetto, per il
quale si
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La Torre Conserva di Galliera ricostruita

La ricostruzione della Torre
Conserva di Galliera.
Franco Ardizzoni

Eravamo rimasti alla fine del 2003,
quando della torre Conserva, la cinquecentesca torre dei
Malvezzi, era rimasta soltanto la facciata
(vedi  La
Torre Conserva: agonia di un edifico: www.pianurareno.org, sezione Beni artistici).
Il 24 aprile 2004, un
sabato, si sviluppò un furioso temporale, con moltissimo ed
impetuoso vento (una specie di tifone di casa nostra). Il muro di
facciata della torre fece da vela al vento, ma ormai non aveva più
difese e, sotto quell’uragano, crollò definitivamente.
Era la fine di quel relitto di edificio dopo un’agonia durata
alcuni anni.
La proprietà della torre e del terreno
circostante sembra fosse di due signore di Ferrara che, in
conseguenza del crollo decisero di vendere e trovarono un acquirente
nella persona di Adler Capelli (campione mondiale ed
olimpionico di ciclismo su pista, a cui va tutta la mia sincera
ammirazione per la decisione presa) abitante a Galliera il quale
manifestò subito l’intenzione di ricostruire la torre e si affidò
all’architetto Roberta Monti di Galliera, ma con
studio a Cento, che chiese a me le foto che avevo fatto alla torre in
diverse occasioni, cioè in diverse fasi della sua rovina, per avere
dei punti di riferimento precisi per poter approntare un progetto di
riedificazione.

Sembrava più semplice. Leggi Tutto

L’antica Pieve di S. Vincenzo. Ricerca storica di Franco Ardizzoni

L™ANTICA PIEVE DEI SANTI
VINCENZO ED ANASTASIO IN SALTOPIANO

La pieve di San Vincenzo è una
delle più antiche della pianura bolognese,
forse la più
antica in assoluto. Infatti, secondo i documenti ancora esistenti, E’
citata per la prima volta in un placito tenuto a Cinquanta (
San Giorgio di Piano) nel IX secolo:

 l’anno 898 (IX secolo) in un
giorno non meglio precisato del mese di luglio, Guido, conte di
Modena, accompagnato da Agino (o Aginone), vasso dell’imperatore
Lamberto , e Bertolfo, visconte di Cittanova , nonchè castaldi e
vassi del conte, notai e scabini di più¹ luoghi del modenese, del
reggiano e del bolognese, si incontrano a “Villa que dicitur
Quingentas” (poi identificata come Cinquanta, località  nei
pressi dell’attuale S. Giorgio di Piano) per emettere un placito
(pubblico giudizio) nella vertenza tra il monastero di Nonantola e la
chiesa di Modena per il possesso della corte di Cannedolo nei
dintorni di Solara (presso l’attuale Bomporto). Il placito fu
emesso in favore del monastero di Nonantola, il cui abate, di nome
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Il “mistero” di Afro Basaldella… e del suo ” Malalbergo”. Giulio Reggiani

Capisco che molti lettori potrebbero restare un po’ interdetti di fronte all’argomento storico che sto per affrontare qui, ma sono in grado di assicurare che la trattazione seguente ha notevole attinenza con questo nostro territorio comunale. Vorrei iniziare, però, dando alcune notizie biografiche su questo grandissimo esponente dell’astrattismo italiano.
Afro Libio Basaldella nacque ad Udine il 4 marzo 1912; compì i suoi primi studi a Firenze ed a Venezia, dove si diplomò al liceo artistico di quella città  nel 1931. Successivamente si recò dal fratello Mirko a Roma, città in cui conobbe artisti di fama quali Scipione, Mafai e Cagli, e nello stesso anno a Milano, ove frequentò lo studio di Arturo Martini ed incontrò Birolli e Morlotti.
Nel 1933 si trasferì definitivamente a Roma, dove partecipò, assieme a Guttuso, Scialoja, Leoncillo, Fazzini ed altri, alla II Quadriennale Romana. Nel 1937 tenne la sua prima mostra personale e l’anno dopo fu chiamato alla Biennale di Venezia con due opere, Pastori ed Oreste. Nel 1939 tenne una personale a Genova, intitolata Disegni di Mirko e Pitture di Afro, ed una a Torino, mentre a Roma prese parte alla III Quadriennale. Durante il periodo bellico realizzò svariate opere d’influenza
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Da Malalbergo a Castelluccio. Alessandro Manservisi (o Manservigi?). Ricerca di Dino Chiarini

DA
MALALBERGO A CASTELLUCCIO

Alessandro
Manservisi o Alessandro Manservigi?

(un
grande filantropo e benefattore nato a Malalbergo)

Questo
interrogativo (quello del titolo, tanto per intenderci) cominciò a
frullarmi nella mente qualche tempo dopo che il prof. Renzo Zagnoni
m’interpellasse per chiedermi di fare una piccola ricerca su
Alessandro Manservisi -una persona famosissima in tutto il Comune di
Porretta Terme, ma particolarmente nella frazione di Castelluccio– e
cioè per un libro che stava scrivendo su tale personaggio. Ebbene,
questa breve indagine presso l’Archivio Parrocchiale di Malalbergo mi
portò a scoprire, dalla grafia del documento originale, che il suo
vero cognome era Manservigi. E Manservigi è tuttora un gruppo
familiare presente in paese. Eccovi allora i risultati riguardo i
miei estemporanei studi su quest’uomo che a me, prima d’oggi, era
veramente sconosciuto. Quindi ho pensato di proporvi, oltre alle mie
considerazioni, anche la sua biografia così come l’ho ricavata
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La torre di Galliera. Franco Ardizzoni

Nella sua politica di espansione verso il contado il comune di Bologna, alla fine del XII secolo (sembra nel 1194), costruì il castello e la torre di Galliera in una posizione che, in quel momento, rappresentava il punto più avanzato dei suoi confini verso il territorio ferrarese degli Estensi, con i quali erano frequenti i contrasti. Da quel momento, e per tutto il XIII secolo, Galliera divenne un luogo molto importante per il comune di Bologna. La strada che partendo dal centro della città si dirigeva verso nord prese il nome di strada di Galliera e veniva regolarmente inghiaiata, anche la porta da cui usciva detta strada si chiamò porta Galliera. La località divenne sede di Podesteria e la sua giurisdizione si estendeva sopra 26 comunità.  Il castello e la torre di Galliera furono il primo punto di un sistema difensivo dei Bolognesi verso il territorio ferrarese. Infatti, successivamente fu costruita la torre del Cocenno, poche miglia a nord di Galliera, nel punto di confluenza del canale Cocenno (proveniente dal Centese) con il canale Riolo che, passando accanto alla torre di Galliera, collegava la città di Bologna con il Ferrarese unendosi al “canale Palustre”, che nasceva dal Po in località Porotto. Nel 1242 fu costruita, sempre ad opera del comune di Bologna, la torre dell’Uccellino (nella terra di Lusolino) a 5 miglia da Ferrara e 25 da Bologna, sempre sulla riva di un corso d’acqua, e nel 1305 fu edificata la torre Verga (non più esistente) in un luogo che oggi si trova al bivio delle strade che conducono a Mirabello, Poggio Renatico e Madonna Boschi, ma che in quel periodo era territorio del comune di Galliera.Nel 1250 l’organo legislativo del comune di Bologna deliberò che fosse posta una campana sulla torre dell’Uccellino, una  sulla torre del Cocenno ed un’altra sul lato settentrionale della torre di Galliera, “e ciò affinchè i comuni delle terre interessate possano e debbano, quando venga segnalato un pericolo, correre ad appostarvisi, e i nemici del comune di Bologna non si arrischino di entrare nel nostro territorio”.

Il sistema difensivo bolognese, ben descritto dallo storico Amedeo Benati (Strenna Storica 1989) fu completato con la costruzione, nel 1301, della torre dei Cavalli, nella zona di Molinella.

Tutti questi fortilizi erano custoditi da un capitano coadiuvato da un certo numero di uomini armati.

Nel 1336 il comune di Bologna distrusse il castello di Galliera perché vi si erano rifugiati dei fuorusciti di parte ghibellina. I soldati di Vinciguerra di Ansaldino Bugatti, dopo aver messo a ferro e fuoco il circondario, espugnarono il castello e lo spianarono fino alle fondamenta ed avendo catturato alcuni ribelli li “impiccarono per la gola agli arbori”. La torre, con i suoi robustissimi muri di oltre 2 metri di spessore, venne risparmiata ed è l’unico avanzo di quel glorioso periodo.

La torre è alta circa metri 21,75 ed ha una base di metri 9,40 x 7,70. Ha tutte le caratteristiche delle torri bolognesi ed assomiglia particolarmente alla Garisenda ed alla torre Galluzzi.

La sua porta aerea si trova a circa mt. 1,75 dal suolo, ma in origine doveva essere a circa mt. 6, come quella della Garisenda. Infatti le ripetute alluvioni delle acque torbide del Reno, trattenute dall’argine denominato Coronella, hanno innalzato nei secoli il livello del suolo circostante per cui 4-5 metri del corpo della torre sono interrati.

Nella parte alta della parete sud vi è una nicchia che un tempo conteneva lo stemma in macigno del comune di Galliera. Tale stemma Leggi Tutto