Le divise militari nella storia. Tra costume e simbolo di appartenenza.

Per gli amanti della storia, anche nei suoi aspetti di costume, il sito Storia e Memoria di Bologna è stato aggiornato con la pagina dedicata a
Le uniformi del Museo del Risorgimento
l Museo civico del Risorgimento di Bologna conserva uniformi, o forse meglio sarebbe dire divise, che abbracciano il periodo che va dalla Rivoluzione Francese alla Seconda guerra mondiale. Nel periodo in questione, i termini uniforme e divisa indicavano aspetti completamente diversi di uno stesso argomento, mentre oggi c’è la tendenza a farne quasi un sinonimo. Già sul piano etimologico si può cogliere la differenza di significato tra i due sostantivi: – divisa è tutto ciò che serve a distinguere l’appartenenza del militare ad un’arma o corpo. Può essere quindi la foggia del copricapo piuttosto che il fregio da applicarvi o la filettatura di colore distintivo al bavero e ai paramani della giubba- uniforme invece è la foggia comune del vestiario che identifica il personale appartenente alle forze armate della nazione. Significa anche il rispetto e l’applicazione di quei principi di gerarchia, ordine e disciplina che regolano tutta la vita del militare.
La divisa militare nasce dall’esigenza di distinguere gli appartenenti all’esercito dai civili; esigenza che venne manifestandosi verso la fine del Cinquecento, quando gli eserciti dei principali stati europei raggiunsero la consistenza di parecchie centinaia di migliaia di uomini. Sino a tale epoca nessun regolamento, nessuna precisa direttiva prescriveva l’adozione, per gli appartenenti ad uno stesso reparto o ad una medesima specialità, di capi di vestiario interamente o anche solo in parte ‘uniformi’ tra loro, anche se, fin dai tempi più antichi, gli storici e gli artisti ci hanno tramandato prove di una certa uniformità nel vestire degli eserciti di uno stesso popolo. Alcune legioni romane, ad esempio, forse per spirito d’iniziativa dei loro comandanti, si differenziavano tra loro per il colore degli indumenti o per i diversi emblemi sugli scudi. Altrettanto significativa fu l’apparizione in Europa delle tuniche bianche con croce rossa sovrapposta che i reduci dalle crociate avevano adottato.
Ma per avere una regolamentazione vera e propria sull’uniformità del vestire dei militari bisognerà attendere la nascita degli eserciti nazionali e quindi la metà del XVII secolo allorché Luigi XIII di Francia emanò le prime norme derivate dalla necessità di vestire in modo uguale e facilmente riconoscibile gli appartenenti alla milizia nazionale, per distinguerli dai civili. Nel contempo, tramite opportuni attributi, l’uniforme diviene ‘divisa’ chiamata ad indicare l’arma, il corpo di appartenenza e il grado ricoperto nella gerarchia da colui che la indossa. Alla fine dello stesso secolo, re Luigi XIV sancì definitivamente le norme di adozione dell’uniforme.

La natura dell’uniforme manifesta quindi la sua grande importanza non solo dal lato organizzativo e tecnico, ma anche da quello morale: servì, infatti, a cementare le compagnie degli eserciti nazionali, ne rafforzò la disciplina e l’addestramento e dette l’avvio a quello spirito di attaccamento, per la propria nazione in generale e per il proprio reggimento in particolare, che ogni soldato, per il tramite dell’uniforme, veniva indotto a provare. Infine l’uniforme venne chiamata a conferire a colui che la indossa un aspetto esteriore capace di suscitare, in chi vi si rapporta, il necessario rispetto e timore verso la funzione che il militare svolge. I requisiti descritti sono in qualche modo insiti nella natura stessa dell’uniforme ed orientati ad evolversi, di pari passo, con l’imporsi delle nuove tecnologie e con il cambiamento del gusto estetico. Ci riferiamo all’evoluzione delle armi da fuoco che, rivoluzionando le teorie tattiche, impose la lotta a distanza, costringendo i combattenti ad abbandonare le sfavillanti divise dai ricchi accessori per adottarne altre riproducenti i colori dell’ambiente in cui erano costretti ad operare.

Per quanto concerne la moda, anche l’uniforme, pur ricalcando temi tradizionali, si trasforma obbedendo alle sue leggi, e si arricchisce nei suoi accessori che, da elementi di indispensabile utilità, si trasformano in sfarzose bardature (esempio in tal senso è la ‘bandoliera’, fascia in cuoio portata a tracolla alla quale è attaccata la ‘giberna’, contenente un tempo le munizioni di piombo delle armi ad avancarica, poi divenuta semplice ornamento della grande uniforme). L’uniforme subisce l’inevitabile influsso degli eserciti stranieri maggiormente in auge nei diversi momenti storici, e viene adattata o meglio personalizzata da chi la indossa per evitare quell’‘appiattimento’ che il concetto stesso di uniforme impone. Ecco dunque il ‘fuori ordinanza’ quale manifestazione della personalità e del temperamento individuale, quasi uno stile di vita che andrà via via affermandosi sino a raggiungere il suo apogeo nella ‘bella epoque’.

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Luca Giovannini

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