La canzone dialettale bolognese. Fausto Carpani

Il dialetto in musica Appunti per una piccola storia. Sintesi dell’ intervento di Fausto Carpani de “La famàja bulgnàisa”

ConvegnoAl dialàtt e la scòla 27/11/2004 Villa Smeraldi-Museo della Civiltà  contadina S. Marino di Bentivoglio

  Nella primavera del 1926, un gruppetto di amici innamorati di Bologna , e alcuni di essi già  noti come autori di poesie, scritti o musiche ispirati alla tradizione bolognese, si fece promotore di un concorso di canzoni originali che, in dialetto o in lingua, esprimessero l’anima popolare petroniana.
Se il teatro bolognese aveva avuto alle sue spalle una lunga tradizione, risalente al XVI secolo con Giulio Cesare Croce (1550-1609), non altrettanto poteva dirsi della canzone , per la quale si trattava di operare non un rilancio ma una vera e propria nascita. Questa impresa poteva dunque apparire forzata, perchè in questo campo Bologna non vantava certo le tradizioni di Napoli o di Roma.

Canzoni aveva scritto e cantato lo stesso Croce (non a caso chiamato “della Lira“, una sorta di violino a cinque corde con cui si accompagnava) , dando l’avvio a quella non trascurabile successione di cantastorie arrivata con Piazza Marino (1909-1993) e Dina Boldrini fino ai giorni nostri.
Benchè si sia trattato di una produzione anonima e per lo più orale, non di meno essa può ritenersi comunque interprete di sentimenti popolari petroniani. Forse non è identificabile del tutto col genere che noi ora chiamiamo “canzone“. Ma in una raccolta pubblicata da Oreste Trebbi (1872-1944) intitolata “Zirudèl, sturièli e narzizàt“, appaiono vari componimenti che vi si avvicinano, specialmente fra le “narcisate”, tipicamente cantate per carnevale o negli intermezzi delle commedie popolari da “Narciso“, maschera sorta nel Settecento in quel di Malalbergo e che ebbe molta fortuna nella prima metà  dell’ ‘800. Narciso di vaglia fu l’arrotino Pietro Bernardi (1830-1869) ed è riconosciuto capolavoro del genere la narcisata di Cesare Bolognini che comincia: “I par mè, sgnàr Libèri”.
Lo stesso Trebbi , nel 1907, recuperò una di quelle musiche, sulle quali scrisse un perfetto esemplare dal titolo “Bulàggna la grassa”.
Ai giorni nostri, la tradizionale maschera di Narciso è stata recuperata da Luciano Manini, attore e profondo conoscitore della realtà  rurale.
Nel 1926, Gigèn Salèina ( il conte Luigi Salina, di buona cultura e distinto musicista), aveva composto e pubblicato una canzone su parole di Alfredo Testoni intitolata “na nòt sunadaur“; un’altra ne aveva musicata alla fine del 1881 per la “Strenna 1882” del periodico “Ehi, ch’al scùsa”: “La Scuffiarenna”. La medesima strenna del 1884 pubblicava una canzone musicata da Guglielmo Zuelli (ancora su parole di Testoni, che firmò con il noto pseudonimo di “Tisento”), dal titolo Funiculì, funiculà che , richiamando così l’omonima canzone napoletana di Luigi Denza, satireggiava la funicolare sperimentata in quegli anni fra il Meloncello e San Luca.

Sono fatti isolati: si è tuttora concordi nel riconoscere che la canzone bolognese nacque con Carlo Musi (1851-1920), attore e creatore di gustosi monologhi che recitava nell’intervallo tra la commedia e la farsa. Per puro caso, nel 1882, si improvvisò autore di canzoni, scoprendosi una vena inesauribile che produsse fino al 1917 ben 67 brani di cui la maggior parte sono una cronaca quasi giornalistica della vita cittadina.
Dalla prima, la famosa “L’ èra Fal”, in cui mette alla berlina le entusiastiche intemperanze di tale Faccioli, che andava in estasi dinanzi ai virtuosismi della cantante lirica Antonietta Fricci, Musi descrisse personaggi e fatti di schietto stampo petroniano. Parlò dell’abbattimento delle torri emerse durante gli sventramenti operati per allargare via Rizzoli, dell’allargamento della cinta daziaria, della tassa sui teloni dei negozi, fino alla polemica sulle divise degli impiegati postali , che lo interessava direttamente, essendo egli uno di loro. Musi incarnò il tipo di petroniano allegro e amante del bel vivere, illudendosi per lungo tempo di poter campare facendo l’attore dialettale, sempre di buon umore nonostante le ristrettezze in cui si dibattè per anni.
Possiamo quindi considerare Musi l’iniziatore della canzone bolognese.

 FAUSTO CARPANI