Storia dell’Ospedale di Bentivoglio nel lungo Novecento

Storia dell’Ospedale di Bentivoglio: da privato, a consorziale, a pubblico, al servizio della sanità bolognese.
Nel contesto delle celebrazioni per il centenario della morte di Carlo Alberto Pizzardi è interessante ricordare la storia, per tanti aspetti singolare, di questo presidio di cura che da oltre un secolo è punto di riferimento importante per la sanità della pianura bolognese.
Si deve infatti al ricco possidente e imprenditore filantropo Carlo Alberto Pizzardi la costruzione di questo ospedale nel 1906, utilizzando una parte dei suoi proventi derivati dalle vaste risaie presenti sulle terre di sua proprietà nel territorio di Bentivoglio, S. Pietro in Casale e Castel Maggiore, appositamente bonificate e coltivate, e dal grande antico mulino (su derivazione del Navile, risalente al 1300), anche questo ampliato e modernizzato per aumentarne la produzione.
Carlo Alberto, a differenza dei fratelli, dimostrò una notevole capacità imprenditoriale per aumentare la redditività dei vasti beni fondiari ereditati dal padre Luigi (a sua volta discendente da prozii che li acquistarono nel 1817 da eredi Bentivoglio); parallelamente, si impegnò anche per valorizzare e arricchire con nuove strutture il piccolo e povero borgo anticamente detto di “Ponte Poledrano”.
Borgo cresciuto a ridosso dell’antico Castello costruito nel 1480 da Giovanni II Bentivoglio e da cui era derivata quindi la denominazione della località per voce popolare; località compresa per secoli nell’ambito comunale di S. Maria in Duno e che divenne ufficialmente istituzionalizzata come “Comune di Bentivoglio” nel 1886.

Carlo Alberto volle restaurare e ridare vita e prestigio all’antico Castello, allora degradato e mal ridotto, affidandone i lavori ad Alfonso Rubbiani, l’architetto bolognese più famoso del tempo (e dallo stile controverso). Istituì un scuola per favorire l’educazione dei ragazzi e un asilo infantile affidato ad una suora, Maria Teresa Veronesi; fece costruire nelle vicinanze come propria abitazione un palazzo signorile che verrà poi detto “Palazzo rosso” dal colore dei suoi mattoni. Infine fece erigere un ampio edificio a circa 700 metri di distanza, destinandolo alla cura e assistenza dei numerosi dipendenti interni alla sua vasta tenuta, assumendo medici e suore da lui stipendiati (1).

L’ospedale era a carattere del tutto privato e senza alcuna ingerenza da parte delle autorità locali, e funzionò per alcuni fino a che non sorsero alcuni contrasti che indussero il marchese a chiuderlo e a cessare il servizio di cura. I cambiamenti economici e le tensioni sociali di inizio ‘900 avevano compromesso il suo rapporto con questa comunità. Erano esplose anche qui le manifestazioni legate alle rivendicazioni promosse dalle prime leghe sindacali. Nelle campagne bolognesi si era diffuso un forte malcontento tra i lavoratori, braccianti, contadini, mezzadri, contro ogni padrone, fosse anche capace e illuminato come il Pizzardi, ma pur sempre visto agire con l’ottica del profitto; e, nonostante tutto il bene che il marchese aveva fatto a questo territorio si creò una ostilità e un risentimento tale da spingerlo ad allontanarsi da Bentivoglio, affidando l’amministrazione delle terre, dal 1911 al 1918, all’agronomo svizzero Armando De’ Rham.

L’ospedale fu riaperto qualche anno dopo, con il consenso del marchese che lo affidò in gestione alla Croce Rossa, in occasione della guerra 1915-18, per ospitare e curare i feriti di guerra, mentre l’antico castello venne adibito a convalescenziario. Il ritrovamento recente di varie foto d’epoca mostra l’intensa attività di assistenza e cura che fu praticata in questo ospedale da medici, infermieri e crocerossine a beneficio di tanti soldati provenienti dal fronte.

Chiusa la parentesi bellica e la conseguente epidemia di “spagnola”, ripresero anche i conflitti sociali e sindacali del “biennio rosso” (tra 1919 e 1922), a Bentivoglio come altrove, e si racconta di un episodio che divise di nuovo il marchese Pizzardi dalla comunità locale.

Nel novembre del ’19 sembra che il Pizzardi avesse già pronto un testamento in cui destinava gran parte dei suoi averi ai mezzadri e ai fittavoli delle sue terre di Bentivoglio e dintorni. Ma alcuni attivisti delle Leghe fecero irruzione in casa Pizzardi con un fantoccio impiccato che lo rappresentava(2) .

Altri raccontano (anche se nessun documento lo attesta) che intorno al 1920 a Palazzo Zambeccari di Cinquanta si tenne una riunione con autorità locali e il marchese preannunciò il testamento che aveva deciso di fare in loro favore: desiderava affidare le sue terre in Bentivoglio a chi le aveva sempre coltivate e gestite materialmente. Gli atti ufficiali sarebbero stati firmati al Castello di Bentivoglio alla presenza di due notai e del sindaco di Bentivoglio. Ma alla riunione, non invitati, si presentarono alcuni esponenti delle Leghe “rosse”, che, tra minacce e guazzabugli, impedirono la prosecuzione dell’incontro ed il successivo appuntamento per gli atti formali (3).

Fu la seconda delusione dopo quella degli anni precedenti e la goccia che fece traboccare il vaso del suo risentimento nei confronti di questa comunità con la quale si era pur da poco tempo riappacificato. Carlo Alberto Pizzardi uscì dalla stanza , tornò a Bologna e successivamente decise di fare registrare le sue nuove volontà a vantaggio dell’Amministrazione degli Ospedali di Bologna

Risultano rogiti del notaio Angeletti del 4 novembre 1919 e del 15 maggio 1920 e altri lasciti, in base ai quali Pizzardi si privò di tutto il suo patrimonio, una ricchezza che oggi è incalcolabile.

L’uomo più ricco di Bologna morì nel 1922, sepolto in un campo anonimo della Certosa, così come richiesto nel suo testamento: “Nessun distintivo e nemmeno il nome si ponga sulla mia tomba volendo, lo confermo, essere trattato come il più povero fra i poveri”. Solo circa 10 anni dopo verrà installata una grande lapide con monumento nell’atrio dell’Ospedale Bellaria, pur in assenza delle sue spoglie.

L’ospedale consorziale

Intanto, nel 1922 , l’Italia si era trovata governata dal regime fascista e nei difficili 2 anni precedenti l’Ospedale di Bentivoglio era stato lasciato di nuovo in uno stato di abbandono, rifugio per animali selvatici di notte e luogo di gioco dei ragazzi di giorno. Era necessario quindi un lavoro di ripristino molto oneroso per riassegnargli la sua funzione; ma l’Amministrazione Ospedali di Bologna, nuova proprietaria, non poteva assumersene la spesa, essendo impegnata a programmare e provvedere all’opera di potenziamento e costruzione degli ospedali della città (Maggiore e poi il Bellaria), voluta dallo stesso Pizzardi e ritenuti più importanti.

Il Comune di Bentivoglio, da solo, con gli scarsi mezzi di cui disponeva, non poteva farsene carico. Pertanto furono attivati contatti con i sindaci dei Comuni circostanti e, dopo lunghe trattative e non poche difficoltà, furono gettate le basi per la costituzione di un Consorzio fra i Comuni di: Argelato, Baricella, Bentivoglio, Castel d’Argile, Castel Maggiore, Malalbergo, Minerbio e S. Giorgio di Piano. Consorzio che venne riconosciuto come Ente morale con Decreto del Prefetto di Bologna il 25 luglio 1924.

Nel 1925 fu così possibile la riapertura dell’Ospedale come servizio pubblico aperto a tutti per l’assistenza dei malati di una vasta zona della pianura che ne aveva indubbiamente tanto bisogno. L’edificio e le strutture accessorie fu ceduto in uso gratuito dall’amministrazione Ospedali di Bologna al Consorzio, mentre le attrezzature furono in gran parte donate e in parte acquistate con fondi anticipati dai Comuni consorziati in proporzione alla popolazione e al rispettivo gettito della sovrimposta fondiaria.

Nel luglio del 1925 l’ospedale di Bentivoglio ricevette la visita del re Vittorio Emanuele III nel corso di un suo viaggio attraverso l’Italia con tappa a Bologna e provincia per visitare in particolare proprio le vaste proprietà lasciate dal Pizzardi.

A Bologna, grazie alla donazione di Carlo Alberto e alle sue disposizioni affinchè l’Ospedale Maggiore potesse dotarsi di un istituto scientificamente avanzato per lo studio e la cura di malattie acute e tubercolotiche, veniva inaugurato nel 1932, nella località di Bellaria, l’Ospedale Sanatorio per i malati di petto Carlo Alberto Pizzardi.

A Bentivoglio i primi anni di gestione consorziale, molto favorevoli, consentirono l’acquisto in proprietà degli immobili, come risulta da rogito Ercolani del 24 novembre 1934, e la restituzione ai Comuni delle somme anticipate negli anni precedenti. Nel triennio 1935-37 l’ospedale fu ampliato con l’aggiunta di due ali, portando la capacità ricettiva da 80 a 200 posti letto, consentendo una più ampia e razionale distribuzione dei servizi.

Ma nuove scure nubi incombevano, e nel corso della Seconda guerra mondiale, 1940-45, l’Ospedale di Bentivoglio, come tutto il bolognese, visse le restrizioni e il pericolo dei bombardamenti, e , dall’ottobre 1944 , si trovò anche con tutto un piano occupato dal Comando tedesco, che lo adibì al ricovero dei militari tedeschi feriti. Fino al 22 aprile 1945 l’Ospedale funzionò quindi in condizione di estremo disagio e senza alcuna regolarità di approvvigionamento di medicinali e materiale sanitario.

Al momento della Liberazione, nel 1945, il Consorzio era rimasto completamente privo di scorte, con i locali da riattare e riparare per i danni subiti dalla occupazione e dalle incursioni aeree, che tra l’altro avevano provocato la rottura di tutti i vetri. I costi dei materiali aumentavano a ritmo vertiginoso e risparmi volatilizzati per il deprezzamento della lira. Con lo sforzo di tutto il personale e degli amministratori, pur senza mezzi e senza contrarre nuovi debiti, fu possibile ricondurre l’Ospedale alla normalità e ad offrire un buon servizio, sempre più rinnovato e con nuove attrezzature adeguate ai tempi.

Dall’Usl 25 di S. Giorgio di Piano all’Ausl di Bologna

Le cronache dell’ultima metà del Novecento vedono questo ospedale inserito nei vari cambi di gestione e organizzazione territoriale, stabiliti dapprima dalla legge del 1978 che istituiva il Servizio Sanitario Nazionale e ridefiniva le aggregazioni territoriali dei precedenti Consorzi Socio Sanitari, con l’istituzione delle Unità Sanitarie Locali (Usl), che diventarono successivamente Aziende Sanitarie Locali (Ausl), dipendenti dalle Regioni per effetto di altra legge del 1992 e dei conseguenti successivi Piani Sanitari Regionali.

L’ospedale di Bentivoglio fu quindi dapprima assegnato alla gestione del Consorzio Socio Sanitario di S. Giorgio di Piano (negli anni ‘50/’70), poi dell’USL n. 25 (anni ‘80/’90), ambito comprendente sempre gli stessi comuni del precedente Consorzio, sempre con sede a S. Giorgio di Piano; poi nella Bologna- Nord, per passare infine all’ultima, più ampia e attuale aggregazione dell’Ausl di Bologna (che comprende tutto il territorio provinciale, a parte l’imolese), Distretto di Pianura Est, che gestisce tutte le strutture sanitarie e ospedaliere.

Nel frattempo la pianificazione regionale dell’Emilia Romagna aveva portato alla riduzione e alla chiusura di molti ospedali in provincia, con conseguenti situazioni di disagio e proteste dei cittadini dei Comuni privati di un servizio locale di cui usufruivano da decenni, quando non da secoli. Ma la politica sanitaria regionale era decisamente orientata verso la concentrazione dei servizi ospedalieri in strutture più grandi e in grado di fornire – si diceva – prestazioni specialistiche più qualificate e dotate di attrezzature più moderne e costose, che i piccoli ospedali non sarebbero stati in grado di offrire. Nella zona di pianura a fare le spese di queste scelte furono gli ospedali di S. Pietro in Casale e di Pieve di Cento, che furono dapprima sempre più ridotti nei servizi, fino alla loro chiusura nei primi anni’90.

L’ospedale di Bentivoglio fu invece considerato in posizione più favorevole, e quindi mantenuto e potenziato con nuovi servizi e l’ampliamento dell’edificio, anche con l’innalzamento di un terzo piano nella nuova ala alla fine degli anno’80.

Nel contesto delle situazioni di disagio e malcontento che queste scelte di programmazione territoriale avevano determinato tra i cittadini di alcune località più distanti, si ricorda in particolare la vicenda del Comune di Castello d’Argile, la cui popolazione, pur usufruendo da sempre di alcuni servizi dell’ospedale di Bentivoglio, aveva espresso una forte preferenza per l’utilizzo dei più vicini ospedali di Pieve di Cento e Cento, tanto da chiedere alla Regione di poter far parte dell’Usl 30 di Cento invece che della Usl 25 di S. Giorgio, per avere una più sicura disponibilità e accessibilità delle relative strutture e servizi ospedalieri, di Pronto soccorso e Guardia Medica.

Ma la presenza del confine provinciale tra Bologna e Ferrara, che divide Cento (Fe) dai comuni di Pieve e Argile, dopo petizioni e diatribe di anni, e un inserimento nell’Usl 30 di Cento durato solo dal 1987 al 1994, ha infine definitivamente escluso questa possibilità. Il Decreto Amato-De Lorenzo n. 502 del 30 dicembre 1992 imponeva infatti alle regioni una riduzione delle Unità sanitarie locali e quindi l’accorpamento di quelle esistenti in Ausl uniche di ambito coincidente con la Provincia (in provincia di Bologna allora erano 10 ed era prevista una deroga all’unicità per la sua vastità).

Pertanto, pur restando una teorica possibilità di libera scelta dell’ospedale da parte dei pazienti di questi due comuni, l’orientamento di pianificazione economica, l’offerta dei servizi e le disposizioni burocratiche, portarono comunque a usufruire dell’ospedale di Bentivoglio anche per chi abitava, e abita, più lontano.

Nel periodo della massima diffusione della pandemia causata dal virus Covid 19, l’Ospedale di Bentivoglio è stato temporaneamente adibito esclusivamente alla cura dei malati Covid, tra il marzo e il maggio 2021, in supporto agli ospedali di Bologna città, con conseguente riduzione di altri servizi e chiusura della Maternità e Punto nascite.

Ora tutti servizi sono stati ripristinati; ma anche in questo ospedale , come in tanti altri di Bologna e Italia, manifestazioni sindacali hanno espresso anche recentemente forte preoccupazione e disagio per l’insufficiente disponibilità del personale necessario a coprire tutte le esigenze.

Attualmente nell’ospedale di Bentivoglio risultano attivi i reparti di: Chirurgia Generale, Geriatria, Ginecologia, Medicina Interna – Generale, Nefrologia, Oculistica, Oncologia, Pronto soccorso, Pronto soccorso pediatrico h24, Radiologia e Diagnostica per Immagini.

M. Bar.

Fonti:

(1) “L’Ospedale consorziale di Bentivoglio” 1953, ciclostilato a cura del Consorzio allora appositamente costituito tra 8 comuni della pianura : Argelato, Baricella, Bentivoglio, Castello d’Argile, Castel Maggiore, Malalbergo, Minerbio, S. Giorgio di Piano.

(2) “L’enigma Pizzardi” di Gabriele Cremonini – Ed. Pendragon, 2014

https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2014/05/21/il-testamento-che-cambio-la-storia-di-bolognaBologna13.html          Articolo di Valerio Varesi

(3) https://www.storiedipianura.it/territorio-e-cultura/biografie-storia-tradizioni/126-carlo-alberto-pizzardi-e-bentivoglio.html

  • Altre informazioni più recenti da organi di stampa

** PS – E’ stato pubblicato nei giorni scorsi il libro :

LA SOLITUDINE DI CARLO ALBERTO. I Pizzardi, una saga familiare

di Maurizio Garuti. Ed. Minerva