Sansone Padoa, un sindaco ebreo per Argile, nell’Ottocento

Tra i sindaci che si sono susseguiti nel Comune di Castello d’Argile dopo l’Unità d’Italia, è da ricordare Sansone Padoa, membro di una famiglia di ebrei di lunga permanenza a Cento  ( presenti fin dal 1400) e diventati molto importanti nel commercio della canapa, prodotta nel bolognese e nel ferrarese, che esportavano anche in mercati esteri.
Nella documentazione del Comune di Castello d’Argile la prima presenza di membri della famiglia Padoa risulta dagli anni tra il 1806 e il 1809, quando i fratelli Sansone e Pellegrino Padoa, figli del fu Moisè di Cento, acquistarono 11 tornature di terreno in Argile dall’Agenzia dei Beni Nazionali, voluta da Napoleone per gestire e vendere tutte le proprietà tolte agli Enti religiosi cattolici soppressi.
Oltre ai Padoa, furono possidenti in Argile, a partire dallo stesso periodo napoleonico e per tutto il secolo ‘800, altre importanti famiglie di ebrei di Cento: i Levi, i Modena e i Carpi (nella seconda metà dell’800), ai quali, come nel resto d’Italia, era stata proibita fino ad allora la proprietà, e poterono quindi acquistare, insieme ad altri privati bolognesi, centesi e pievesi ( già possidenti e confinanti e alcuni nuovi), buona parte dei terreni che in precedenza erano stati dei tanti monasteri presenti nel bolognese. In particolare, ad Argile e Venezzano, queste famiglie ebraiche subentrarono ai Padri di S. Francesco di Bologna e ai Padri di S. Francesco dei Ronchi, ai Monasteri di S. Bernardino e Marta di Bologna, di S. Chiara di Pieve di Cento e di S. Caterina di Cento.

Seguirono poi compravendite e altri acquisti, tanto che in una rilevazione catastale del 1875 risultano intestate agli “eredi Padoa” di Cento 311 tornature, più altre 73 intestate a “Ditta Cantante Padoa”.

Nel 1840 il Comune di Argile acquistò per 30 scudi dai fratelli Padoa (Mandolino, Moisè, Leone e Giuseppe) di Cento, una piccola area di tavole 64 presso la Porta Pieve, per costruire la “fabbrica” destinata a diventare la prima scuola comunale del paese, con annesso locale per le guardie pontificie.

Ma la presenza di quella famiglia in Argile non si limitò solo alla proprietà dei terreni. Grazie alle leggi allora vigenti, sia in periodo pontificio che nel successivo periodo di Regno sabaudo dopo l’Unità d’Italia, in quanto possidenti, avevano diritto per “censo” a votare e ad essere eletti come amministratori comunali. E i Padoa si impegnarono anche in questo, dapprima con Giuseppe, che fu consigliere comunale, poi con il figlio Sansone che fu sindaco di Argile dal 1879 al 1884; e dopo di lui sarà consigliere il fratello Felice fino al 1899, pur residente a Bologna.

Stando alla documentazione, Sansone Padoa come sindaco si impegnò seriamente per favorire il progresso del paese, rimasto fermo e povero per secoli, insieme alla Giunta da lui presieduta, composta da altri possidenti locali, e su una linea, di impronta e impulso risorgimentale liberale, manifestata da chi l’aveva preceduto (il bolognese Carlo Gibelli, e gli argilesi Gaetano Bassi, Massimiliano Marescalchi e Pietro Trebbi) e da chi poi lo seguì (l’argilese Massimo Simoni), nella seconda metà dell’ 800 .

Tra i primi atti da lui promossi risulta il completamento del corpo insegnante delle scuole comunali locali attivando un concorso per 2 nuovi maestri per coprire 2 posti vacanti, 1 per la scuola maschile e 1 per la scuola femminile di Argile, per insegnare nell’edificio costruito nel 1846 e da poco ampliato per accogliere un sempre maggior numero di alunni e classi (5 allora).

Nel 1878, anno del suo insediamento, fu approvata e realizzata anche la ristrutturazione con ampliamento della caserma dei carabinieri nei locali della Porta di sotto (o Porta Pieve), ora che tutti gli uffici comunali e per le guardie erano stati trasferiti nel Municipio costruito e finito nel 1874.

Sansone Padoa si impegnò poi per costruire un edificio scolastico anche nella frazione Venezzano, che ne era privo, arrivando alla sua realizzazione nel 1881-82.
In quell’anno fu costruito anche un nuovo cimitero in Argile, collocato oltre la Circonvallazione ovest (dove è tuttora) per chiudere quello allora esistente su via Croce, troppo a ridosso del centro abitato. Volle anche la trasformazione della tettoia nel retro del Municipio per costruirci un magazzino-sala per i pompieri.

Per sostenere le attività commerciali e agricole attivò una seconda annuale Fiera del Bestiame e merci, da tenersi in ottobre (oltre a quella antica di luglio); ma l’iniziativa non ebbe poi molto successo e fu sospesa a fine secolo. Promosse la pacificazione e ricostituzione della “Società filarmonica” che gestiva la banda locale comunale, lacerata da contrasti interni per rivalità personali e politiche; e attivò una “Società ginnastica” per favorire una sana attività fisica tra i giovani.

Riattivò un servizio di pattuglie cittadine per aiutare i carabinieri, mobilitati per tenere sotto controllo una situazione di notevole difficoltà per l’ordine pubblico in quegli anni , con aumento di reati, stante la penuria di generi alimentari, aggravata nel 1880 da “eccezionali e stravaganti circostanze meteoriche” che avevano provocato il disseccamento di tutte le viti, con perdita del raccolto di uva per quell’anno e negli anni successivi. Occorreva quindi sorvegliare e proteggere i nuovi impianti, talli e germogli nuovi di viti, perché non venissero danneggiati.

In accordo con i sindaci di S. Giovanni in Persiceto e di Sala Bolognese il sindaco Padoa promosse tutti gli atti necessari per lungo iter (progetti, espropri…) che, dal 1880 al 1887, portarono alla costruzione del “drizzagno “ del Reno che eliminò l’ansa pericolosa che delimitava a sud il territorio comunale di Argile, con successiva costruzione del ponte di Bagno sul nuovo tratto rettilineo del fiume.

In quegli anni di carica di Sansone Padoa furono avviati anche i primi contatti per la realizzazione della tramvia Bologna – Pieve di Cento, con stazione locale, che verrà infine inaugurata nel 1889, grazie al successivo impegno del sindaco Massimo Simoni e dell’assessore Giovan Battista Filipetti.

Dopo la presenza di Felice Padoa (fratello di Sansone) come consigliere comunale negli ultimi anni dell ‘800, non abbiamo più trovato traccia dei Padoa in Argile. E risulta che la loro impresa commerciale entrò in grave crisi verso la fine del secolo.

Resta comunque testimonianza e memoria della loro partecipazione alla vita politica del Comune di Castello d’ Argile, pur essendo residenti altrove, in un periodo di grande fermento costruttivo e attivazione di nuovi servizi che fecero crescere il paese, pur tra enormi difficoltà e immancabili contrasti.

– Con l’approvazione delle leggi razziali volute da Mussolini nel 1938, agli ebrei fu di nuovo vietato il diritto alla proprietà (oltre a tante altre proibizioni e discriminazioni)(*) e pertanto gli ebrei ancora possidenti in loco (i Carpi, in particolare) furono costretti a cedere in fretta e in condizioni estremamente sfavorevoli (quando non completamente espropriati) i loro beni anche in Argile. Questo favorì alcuni mezzadri e affittuari locali che poterono acquistare la terra diventando piccoli proprietari.

  • Tra i membri discendenti dei Padoa, trasferiti o dispersi in altri luoghi, si distinse il prof. Maurizio Leone Padoa (figlio di Felice), importante ricercatore e docente di Chimica all’Università di Bologna e altre università italiane, che fu catturato e fatto prigioniero a Bologna dai nazisti nel marzo 1945, un mese prima della Liberazione, e scomparso, ucciso forse in quei giorni con altri in un eccidio a Bologna o in un lager presso Bolzano, stando ad alcune informazioni non accertate.

M. B.

(**) Sintesi da: Magda Barbieri- La terra e la gente di Castello d’Argile e di Venezzano ossia Mascarino – Vol. II -1997

Foto: l’edificio scolastico di _Venezzano, costruito nel 1881, per    deliberazione della giunta presieduta dal sindaco Padoa ; fu abbattuto nel 1972  quando fu costruita una nuova scuola

(*) Le leggi fasciste contro la razza ebraica del 1938 prevedevano, tra le tante limitazioni, l’esproprio dei beni “eccedenti” appartenenti agli ebrei e diedero l’avvio ad una escalation che portò, dal 1943 alla Liberazione, al sequestro di qualsiasi proprietà, nella prospettiva di annientamento della popolazione ebraica. La Legge del 1939 istituì l’EGELI col compito, fra l’altro, di acquisire, gestire e vendere i beni immobili sottratti agli ebrei. Il ricavato doveva essere versato nelle casse del Tesoro.

PS. Alcune note sulla storia della comunità ebraica a Cento e del suo Ghetto

1390 Prime notizie di prestatori ebrei a Cento

I Padoa di Cento discendevano probabilmente dal centese Leone di Abramo di Leone di Padova, cui fanno riferimento dei documenti stilati tra il 1496 e il 1498.

1502 Il territorio centese e i suoi abitanti passano dal dominio pontificio a quello estense

1624 – 1636 Istituzione del ghetto di Cento, per volontà dei Legati pontifici, per isolare gli Ebrei dal resto della popolazione

Verso il 1721 fu concesso agli ebrei di Cento di aprire botteghe sotto alle loro case all’esterno del ghetto e di prenderne in affitto nella parte opposta della strada di fronte al ghetto, dove abitarono i Padoa.

1796 – Prima apertura del ghetto  per decreto napoleonico con libertà di proprietà e circolazione

1859 – 1860 Con la caduta dello Stato Pontificio e la costituzione del Regno d’ Italia, furono abbattuti definitivamente i cancelli del ghetto e gli ebrei acquisirono diritti pari agli altri Italiani.

1902 – Scioglimento della Comunità locale che confluisce in quella ferrarese.

Il complesso dell’antico ghetto di Cento, oggi restaurato, si presenta come uno stretto gruppo di case affacciate su tre cortili collegati, in cui spicca quello centrale con i graziosi balconcini del XVIII sec. Vi si accede attraverso un voltone dal porticato su via Provenzali, o da via Malagodi

– Altre informazioni sui siti : http://www.museoferrara.it/view/s/c8d692db1c6b4b70a1ef2a5b64fcba77

https://www7.tau.ac.il/omeka/italjuda/items/show/483

http://www.quaderniestensi.beniculturali.it/QE5/QE5_andarpercarte_armellini.pdf
MICHELE ARMELLINI La comunità di Cento fra Restaurazione ed Inquisizione: il ghetto e i cattolici a confronto