“Il miracolo della gamba”…. con svista. La pala d’altare della chiesa di Pegola

La Pala della Chiesa di Pegola, opera attribuita al pittore Bartolomeo Ramenghi detto il “Bagnacavallo seniore”
– Testo di Dino Chiarini
Tre studiosi e ricercatori padovani, Ferdinando Maggioni, Giuseppe Maggioni e Dantina Talmelli, autori del volume “Santi Cosma e Damiano in Italia – Ricerca ed espressioni”, nel 2005 affermarono che il quadro dell’Altare della Chiesa di Pegola dal titolo “Miracolo della gamba” era da attribuire al pittore Bartolomeo Ramenghi (1).
Nel trattare la storia della tela aggiungevano pure che «Il Manzi, un medico e storico bolognese, in una sua pubblicazione segnalava di aver trovato nella raccolta di stampe dell’Archiginnasio un’incisione a firma G.B. fecit, ossia Giuseppe Benedetti, incisore bolognese (1707-1782) e di avervi letto in calce “ora si trova a S. Damiano”. Sempre il Manzi legittima l’ipotesi che la stampa non sia altro che la riproduzione del quadro della chiesa in località Ponte di Ferro» (2). Uno dei ricercatori padovani dichiara: «L’accostamento della stampa al quadro di Pegola, dimostra, vorrei dire con certezza, che il quadro del Ramenghi dato per disperso è quello che attualmente si trova nella parrocchia di Pegola» (3).

La tela menzionata dallo studioso sparì improvvisamente in un anno imprecisato dell’Ottocento da Bologna e come sia arrivato nella chiesa di Pegola nessuno lo sa; giunse in questo paese tagliata in diversi pezzi e qui fu ricomposta. Il dipinto è un olio su tela che misura cm 270×160; l’incaricato del censimento, inviato dalla Soprintendenza alle Gallerie di Bologna intitola il quadro “I Santi Cosma e Damiano guariscono un ammalato”; egli ritiene che la rappresentazione, sprovvista della firma dell’autore e della data di esecuzione, sia stata eseguita nel Settecento. La descrive sulla scheda nel modo seguente: “Il diacono dormiente è semi sdraiato sulla “turca”; lo sorregge uno dei due fratelli medici mentre il secondo, che ha già operato, sta sistemando definitivamente la gamba del moro nel troncone di quella amputata. La figura di destra porta una mantellina rossa su abito verde scuro, mentre il fratello sembra vestire alla maniera dei francescani. I due volti sono sereni, consci delle loro capacità taumaturgiche. In primo piano una bara aperta mostra il cadavere di un uomo di colore al quale manca una gamba. In alto tra le nubi, la Madonna benedicente con il Bambino”.

La raffigurazione del dipinto è perfetta; però anche il pittore compie un miracolo: infatti, se osserviamo attentamente la tela, notiamo che al cadavere è stata amputata la gamba sinistra mentre il “chirurgo” la sta inserendo sul troncone della gamba destra.
Mi vien da pensare: ma il trapiantato, dopo l’intervento e la convalescenza, avrà fatto un lungo periodo di riabilitazione? Avrà imparato a camminare con due gambe mancine? Però a questo punto vorrei chiosare così: fu una “svista” dell’artista oppure lo fece di proposito per attirare l’attenzione sul suo dipinto? Chissà!

Come ho accennato in precedenza, il quadro viene attribuito al pittore Bartolomeo Ramenghi detto il ”Bagnacavallo seniore”. L’artista nacque nella cittadina ravennate nel 1484 e morì a Bologna nel 1542; fece i primi studi di pittura a Rimini poi nel 1503 si trasferì nella città petroniana, dove subì dapprima l’influenza artistica del suo maestro Francesco Francia; poi si spostò a Roma, diventando un allievo di Raffaello Sanzio. Tornato a Bologna, si affermò definitivamente e le sue opere furono apprezzate posteriormente sia da Guido Reni, sia dai Carracci. Nell’ultimo periodo della sua vita imitò i pittori della ”scuola ferrarese”, specialmente Lorenzo Costa, Benvenuto Tisi detto “il Garòfalo” e Giovanni Francesco Luteri detto “Dosso Dossi”.

Negli ultimi vent’anni la Pala d’Altare della chiesa di Pegola è stata sottoposta a due restauri. I risultati del primo ripristino furono “catastrofici”; infatti, la tela subì diverse modifiche e le più evidenti furono eseguite sul Santo che era intento al trapianto: in testa gli spuntò dal nulla una papalina rossa che prima non aveva e nello stesso tempo l’occhio fu allungato “a mandorla”, dandogli sembianze orientali, snaturando così le originarie linee del capo e del viso.

Grazie alla caparbietà di Don Giovanni Ravaglia, ci fu un secondo restauro che diede alla tela la sua forma primitiva. Oggi il quadro è collocato alla sinistra dell’Altare Maggiore della nuova chiesa di Pegola.

Note:

1 – F. Maggioni, G. Maggioni, D.Talmelli, Santi Cosma e Damiano in Italia. Ricerca ed espressione, Tipografia Regionale veneta, Conselve, 2005, pagg. 76-77. Vedi anche:  F. MAGGIONI, D. TALMELLI, G. MAGGIONI, Anatomia di un miracolo, Tipografia Regionale Veneta, Conselve (PD), 2009, pag. 36 a 42.
F. MAGGIONI con la collaborazione con C. MAGGIONI, G. MAGGIONI, D. TALMELLI, Ricerche iconografiche dei Santi Cosma e Damiano, Tipografia Regionale Veneta, Conselve (PD), 2011, pag. 18-19.

2 – La chiesa preromanica dei Santi Cosma e Damiano del Ponte di Ferro non esiste più da diversi secoli; oggi ci resta il topónimo vicolo San Damiano là dove la chiesa si trovava (questa piccola strada è una laterale di via Farini, parallela a via Castiglione).

3 – La chiesa di Pegola dedicata ai Santi Cosma e Damiano è presente nelle decime del 1300, anno in cui risale il primo documento a me noto. Esso dice: “Don Lambertus rector Ecclesiae S. Cosme et Damiani di Peola excusavit … Item ut clericus Ecclesiae S. Cosme et Damiani solvit vigenti sol bol.”,

Foto:

1) Il quadro dopo il secondo e definitivo restauro. (Foto Maurizio Falzoni).

2) L’incisione eseguita da Giuseppe Benedetti. (Tratta da “Santi Cosma e Damiano in Italia. Ricerca ed espressione”)

3) La chiesa parrocchiale di Pegola nel 1844. (Foto tratta da “Le chiese parrocchiali della Diocesi di Bologna ritratte e descritte …).

4) La chiesa di Pegola oggi

Dino Chiarini

PS.  Pegola  è località-frazione del Comune di Malalbergo (ndr)