Luigi Groto, il “cieco d’Adria” “terremotato” a Malalbergo nel 1570. Dino Chiarini

Luigi Groto -o Grotto,
come riportano alcuni documenti- (Adria, 7 settembre
1541–Venezia, 13 dicembre 1585) fu un celebre drammaturgo, poeta,
filosofo, musicista, ambasciatore di Adria presso la Serenissima
Repubblica.
Era figlio di Federico e di Maria de’ Rivieri ed
appartenente ad una famiglia della piccola nobiltà adriese
proprietaria di vasti terreni; venne colpito da cecicità completa
all’età di otto anni. Fu membro di varie Accademie letterarie, tra
cui quella di “Umanae Litterae” di Adria, ed istituì una propria
scuola, l’Accademia degli Illustrati. Compose numerose poesie,
svariate commedie e tradusse diverse opere dal greco. Nei primi mesi
del 1567 fu processato come eretico per aver letto e conservato
alcuni libri di Erasmo da Rotterdam e di Bernardino Ochino: proprio
per questo motivo fu escluso dall’insegnamento. Più tardi,
precisamente l’8 luglio 1567, il processo si chiuse con l’abiura del
Groto ed il gesto lo rese sì libero dalle censure e dalla prigione a
vita, ma non gli consentì di tornare a insegnare, lasciandolo in
gravi difficoltà economiche. Sostenne presso il doge di Venezia
Pietro Loredano la tesi idraulica sul risanamento del territorio
veneziano attraverso l’incanalamento dell’alveo del fiume Po, cioè
in quello che in seguito sarà chiamato “Taglio di Porto Viro”,
intervento dimostratosi poi essenziale per la sopravvivenza della
Serenissima. Dopo queste brevi note biografiche riguardanti il nostro
personaggio, veniamo all’episodio che ci interessa maggiormente.
Nei primi giorni di
novembre del 1570 Luigi Groto tenne una dissertazione all’UniversitÃ
di Bologna e nel pomeriggio del giorno 16 s’imbarcò, con
destinazione Venezia, utilizzando la via d’acqua del “Canal
Naviglio” che collegava la città felsinea con Ferrara e
successivamente con il Mare Adriatico. Verso sera arrivò a
Malalbergo
e prese alloggio in una locanda del paese, i
n attesa, la
mattina seguente, di proseguire il viaggio verso casa. Ecco,
testualmente, come il famoso commediografo descrisse la notte tra il
16 e il 17 novembre
, nella lettera inviata alla signora Alessandra
Volta di Venezia, datata 29 dicembre e pubblicata in “Lettere
famigliari di Luigi Groto cieco d’Adria” (
v. foto sotto):

 

«… non le conterò
come non prima m’uscì dalle mura di Bologna, che una febre mi
assalse per d’hora in hora crescere, e per tardi tramontare; non le
dirò come io stetti a male albergo la notte, hebbivi effetto
conforme il nome, perché vi sostenni il terremoto e la mattina
passai per le horrende e miserabili ruine di ferrara con doglie del
male, e tema di peggio, con paura, e pericolo di restarvi oppresso
fra i sassi caduti, e quel che di punto in punto cadevano …».
Il fatto di avere la
febbre e in più subire un tremendo terremoto in un luogo oltretutto
chiamato Male-Albergo, gli fece credere di avere raggiunto il massimo
della sventura! Ma quello non era il massimo: se si fosse fermato tre
chilometri prima, esattamente a Pegola, pensate cosa avrebbe scritto
o raccontato di quella notte passata in quel luogo! Infatti (secondo
l’Enciclopedia Treccani) l’etimologia di quel paese indica sì la
pece, usata dai calafatai del luogo per impermeabilizzare le barche,
ma nel Veneto orientale significa pure “sfortuna, disdetta, iella”:
quindi lui, essendo nato e cresciuto in quel di Adria, conosceva
benissimo il significato sventurato di quel termine! Allora si
potrebbe dire che ebbe “fortuna nella sfortuna”!

 

Ricordano le
cronache del tempo che in quaranta ore la città di Ferrara subì ben
160 scosse di notevole entità e i danni furono rilevanti
Due anni dopo quella
triste serata, pubblicò il suo primo lavoro drammatico dal titolo
“La Dalida”, considerato dai critici “una delle più belle
opere da lui composte”.
Luigi Groto morì a
Venezia il 13 dicembre 1585
per un improvviso attacco di pleurite,
proprio il giorno dedicato a Santa Lucia. Mi vien da pensare: la data
della sua morte fu una fatalità o una semplice coincidenza? Oppure
c’entra qualcosa Santa Lucia, la protettrice dei ciechi? Che l’abbia
chiamato a sé proprio nella giornata a lei dedicata?
Il grande letterato
fu sepolto nella chiesa di San Luca a Venezia, ma nel 1589 le spoglie
furono trasportate ad Adria, sua città natale. Viene tuttora
ricordato dai suoi concittadini attraverso tre elementi: 1) la
denominazione, al centro della città, di “Piazza Luigi Groto”
(già “Piazza delle Erbe”); 2) una lapide fissata nella medesima,
in occasione del terzo centenario della morte, esattamente il 13
dicembre 1885; 3) un busto che lo raffigura, collocato due anni dopo
-precisamente il 14 marzo 1887- per ritardi dell’artista incaricato
dell’opera, lo scultore padovano Natale Sanavio.

 

Dino CHIARINI