L’antica Pieve di S. Vincenzo. Ricerca storica di Franco Ardizzoni

L™ANTICA PIEVE DEI SANTI
VINCENZO ED ANASTASIO IN SALTOPIANO

La pieve di San Vincenzo è una
delle più antiche della pianura bolognese,
forse la più
antica in assoluto. Infatti, secondo i documenti ancora esistenti, E’
citata per la prima volta in un placito tenuto a Cinquanta (
San Giorgio di Piano) nel IX secolo:

 l’anno 898 (IX secolo) in un
giorno non meglio precisato del mese di luglio, Guido, conte di
Modena, accompagnato da Agino (o Aginone), vasso dell’imperatore
Lamberto , e Bertolfo, visconte di Cittanova , nonchè castaldi e
vassi del conte, notai e scabini di più¹ luoghi del modenese, del
reggiano e del bolognese, si incontrano a “Villa que dicitur
Quingentas” (poi identificata come Cinquanta, località  nei
pressi dell’attuale S. Giorgio di Piano) per emettere un placito
(pubblico giudizio) nella vertenza tra il monastero di Nonantola e la
chiesa di Modena per il possesso della corte di Cannedolo nei
dintorni di Solara (presso l’attuale Bomporto). Il placito fu
emesso in favore del monastero di Nonantola, il cui abate, di nome
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Il “mistero” di Afro Basaldella… e del suo ” Malalbergo”. Giulio Reggiani

Capisco che molti lettori potrebbero restare un po’ interdetti di fronte all’argomento storico che sto per affrontare qui, ma sono in grado di assicurare che la trattazione seguente ha notevole attinenza con questo nostro territorio comunale. Vorrei iniziare, però, dando alcune notizie biografiche su questo grandissimo esponente dell’astrattismo italiano.
Afro Libio Basaldella nacque ad Udine il 4 marzo 1912; compì i suoi primi studi a Firenze ed a Venezia, dove si diplomò al liceo artistico di quella città  nel 1931. Successivamente si recò dal fratello Mirko a Roma, città in cui conobbe artisti di fama quali Scipione, Mafai e Cagli, e nello stesso anno a Milano, ove frequentò lo studio di Arturo Martini ed incontrò Birolli e Morlotti.
Nel 1933 si trasferì definitivamente a Roma, dove partecipò, assieme a Guttuso, Scialoja, Leoncillo, Fazzini ed altri, alla II Quadriennale Romana. Nel 1937 tenne la sua prima mostra personale e l’anno dopo fu chiamato alla Biennale di Venezia con due opere, Pastori ed Oreste. Nel 1939 tenne una personale a Genova, intitolata Disegni di Mirko e Pitture di Afro, ed una a Torino, mentre a Roma prese parte alla III Quadriennale. Durante il periodo bellico realizzò svariate opere d’influenza
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Da Malalbergo a Castelluccio. Alessandro Manservisi (o Manservigi?). Ricerca di Dino Chiarini

DA MALALBERGO A CASTELLUCCIO
Alessandro Manservisi o Alessandro Manservigi?

(un grande filantropo e benefattore nato a Malalbergo)
Questo interrogativo (quello del titolo, tanto per intenderci) cominciò a
frullarmi nella mente qualche tempo dopo che il prof. Renzo Zagnoni
m’interpellasse per chiedermi di fare una piccola ricerca su
Alessandro Manservisi -una persona famosissima in tutto il Comune di
Porretta Terme, ma particolarmente nella frazione di Castelluccio– e
cioè per un libro che stava scrivendo su tale personaggio. Ebbene,
questa breve indagine presso l’Archivio Parrocchiale di Malalbergo mi
portò a scoprire, dalla grafia del documento originale, che il suo
vero cognome era Manservigi. E Manservigi è tuttora un gruppo
familiare presente in paese. Eccovi allora i risultati riguardo i
miei estemporanei studi su quest’uomo che a me, prima d’oggi, era
veramente sconosciuto. Quindi ho pensato di proporvi, oltre alle mie
considerazioni, anche la sua biografia così come l’ho ricavata dai
documenti
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La torre di Galliera. Franco Ardizzoni

Nella sua politica di espansione verso il contado il comune di Bologna, alla fine del XII secolo (sembra nel 1194), costruì il castello e la torre di Galliera in una posizione che, in quel momento, rappresentava il punto più avanzato dei suoi confini verso il territorio ferrarese degli Estensi, con i quali erano frequenti i contrasti. Da quel momento, e per tutto il XIII secolo, Galliera divenne un luogo molto importante per il comune di Bologna. La strada che partendo dal centro della città si dirigeva verso nord prese il nome di strada di Galliera e veniva regolarmente inghiaiata, anche la porta da cui usciva detta strada si chiamò porta Galliera. La località divenne sede di Podesteria e la sua giurisdizione si estendeva sopra 26 comunità.  Il castello e la torre di Galliera furono il primo punto di un sistema difensivo dei Bolognesi verso il territorio ferrarese. Infatti, successivamente fu costruita la torre del Cocenno, poche miglia a nord di Galliera, nel punto di confluenza del canale Cocenno (proveniente dal Centese) con il canale Riolo che, passando accanto alla torre di Galliera, collegava la città di Bologna con il Ferrarese unendosi al “canale Palustre”, che nasceva dal Po in località Porotto. Nel 1242 fu costruita, sempre ad opera del comune di Bologna, la torre dell’Uccellino (nella terra di Lusolino) a 5 miglia da Ferrara e 25 da Bologna, sempre sulla riva di un corso d’acqua, e nel 1305 fu edificata la torre Verga (non più esistente) in un luogo che oggi si trova al bivio delle strade che conducono a Mirabello, Poggio Renatico e Madonna Boschi, ma che in quel periodo era territorio del comune di Galliera.Nel 1250 l’organo legislativo del comune di Bologna deliberò che fosse posta una campana sulla torre dell’Uccellino, una  sulla torre del Cocenno ed un’altra sul lato settentrionale della torre di Galliera, “e ciò affinchè i comuni delle terre interessate possano e debbano, quando venga segnalato un pericolo, correre ad appostarvisi, e i nemici del comune di Bologna non si arrischino di entrare nel nostro territorio”.

Il sistema difensivo bolognese, ben descritto dallo storico Amedeo Benati (Strenna Storica 1989) fu completato con la costruzione, nel 1301, della torre dei Cavalli, nella zona di Molinella.

Tutti questi fortilizi erano custoditi da un capitano coadiuvato da un certo numero di uomini armati.

Nel 1336 il comune di Bologna distrusse il castello di Galliera perché vi si erano rifugiati dei fuorusciti di parte ghibellina. I soldati di Vinciguerra di Ansaldino Bugatti, dopo aver messo a ferro e fuoco il circondario, espugnarono il castello e lo spianarono fino alle fondamenta ed avendo catturato alcuni ribelli li “impiccarono per la gola agli arbori”. La torre, con i suoi robustissimi muri di oltre 2 metri di spessore, venne risparmiata ed è l’unico avanzo di quel glorioso periodo.

La torre è alta circa metri 21,75 ed ha una base di metri 9,40 x 7,70. Ha tutte le caratteristiche delle torri bolognesi ed assomiglia particolarmente alla Garisenda ed alla torre Galluzzi.

La sua porta aerea si trova a circa mt. 1,75 dal suolo, ma in origine doveva essere a circa mt. 6, come quella della Garisenda. Infatti le ripetute alluvioni delle acque torbide del Reno, trattenute dall’argine denominato Coronella, hanno innalzato nei secoli il livello del suolo circostante per cui 4-5 metri del corpo della torre sono interrati.

Nella parte alta della parete sud vi è una nicchia che un tempo conteneva lo stemma in macigno del comune di Galliera. Tale stemma Leggi Tutto