Eustachio Manfredi, nato a Bologna, astronomo, matematico e Sovrintendente alle acque.

EUSTACHIO MANFREDI, UN ASTRONOMO INQUIETO
Biografia di Stefano Fortini (*)
«Questo, ove siam, del Sole è ’l gorgo, avante / Di cui tutto quest’etere s’aggira, / E ne seguita i moti ogni astro errante.» [Eustachio Manfredi, Il Paradiso]
Il 20 settembre del 1674 nasceva a Bologna l’astronomo, matematico e poeta Eustachio Manfredi, ricordato per la scoperta della cometa C/1707 W1, per la fondazione dell’Accademia degli Inquieti e i suoi poliedrici interessi culturali.
Figlio di Alfonso, un notaio originario di Lugo e di Anna Maria Fiorini, sua moglie, Eustachio aveva due sorelle, Maddalena e Teresa, e tre fratelli, Emilio, Gabriele ed Eraclito. Maddalena e Teresa non si sposeranno mai e, formate in matematica e astronomia dal fratello, lo aiuteranno nei calcoli e nella stesura di alcune opere; saranno le uniche donne citate da Giacomo Leopardi nella sua “Storia dell’astronomia dalla sua origine, fino all’anno 1811”. Emilio sarà un sacerdote gesuita, Gabriele un matematico ed Eraclito un medico.

Eustachio era un bambino dall’intelligenza vivace e precoce, amava giocare con le carte geografiche e a tre anni imparò a leggere. A otto anni fu ammesso alla scuola dei Gesuiti e nel 1692, a soli diciassette anni, si laureò in diritto civile e canonico. Sin dall’adolescenza Eustachio aveva l’abitudine di riunire gli amici nella propria abitazione per dibattere su temi scientifici, filosofici e letterari e dal 1691 il gruppo si denominò Accademia degli Inquieti. Rinominata Accademia delle Scienze dell’Istituto di Bologna nel 1711, la società esiste tuttora, risultando dunque una delle più antiche accademie scientifiche ancora in attività.

Il giovane Manfredi, nonostante gli studi giuridici, mostrò ben presto interessi culturali molto diversi, in particolare le scienze e la poesia. Le sue prime prove letterarie di cui ci è giunta notizia risalgono al 1696, in latino, a cui sarebbero seguiti numerosi sonetti e canzoni in italiano. La poesia più nota è probabilmente “Donna, negli occhi vostri”, una canzone che Manfredi scrisse nel 1700, quando la donna amata, Giulia Caterina Vandi, decise di farsi monaca. Non si conoscono altri amori di Eustachio Manfredi, e non si sposò mai.

Attorno al 1698 Manfredi entrò a far parte dell’Arcadia, una celebre accademia letteraria che prendeva il nome dalla regione dell’antica Grecia ritenuta patria della cosiddetta poesia pastorale o bucolica. Gli adepti venivano quindi chiamati “pastori” e “pastorelle” e assumevano pseudonimi ispirati ai miti e alla cultura greca. Eustachio Manfredi prese il nome di Aci Delpusiano, in riferimento al mito di Aci e alla città di Delfi.

Nelle “Metamorfosi” di Ovidio, Aci è descritto come il bellissimo figlio di Fauno e della ninfa Simetide, innamorato della ninfa Galatea, e corrisposto. Il ciclope Polifemo, anch’egli innamorato di Galatea, uccise Aci scagliandogli contro un “pezzo di monte”. Dal sangue che colava da sotto il masso sarebbe nato il fiume omonimo, oggi scomparso, che diede il nome ad alcuni comuni siciliani: Acireale, Aci Trezza e Aci Castello.
L’interesse verso i fiumi si ripresenterà prepotentemente anche nella carriera scientifica di Eustachio Manfredi.

L’eclettico intellettuale, infatti, si dedicava contemporaneamente allo studio sistematico della matematica e dell’astronomia, seguendo le lezioni di Domenico Guglielmini, considerato il padre dell’idraulica fluviale. Nel 1695 Giovanni Cassini e Domenico Guglielmini curarono il restauro della meridiana della Basilica di San Petronio, spingendo Manfredi e l’amico Vittorio Francesco Stancari a compiervi delle osservazioni. Successivamente i due astronomi proseguirono la collaborazione osservando da una specola situata nell’attuale Palazzo Davìa Bargellini. Gianpietro Cavazzoni Zanotti, amico e biografo di Manfredi, scrisse che «più le notti erano che vegghiavano, che quelle che dormivano».

Nel 1699 Guglielmini si trasferì a Padova e Manfredi ottenne la cattedra di matematica all’Università di Bologna. Nel frattempo era entrato a far parte della Sacra Scuola dei Confortatori, una confraternita che si proponeva di assistere e confortare i condannati a morte, arrivando ad ottenere il titolo di Maestro.

Intorno al 1700 entrò in contatto con il conte Luigi Ferdinando Marsili, naturalista ed ingegnere, il quale fece costruire una specola nel proprio palazzo e fornì una sede all’Accademia degli Inquieti.

Nel 1704 Manfredi sostituì Guglielmini anche come sovrintendente alle Acque del Bolognese e nel 1707 scoprì, insieme con Stancari, la cometa C/1707 W1.
Nel 1711 Marsili fondò l’Accademia delle Scienze dell’Istituto di Bologna, una struttura di ricerca e d’insegnamento avanzati derivata dall’Accademia degli Inquieti. Manfredi ottenne la cattedra di astronomia dell’Istituto e l’incarico di progettare la torre che avrebbe ospitato l’osservatorio astronomico, oggi Museo della Specola di Bologna.

Quello stesso anno, Marsili incaricò il pittore Donato Creti di realizzare otto tele rappresentanti ciascuna l’osservazione di un astro, assegnando a Manfredi un ruolo che oggi definiremmo di consulente scientifico. Nelle tele, oggi ubicate nella Pinacoteca Vaticana, sono rappresentati gli strumenti ottici che lo stesso Marsili aveva messo a disposizione dell’Istituto. Nella tela relativa all’osservazione di Giove venne per la prima volta rappresentata la Grande Macchia Rossa.

Nel 1715 Manfredi pubblicò le “Ephemerides motuum coelestium ex anno 1715 in annum 1725” a cui seguirono nel 1725 le “Novissimae ephemerides”, aiutato nei calcoli da alcuni allievi e dalle sorelle. Le due opere, tra le più complete del genere, ebbero notevole successo, rendendo celebre in tutto il mondo l’osservatorio bolognese e venendo utilizzate fino nelle missioni in Cina. Tra i progetti dell’osservatorio ci fu anche quello di verificare le posizioni delle città italiane misurandone le longitudini mediante l’osservazione delle occultazioni di stelle da parte della Luna. Manfredi si occupò inoltre dello studio del fenomeno dell’aberrazione della luce stellare, scoperto dall’astronomo inglese James Bradley. Le misure delle posizioni delle stelle differivano leggermente da quelle previste teoricamente: Manfredi chiamò questo fenomeno “aberratio” (dal latino “aberrare”, ovvero “allontanarsi, perdere la strada”) ma non fu in grado di individuarne l’origine. Oggi sappiamo che l’aberrazione della luce stellare è dovuta alla combinazione del moto dei fotoni provenienti dall’astro con il moto di rivoluzione terrestre.

Come sovrintendente alle acque Manfredi dovette occuparsi soprattutto della questione del fiume Reno in seguito alle ripetute esondazioni avvenute tra Bologna e Ferrara. I bolognesi intendevano deviarne il corso affinché il fiume si immettesse nel cosiddetto Po Grande, a nord di Ferrara, mentre i ferraresi volevano condurlo direttamente in Adriatico a sud di Comacchio. Dopo numerose perizie, confronti con altri esperti e tentativi di compromesso, si affermò il progetto ferrarese, anche grazie all’appoggio che la città estense ricevette da Modena, Venezia e Milano.

Grazie alla reputazione che si era guadagnato, Eustachio Manfredi venne chiamato per eseguire perizie idrauliche anche al di fuori della regione. In una di queste occasioni, un Manfredi ormai cinquantenne e alquanto sovrappeso si arrampicò su un dirupo per meglio osservare la corrosione delle sponde del fiume Serchio, in Toscana, e non fu più in grado di scendere. Per sua fortuna, alcuni contadini che si trovavano nei paraggi lo aiutarono e poté uscirne illeso.

A partire dal 1730 l’eclettico studioso cominciò a soffrire di calcoli renali ma non si sottrasse, almeno nei primi tempi, ad impegni anche gravosi, come le ispezioni per il progetto di diversione dei fiumi Ronco e Montone, a Ravenna.
Quando il suo stato di salute peggiorò ulteriormente, Manfredi si convinse a non spostarsi più da Bologna, senza tuttavia rinunciare a fornire il proprio contributo al progetto. Lo studioso affrontò la propria condizione con lucidità e coraggio, conservando il proprio carattere arguto e spiritoso anche nei momenti peggiori.

La sua ultima lettera, dettata alla sorella Teresa sul letto di morte, era indirizzata al cardinale Giulio Alberoni, Legato pontificio di Ravenna, e riguardava la questione dei suddetti fiumi: «non ho saputo ridurmi di passare all’altro mondo, portando meco il gran debito di risolvere qualche cosa intorno a cotesti lavori […] e convengo nella proposizione di alzare gli argini per prevenire ogni disgrazia.»

Il suo ultimo lavoro fu un’edizione critica del trattato “Della natura de’ fiumi” del suo maestro Domenico Guglielmini. Nei commenti al saggio, Manfredi afferma che Guglielmini ha fondato una nuova disciplina, la “scienza degli alvei”, oggi chiamata idraulica fluviale o idromorfologia.

Eustachio Manfredi morì a Bologna tra il 15 e il 16 febbraio del 1739 all’età di sessantaquattro anni. Vennero celebrati almeno tre funerali: al primo partecipò anche papa Benedetto XIV, già arcivescovo di Bologna, e gli altri furono organizzati dalla Sacra Scuola dei Confortatori e dalla Colonia Renia (il gruppo bolognese dei membri dell’Arcadia). Il monaco celestino Appio Anneo de Faba, nel suo “Ritratti poetici, storici e critici di varj uomini di lettere” (1745), avrebbe inserito un sonetto dedicato a Manfredi, con il quale colloca lo studioso bolognese a fianco del “Toscan Vecchio” (ovvero Galileo) “sovra color, ch’ov’è più chiaro il giorno, / per le strade astronomiche poggiaro”.

Stefano Fortini (*)

(*) Stefano Fortini, nato a Bentivoglio nel 1986, è un insegnante di fisica e matematica appassionato di storia della scienza e della storia di Bologna e dintorni

Immagini:
1 -Ritratto in Eustachio Manfredi in una litografia di C. Luccarini (da Renate Burgess, Portraits of Doctors and Scientists in the Wellcome Institute of the History of Medicine, Londra, 1973).

2 – Mappa del perito Giuseppe Casalgrandi Muratori che disegna la situazione dei corsi d’acqua nel 1787 e mostra il corso del Reno col nuovo tratto deviato verso est  e il “cavo benedettino”, non ancora completato. Visibile a nord il tracciato del “Reno abbandonato” e il tratto che lo  collegava al Po di Primaro. Archivio di Stato di Bologna  Mappe del territorio emiliano romagnolo, secolo XVIII Acquisti del 1981-86 – f. 7

Bibliografia:

Eustachio Manfredi “ Rime di Eustachio Manfredi, con un ristretto della sua vita e con alcune sue prose in questa nuova edizione aggiunte ed alcuni lugubri componimenti recitati in occasione della sua morte” Dalla Volpe, 1760;

Eustachio Manfredi, “Poesie di Eustachio Manfredi, con un ristretto della sua vita ed alcuni componimenti recitati in occasione della sua morte”, Bodoni, 1793;

Graziella Grandi Venturi “ I carteggi di Antonio Leprotti e dei Manfredi tra i fondi speciali dell’Archiginnasio”, «L’Archiginnasio», 1986;

Ugo Baldini, Manfredi, Eustachio, in “Dizionario Biografico degli Italiani”, Istituto della Enciclopedia Italiana, 2007;

Mario di Fidio, Claudio Gandolfi, “Idraulici italiani”, Fondazione Biblioteca Europea di Informazione e Cultura, 2014;

“Irene Soldati, Eustachio Manfredi e Francesco Algarotti: due diversi newtonianesimi all’Istituto delle Scienze di Bologna”, in Letteratura e Scienze, Adi, 2021;