Domenico Guglielmini,nato a Bologna, padre dell’idraulica fluviale

DOMENICO GUGLIELMINI E LE VENE DELLA TERRA.
Biografia a cura di Stefano Fortini (*)
«Bisogna confessare che l’architettura dell’acque ha camminato sin ora con piede poco sicuro, a cagione del non avere mai trovato chi le dia l’appoggio delle scienze necessarie, dal che ancora è proceduto che la medesima è stata ripiena di falsi supposti e d’equivoci. Io mi lusingo d’ averne scoperti molti; e per conseguenza di avere levati altrettanti inciampi alla felicità del di lei progresso». [Domenico Guglielmini, dalla prefazione al trattato “Della natura de’ fiumi”]
Il 27 settembre 1655 nasceva a Bologna Domenico Guglielmini, matematico, fisico e medico, considerato il padre dell’idraulica fluviale.
La pianura padana è una pianura alluvionale che si è formata grazie alla sedimentazione di detriti trasportati a valle dal Po e da altri fiumi nel corso di migliaia di anni. Si tratta dunque di un ambiente sedimentario il cui aspetto attuale è dovuto principalmente all’azione dei fiumi presenti.
Le popolazioni della pianura padana hanno da sempre dovuto convivere con l’attività di numerosi corsi d’acqua, talvolta fondamentali risorse e portatori di ricchezza, talaltra di pericoli e disgrazie. La grande alluvione del Po del 1705 causò migliaia di morti.
Non è quindi casuale che un’opera fondamentale per l’idraulica fluviale come “Della natura de’ fiumi” di Domenico Guglielmini abbia visto la luce proprio a Bologna.
Domenico Guglielmini fu un uomo dalla curiosità fervida e variegata: studiò medicina con Marcello Malpighi (considerato il padre dell’istologia e il primo ad osservare i capillari sanguigni) e praticò la professione di medico per tutta la vita, senza che questo gli impedisse di dedicarsi allo studio della matematica, dapprima applicata all’astronomia e in seguito alla disciplina nella quale riceverà i più importanti riconoscimenti, ovvero l’idraulica.

Nel 1686 Guglielmini vinse il concorso come Sovrintendente alle acque del Bolognese e a partire dal 1692 si occupò dell’annosa questione del Reno, fiume che nasce sull’Appennino pistoiese le cui acque periodicamente rompevano gli argini inondando terreni e borghi. Guglielmini fece numerosi sopralluoghi, investigò fiumi e paludi e accumulò numerose osservazioni, dopodiché sostenne un progetto di collegamento del Reno con il Po Grande, il tratto del fiume Po nei pressi di Ferrara.

I lavori furono però bloccati dall’opposizione dei ferraresi, coinvolti con i bolognesi in una secolare controversia sulle acque del Reno. Il collegamento si concretizzerà solo nel 1807, quando Gaspard Riche de Prony, ingegnere di fiducia di Napoleone, collegherà il Reno al Po Grande tramite il Cavo Napoleonico (**).

Nel 1694 l’Università di Bologna istituì la cattedra di Idronomia, la prima d’Europa, affidandola a Domenico Guglielmini. Nel 1697 Guglielmini pubblicò il trattato “Della natura de’ fiumi: Trattato fisico-matematico“, frutto di decenni di osservazioni sul campo e in laboratorio e considerato il fondamento dell’idraulica fluviale. In quest’opera Guglielmini descrive il comportamento dei fiumi (le correnti, i depositi, le erosioni, le alluvioni) e le opere di difesa e prevenzione (argini, rettifiche, nuove inalveazioni).

Il suo contributo più rilevante fu probabilmente l’analisi del ruolo giocato dai torrenti e dai fiumi, nell’ambito del fenomeno che, per primo, chiamò “ciclo idrologico”.
Guglielmini fu anche il primo ad evidenziare l’esistenza di uno stato di equilibrio che viene raggiunto da una corrente, tra la tendenza dell’acqua ad aumentare la propria velocità per effetto dell’accelerazione di gravità, e l’effetto della resistenza dell’alveo che si oppone al movimento.

L’opera fu molto apprezzata dal grande matematico e filosofo Gottfried Leibniz, che ne consigliò vivamente la lettura a Johann Bernoulli. Guglielmini e Leibniz ebbero anche modo di conoscersi durante la visita a Bologna del matematico e filosofo tedesco e da lì intrattennero una relazione epistolare.
Guglielmini fu un lavoratore instancabile: collaborò con Giovanni Domenico Cassini al restauro della meridiana di San Petronio, diresse importanti lavori di idraulica a Mantova, Modena e Piacenza, fu professore di astronomia, matematica e medicina all’Università di Padova e fu incaricato dalla Repubblica di Venezia di importanti opere ingegneristiche (tra queste il restauro delle fortificazioni di Castelnuovo, nell’attuale Montenegro).

Oltre ad occuparsi di tutti questi compiti con meticolosa attenzione, trovava le energie per dedicarsi, di notte, alle osservazioni astronomiche.

È possibile che sia stato proprio l’eccesso di lavoro a minarne la salute; dopo otto mesi caratterizzati da frequenti vertigini e convulsioni, Domenico Guglielmini morì all’età di cinquantaquattro anni (nel 1710).

Si narra che nel periodo della malattia, nonostante le raccomandazioni di massimo riposo, nascondesse libri sotto il cuscino per studiare non appena si fosse trovato solo.

Domenico Guglielmini è una figura affascinante di scienziato il cui pensiero intreccia la medicina all’idraulica affrontando il moto dell’acqua nei fiumi e quello dei fluidi nei vasi sanguigni e trattando i corsi d’acqua come esseri viventi, forse avendo appreso da Leonardo da Vinci, che «potremmo dire la terra avere anima vegitativa e che la sua carne sia la terra […] e il suo sangue sono le vene delle acque».

Stefano Fortini
(*) Stefano Fortini, nato a Bentivoglio nel 1986, è un insegnante di fisica e matematica appassionato di storia della scienza e della storia di Bologna e dintorni

Immagine: litografia di Domenico Guglielmini (autore: C. Rampoldi) tratta dal volume “Della natura de’ fiumi” nell’edizione del 1821.

  • Bibliografia:
  •  Massimo Tozzi Fontana (a cura di), Bologna e l’invenzione delle acque: saperi, arti e produzioni tra ‘500 e ‘800, Editrice Compositori, 2000;
  • Mario di Fidio, Claudio Gandolfi, Idraulici italiani, Fondazione Biblioteca Europea di Informazione e Cultura, 2014;
  • Stefano Giovanni Loffi, Piccola storia dell’idraulica, Consorzio Irrigazioni Cremonesi, 2007.

(**) Va precisato che i lavori  per la realizzazione del cavo napoleonico furono   poi interrotti in seguito alla caduta di Napoleone, e ripresi solo 150 anni dopo. Fu nel decennio 1954-1963 che l’opera fu ripresa, in risposta alle esondazioni avvenute a Gallo di Poggio Renatico nel 1949 e nel 1951. In particolare nell’anno 1964 sono stati ultimati dall’Ufficio Speciale del Genio Civile per il Reno di Bologna i lavori che hanno condotto il Cavo contro l’argine destro del Po, in località Salvatonica di Bondeno, utilizzando la struttura come invaso. Successivamente nel 1966, l’Ufficio del Genio Civile di Ferrara, con il taglio dell’argine destro del fiume Po, ha concretizzato l’idea che diede origine ai lavori del 1807.

NB Vedi per una informazione più estesa sull’argomento  l’articolo  su questo stesso sito nella sezione “Reno, un fiume tra passato e presente”.