Filippo Mastellari, il pittore errante che da Argile portò la sua arte nel Nuovo Mondo. Magda Barbieri

Singolare è la storia di Filippo Mastellari, unico pittore in una famiglia di
muratori per generazioni e in un paese che di artisti non ne aveva
mai avuti. Un pittore che fece i suoi studi e le prime esperienze di
lavoro a Bologna, per finire poi emigrante errabondo in alcuni paesi
del Centro America, dove lasciò alcune opere importanti, anche se
qui da noi finora sconosciute. Potremmo quasi definirlo, fatte le
debite proporzioni, il pittore dei due mondi, prendendo
a prestito una definizione abitualmente riferita a Garibaldi, l’eroe
risorgimentale che lui ammirava.
La sua vicenda umana ebbe inizio a Castello d’Argile,
quando nacque, il 25 maggio 1849
,
da Benedetto e Annunziata Mazzacurati, e manifestò fin dai
primi anni buona disposizione per la pittura, tanto che il padre,
muratore tra i più attivi in paese, volle sostenerlo e aiutarlo in
questa sua attitudine, mandandolo a studiare in scuole specifiche per
conoscere la tecnica pittorica, dapprima (nel 1862, a 13 anni) presso
Raffaele Cavalieri, un maestro privato di Cento, cittadina vicina dove l’arte della
pittura era coltivata per antica tradizione e dove erano nati il
Guercino, i Gennari e altri grandi maestri nei secoli precedenti.
In quell’anno a Cento si
stava ultimando la decorazione del nuovo Teatro comunale, che Filippo
sicuramente avrà potuto vedere e ammirare, portandone con sè il
ricordo. Poi Filippo fu mandato all’Accademia delle Belle Arti a
Bologna, cosa assolutamente eccezionale per gli abitanti di questo
paese e per una famiglia di modestissima condizione sociale come la
sua.
Non disponendo di mezzi
economici sufficienti per mantenere il figlio agli studi, il
capomastro Benedetto, che pure in quegli anni aveva lavorato per la
costruzione della nuova chiesa di Argile (ma aveva anche altri figli
da mantenere), chiese alla nuova amministrazione comunale, insediata
dopo l’Unità d’Italia, un sussidio per contribuire a pagare le spese
di affitto e del costo della vita in città, dove Filippo dovette
trasferirsi per poter frequentare l’Accademia, non essendoci a quei
tempi mezzi di trasporto che permettessero di recarsi quotidianamente
a Bologna e tornare a casa.
La Giunta e il Consiglio approvarono la sua richiesta,
confidando sulle buone qualità del ragazzo
e sperando quindi di poter vantare in futuro finalmente un
artista nativo di questo paese, privo fino ad allora di qualsiasi
personaggio locale che si fosse distinto nell’arte o nella cultura.
Il fanciullo “mostra buonissima disposizione e dà speranza
d’ottima riuscita benchè in tenera etԝ fu scritto nel
verbale di Giunta del 22 agosto 1862. Gli fu concesso, solo per
quell’anno un contributo di lire 5,32 mensili; poi, quando cominciò
a frequentare l’Accademia a Bologna, un contributo di lire 33,33
mensili, con delibera rinnovata di anno in anno fino al 1873.

Filippo in Accademia. apprezzamenti e premi (1864-1873)
Dai registri dell’Archivio dell’Accademia di Bologna risulta che Filippo iniziò
la frequenza a 15 anni di età, nel 1864,
iscrivendosi ai
Corsi di “Elementi di Figura” e di “Elementi di
Architettura.” L’anno seguente frequentò anche il Corso di
Anatomia; nel 1866 aggiunse anche lo studio della “DecorazioneAnatomia
“e Sala delle statuePittura e Prospettiva”. Nel 1869 si cimentò di
nuovo nello studio di “Scultura e Pittura”, per dedicarsi
poi nei 4 anni successivi solo al perfezionamento nella Pittura.2

Una preparazione completa
dunque, che diede anche subito buoni frutti, se fu premiato per
3 volte: nel 1866 ottenne il premio di prima classe
nella categoria di Seconda Classe per il Corso di Elementi
di figuraprima classe nel
Concorso Scolastico Superiore,
per il Disegno dalla Sala
delle statueNudo disegnato
nel Concorso Scolastico di Pittura, opera tuttora
conservata nell’Archivio del Gabinetto delle Stampe dell’Accademia
e qui riprodotta in foto. I relativi diplomi sono conservati
nell’Archivio storico comunale di Argile3 .

Incoraggiato da questi buoni risultati, dai premi ottenuti e dagli ottimi giudizi dei suoi
insegnanti, nel gennaio 1869, il padre Benedetto chiese un aumento
del sussidio, spiegando che quello fino ad allora concesso non era
più sufficiente al mantenimento agli studi a Bologna di Filippo,
trovandosi così nella “dolorosa circostanza di veder troncato
sul più bello la carriera del figliolo suo sì ben incominciata”.
Ma il Consiglio, nella seduta del 13 aprile, respinse la richiesta,
ritenendo sufficiente l’importo del sussidio in corso. La situazione
economica della famiglia era oltremodo difficile, se Benedetto, il 22
novembre dello stesso anno, tornò a “supplicare fervorosamente”
i consiglieri comunali di concedere un aumento del sussidio mensile,
chiedendo anche di anticipare la somma di tre mesi da scontare poi
nei mesi estivi dell’anno seguente. L’urgenza di avere un po’ di
denaro gli veniva dal fatto che “il signor professore di
Pittura, dirigente l’insegnamento superiore nell’Accademia… ha
mostrato vivo desiderio che Filippo, figlio del ricorrente, cominci a
dipingere ad olio e faccia piccoli lavori per impratichirsi nel Arte;
ma finora il suddetto giovane non ha potuto obbedire al suo maestro
col comprarsi i colori necessari, i pennelli, la tela ed altro, per
la ristrettezza in cui è obbligato a vivere lui e la sua
famiglia…..”

La supplica era accompagnata da una nota di appoggio dello stesso professore di
Filippo, Antonio Puccinelli  suo “maestro di Pittura
(
1822-1897, valente pittore  già docente  all’Accademia di Belle Arti di Firenze e legato al gruppo dei “macchiaioli
)***
 La Giunta, interpellata in proposito si rimise al volere del Consiglio; parere
che fu negativo.
Negativo fu anche l’esito
di una richiesta, avanzata nel 1872 dallo stesso Filippo, che,
ormai al termine del suo percorso di studio, desiderava cimentarsi
nella realizzazione di un’opera non più solo scolastica, ma
destinata ad essere esposta al pubblico.

L’occasione giusta gli sembrò quella che veniva dai lavori in corso nella nuova chiesa di
Argile, inaugurata nel 1863, ma ancora da completare all’esterno e
all’interno. Era stata appena ultimata, nel 1872, la facciata, e
ancora mancava una pala d’altare importante
Ecco allora cosa scrisse
il ventitreenne Filippo in lettera indirizzata alla Giunta il 10
novembre 1872: “Dotati dallo spirito di nobile cuore, le SS. LL. avranno caro che un giovane
giunto all’età in cui si rimane in balia di se stessi, senta il
bisogno di sperimentarsi con un primo lavoro, dal quale gli venga
indicato di quale luce per lui sarà illuminato l’avvenire.

Tale è il sottoscritto,
già da tempo sussidiato da questo benemerito Comune acciò apparasse
la pittura, che sapendo avere la Chiesa
parrocchiale di Argile somma necessità del quadro principale
rappresentante S. Pietro, fissò nella mente di provarsi appunto su
quel lavoro, quand’anche arduo ed intricoso. Ne feci cenno al Signor
arciprete, il quale accettò di buon grado la propposta, mostrando
desiderio grande di porre tale ornamento alla nuova Chiesa,
osservando in pari tempo al sottoscritto stesso, che le grandi spese
poc’anzi avute per la costruzione della nuova facciata, lo rendevano
incapace poter disporre la somma necessaria al provvedimento di
materiali per l’esecuzione di detto quadro.
Il sottoscritto pertanto, dietro certificato del Sig. Arciprete, prega caldamente le
SS. LL. acciò vogliano concedergli detta somma anche a titolo
d’imprestito, dichiarando restituirli quando venisse meno
all’impresa. Abbisognando adunque tela
in propposito, telajo, colori, uomini abili a modello da pagarsi a
tempo, fogge o costumi dei tempi di S. Pietro, essendo il quadro
storico e finito di molte figure, è necessario la somma di lire 300.
Sia osservato alle SS.
LL. che da una sola deliberazione può dipendere la sorte di un
giovane.
Sperando di essere dalle SS. LL favorito, il sottoscritto gli anticipa i più vivi
ringraziamenti. Mentre con tutta stima e osservazione si dice delle SS.LL. II.
Servo devotissimo
Mastellari Filippo”

In sostegno della richiesta di Filippo si impegnarono anche alcuni suoi insegnanti in
Accademia, a cominciare dal Prof. Antonio Muzzi,
autorevole docente dell’Accademia e pittore già noto e apprezzato,
che, in data 23 novembre, su carta intestata dell’Accademia, scrisse
al Sindaco di Argile che  “Richiesto dal Sig. Filippo Mastellari
di un Certificato comprovante la di Lui frequenza e progresso nei tre
anni che studiò alla mia Scuola Elementare di figura, io non posso
che assicurare le SS. Loro che il suddetto giovine molto approfittò
e si distinse, facendone fede un premio ottenuto quando fece il
concorso dal rilievo.
Ora mi gode l’animo di
potere riconfermare quanto sopra ho asserito e mi pregio con tutta
osservanza dirmi delle SS. Loro Illustrissime Umilissimo Servo”.

Questa lettera era
accompagnata anche da un’altra, firmata dal prof. Giulio Cesare
Ferrari,
il quale, in data 15 novembre 1872, scrisse
” Richiesto d’un certificato di buoni portamenti e di profitto
nello studio del disegno dal mio scolare Mastellari Filippo, il quale
nell’anno 1868 riportava il premio nella mia scuola del disegno delle
Statue, per il quale premio passò alla scuola di pittura; io glielo
rilascio amplissimo; e per la verità  assicuro ch’egli non solo
ottenne quel premio, perchè superiore ai suoi compagni di studio, ma
nel tempo ch’io me l’ebbi scolare fu¹ per ogni rapporto
commendevolissimo. In fede di che pongo la mia firma”.

Queste lettere furono
seguite anche da una certificazione del 18 dicembre 1872, su carta
intestata della Regia Accademia Centrale delle Belle Arti
dell’Emilia di Bologna, firmata dal Supplente del
Direttore, che attestava il percorso di studi di Filippo anno
per anno e che concludeva con il giudizio “che desso ha le
disposizioni opportune per divenire buono artista e che si ha luogo
di ritenere che, mostrando assiduità  possa completare in Accademia
la sua educazione artistica nel termine di uno o due anni”.

Dal canto suo il parroco
aveva già espresso con lettera del 30 ottobre, la sua disponibilitÃ
ad accettare ” ben volentieri un quadro rappresentante S. Pietro
da porre nella cappella maggiore”, eseguito da Filippo
Mastellari. Ma faceva anche rilevare che “l’Amministrazione
della parrocchia al presente non poteva più¹ fare alcuna spesa,
avendo nell’anno scorso costruita la nuova facciata della Chiesa ed
essendovi da farsi lavori più¹ necessari”4.

La risposta della Giunta
troncò il bel sogno di Filippo, sia pur addolcendo la
pillola con la conferma del solito contributo annuale per gli anni
1873 e 1874, per consentirgli di completare gli studi in Accademia.
In una nota dell’assessore Candi a nome della Giunta, del 17 gennaio
1873, si legge infatti che “in vista dei lodevoli certificati
presentati dal Mastellari”, la Giunta proponeva al Consiglio
che accordasse il solito sussidio. Ma quanto all’istanza delle 300
lire per pagargli le spese per i materiali per realizzare il quadro
di S. Pietro, si rimetteva al giudizio del Consiglio stesso,
avvertendo però che “non ci sono fondi in proposito”.

Svanita la speranza di questa prima occasione di lavoro artistico per il proprio paese,
Filippo continuò a frequentare l’Accademia nel 1873, poi di lui si
perdono le tracce. Non risulta sia stato chiamato e sia intervenuto
nell’esecuzione degli affreschi sulla volta della sala del Consiglio
e in altri vani del nuovo Municipio di Argile, inaugurato nel 1874 e
completato in anni seguenti. Municipio della cui costruzione aveva
avuto l’appalto e la responsabilità dell’esecuzione il padre
Benedetto.
Non si capisce perchè il Comune, che aveva sovvenzionato gli studi artistici di Filippo, non
gli abbia dato l’opportunità di dipingere a fresco i soffitti del
nuovo Municipio (nessuno è profeta in Patria…?)

Filippo professore(?) a Bologna (1873-1889)

Non si sa che cosa abbia
fatto Filippo nei 16 anni anni successivi all’uscita dall’Accademia
per mantenersi a Bologna, nonostante si sia cercato su ogni possibile
fonte.
Si può solo ipotizzare che
abbia lavorato come aiuto in qualche opera dei maestri che lo avevano
conosciuto e apprezzato in Accademia. Nel qual caso la sua firma non
poteva comparire. Il suo nome non è citato in
nessuno dei testi che riferiscono della pittura bolognese della
seconda metà dell’Ottocento, né l’abbiamo trovato nei testi che
riportano gli autori di affreschi e decorazioni di palazzi signorili
e chiese di quel periodo. Anche se, va detto a giustificazione della
mancanza, succedeva spesso che non venissero indicati i nomi dei
decoratori e dei pittori, se non erano considerati importanti e non
avevano qualche appoggio autorevole.

Da alcune lettere del
sindaco di Argile, emerge che Filippo era chiamato col titolo di
professore, il che fa presumere che desse lezioni in
materia artistica, o avesse un incarico di insegnante in qualche
scuola d’arte o d’altro genere. Ma esperienza di lavori in pitture a
fresco
, se pur poco gratificanti e mal retribuiti, deve averne
fatta se poi fu chiamato per un importante lavoro all’estero e lui
decise di accettarlo.

Dai registri dell’Anagrafe
storica del Comune di Bologna, più volte esaminati, risulta solo
confermata la sua qualifica di pittore e la sua
residenza, presso diversi titolari di casa, non si sa se proprietari
o affittuari che lo ospitavano in sub-affitto. Dal novembre 1864
abitò in via Mascarella 1497 presso Olimpia Poggi; dal 1865 al 1878
è stato in via Lame 23 in casa di proprietà di Rimondi Antonio. Dal
1878 al 1883 ha abitato in via Schiavonia 8, poi è tornato per circa
un anno nella casa di via Lame. E, infine, dal 1884 al 1889 è stato
in via Albiroli 3, in casa di un tal Mezzetti.

Dopo di che sappiamo
solo, da documentazione in Archivio comunale di Argile, che chiese il
passaporto per poter emigrare.

Porta la data dell’8 dicembre 1889 una richiesta della Questura di Bologna
che chiedeva al Sindaco di Argile, dove Filippo era nato ed era
conosciuto, il nulla osta, ovvero se non c’erano validi
motivi che potessero contrastare il rilascio del passaporto al
“pittore Mastellari Filippo, di Benedetto e della fu
Annunziata Mazzacurati, nato ad Argile e dimorante a Bologna, di anni
40, che intendeva recarsi in America del Sud”
. Il nulla
osta del sindaco di Argile fu dato subito, il giorno dopo, 9
dicembre, con una breve comunicazione in cui, oltre ai dati
anagrafici, si riferiva che il pittore Filippo Mastellari era stato
“riformato” dal servizio di leva “per difetto di
ampiezza del torace”
5 (affermazione che forse non corrispondeva del tutto al vero, se
il nudo virile da lui disegnato per l’Accademia a 19 anni era un
probabile autoritratto, per la somiglianza del volto e forse perchè
non aveva i soldi per pagare un modello da tenere in posa.).

 Da Bologna a Bogotà per affrescare il plafond del Teatro nazionale
della capitale e insegnare pittura e disegno alla Escuela Nacional de Bellas Artes.

Filippo partì dunque per Bogotà , dove si sistemò, probabilmente presso
il fratello Amadeo muratore, arrivato l’anno prima, e dove ebbe
subito modo di impegnarsi in un lavoro prestigioso: la pittura a
fresco del plafond del nuovo teatro che stava sorgendo al posto
del vecchio Maldonado (già Coliseum
Ramirez), che nel 1885 era stato espropriato con Decreto
del Governo e acquisito per demolirlo e sostituirlo con un nuovo
edificio, destinato ad essere proclamato Teatro Nazionale.
Il Teatro doveva essere terminato e inaugurato nel 1892 per la
celebrazione dei 400 anni dalla scoperta dell’America e
per questo sarebbe stato dedicato e reintitolato a Cristobal Colòn6.

Va spiegato che la Colombia,
così chiamata come nazione autonoma, nacque nel 1886
, dopo
decenni di lotte interne e la separazione da una precedente
Federazione denominata Grande Colombia, comprendente
anche Ecuador e Venezuela, fondata da Simon Bolivar nel
1822-1830, dopo aver ottenuto l’indipendenza dalla Spagna”
federazione che fu ben presto smembrata e divisa. Dal 1839
al 1884 il paese fu caratterizzato da molta instabilità e si
produssero una serie di disastrose guerre civili, cambi di governo e
di nome.
La Colombia come nazione e Repubblica, con una sua Costituzione approvata nel 1886,
stava dunque costruendosi una propria identità, proprie strutture
istituzionali e propri simboli; e in questa costruzione l’apporto
della cultura italiana e di emigranti italiani fu importante e bene
accetto.

Perché l’incarico per l’affresco nel nuovo teatro sia stato assegnato proprio a Filippo
Mastellari non si sa. Probabilmente fu raccomandato forse dal
fratello Amadeo che potrebbe aver lavorato alla costruzione come
muratore, o da qualcuno dei suoi maestri bolognesi che era in
contatto o conosceva l’architetto Pietro Cantini (Firenze
1847- Bogotà 1929) incaricato dal Governo Colombiano di dirigere e
completare i lavori di costruzione e decorazione del Teatro
Nazionale.

Si legge infatti nella
storia del Teatro Colòn (pubblicata sul sito del
Governo) che nel 1889 erano terminati i lavori di muratura ed erano
già state eseguite, o almeno progettate e disegnate, molte opere di
decorazione per mano di Luigi Ramelli, ornatista, e
Cesare Sighinolfi, scultore, scelti appunto dal Cantini
e arrivati in Colombia nel 1884, partendo da Firenze, dove si erano
formati nella locale Scuola di Belle Arti.
L’architetto Cantini – è scritto nel succitato
articolo – si era anche messo in contatto con Antonio Faccini,
pittore di paesaggi e scenografie, che si era stabilito a Bogotà con
suo fratello Giovanni, e insieme avevano uno studio fotografico
intitolato Fratelli Faccini, con lo scopo di presentare la
proposta al Governo e mediante un contratto potessero far giungere
gli artisti per la decorazione con pitture ad affresco e per altri
elementi decorativi necessari al teatro..

Il Faccini doveva far arrivare fino a Bogotà gli artisti necessari per le pitture dei
plafoni di platea, salone di ingresso, sale di attesa, concerti,
palchi ecc. ospitandoli in casa sua e facendoli tornare in Europa non
appena terminati i loro lavori…

Le date del rilascio del passaporto del nostro Filippo Mastellari a
Bologna e del suo arrivo in Bogotà dopo circa 3 mesi, corrispondono
ai tempi allora necessari per le pratiche e il viaggio; e questa
coincidenza ci libera dal dubbio che potesse trattarsi di un omonimo
proveniente da Firenze, come gran parte degli artisti che lavorarono
nel teatro di Bogotà. Ipotesi inizialmente avvalorata dal fatto che
il testo pubblicato sulla storia del Teatro Colòn indicava Firenze
come città d’origine di Filippo Mastellari. Gli omonimi non
mancavano tra i Mastellari, parenti e non, nella stessa Bologna.

Riprendiamo quindi il racconto tratto dalla storia del teatro sopra citata:

“Filippo Mastellari distribuì nell’area centrale del plafone dove si appoggiava il
lampadario, seguendo la circonferenza sei spazi irradiatesi a forma
di ovali con la parte stretta verso il centro e quella larga verso il
perimetro della sala. Ognuno di questi spazi fu decorato da un ornato
composto da un pilastro, foglie, rosoni e un mascherone, tutti
sottolineati da cornici, tutti dipinti a tempera, collocando nella
parte periferica corrispondente alla base una fioriera con rose.
Esternamente a questo circolo e disposti strategicamente dipinse dei
tralicci a guisa di palco con le rispettive cortine. Questo ultimo
accorgimento nell’insieme della prospettiva del plafone visto dal
basso dava la sensazione di un “bersò”. Di fronte al centro
dipinse lo scudo nazionale colombiano commettendo però l’errore di
collocare il Condor che lo corona con la testa rivolta a sinistra
anziché a destra. Come deve essere. Lo scudo è contornato da fiori
e negli angoli laterali vicino alla scena da allegorie della Musica.
Negli spazi ovoidali dipinse sei delle nove Muse, così:
Clio, coronata d’alloro
con una penna nella mano destra intenta a scrivere la Storia.
Calliope, nella sua eloquenza come una giovane in atto di recitare un testo con lo
sguardo rivolto all’Infinito.
Melpomene, pensierosa
sulla sua tragedia appoggia il piede sopra il vino rovesciato mentre
sostiena con la mano destra il libro del Sapere e la Spada.
Euterpe, la Musica nell’atto di suonare la trombetta.
Talia, con maschere e cimbali sostiene il libro della Commedia nelle sue mani.
Polibia, la Poesia con la lira.
Non si poterono dipingere
per mancanza di spazio Tersicore, che rappresenta la Danza, Erato e,
Urania, l’Astronomia.
In questo modo si compose
un gruppo pittorico di gran gusto il primo nel suo genere nel nostro
Paese. La elaborazione dei teloni della scena fu affidata all’artista
Giovanni Menarini.
Per la decorazione e
pitture del soffitto della galleria o balconata e dei palchi si
adottarono una serie di figure geometriche di fregi e cornici.
Sfortunatamente il overno ebbe dei problemi finanziari per cui non fu in grado di
corrispondere il denaro dovuto per cui i lavori furono sospesi senza
portare a termine la decorazione del salone d’ingresso, dei
concerti e del foyer
La pittura delle parti
terminate si concluse alla fine del 1891 e sei mesi dopo il Governo
non aveva ancora potuto pagare al Sig. Faccini la terza ed ultima
rata convenuta”

Il Teatro Colon, in Calle 11, fu inaugurato il 26 ottobre 1895 con la rappresentazione
dell’opera lirica Ernani di Giuseppe Verdi.

Non possiamo addentrarci
più di tanto nelle valutazioni stilistiche dell’opera di Filippo
Mastellari, non avendola vista dal vivo, e quindi ci rimettiamo a
quelle dei testi del Ministero della Cultura Colombiano. Possiamo
solo ipotizzare che Filippo si sia ispirato ai modelli di plafond
affrescati nei “teatri all’italiana” che aveva visto nel
bolognese e zone limitrofe, negli anni precedenti la sua emigrazione.
In particolare, quelli realizzati dal suo maestro Antonio Muzzi
nel Teatro comunale di Bologna e a S. Giovanni in
Persiceto. E’ probabile che già allora il Filippo ragazzino studente
a Cento, abbia avuto modo di conoscere il Muzzi, che fu poi suo
maestro, che lavorava per il Teatro locale.

L’opera di Filippo Mastellari è tuttora considerata di grande pregio e il
nostro pittore viene citato insieme agli altri artisti che lavorarono
nel Teatro Colòn; Teatro che è stato dichiarato Monumento
Nazionale nel 1975. Attualmente ha una capienza di 923 posti.
Lo scorso anno, 2010, questo Teatro è stato oggetto di importanti
interventi di ristrutturazione per l’esigenza di adeguarlo ai più
moderni sistemi di sicurezza antisismica e antincendio. Ma si è
avuta molta cura perché il restauro conservasse le caratteristiche
artistiche originali di
“teatro all’italiana”.
Estas profesionales
de la restauracò trabajan durante horas, subidas en un andamio,
en una bellissima pintura del italiano Filipo Mastellari…..
è scritto in un articolo di un redattore de El Tiempo 7che
dava notizia dei lavori nel febbraio 2010 – “Para este trabajo y
en general para la restauraciòn fue contratado el mexicano Rafael
Rincón Calixto, quien es especialista en arquitectura teatral.
También la firma Akusticks para la acústica del escenario y el
ingeniero colombiano Harold Muñoz, encargado del reforzamiento
estructural. Encaramadas
en un andamio, un equipo de expertas vestidas de overol azul
‘rejuvenecen’ con paciencia el plafòn principal, obra del

maestro Filipo Mastellari y
que representa seis de las nueve musas: Clío, Euterpe, Talía,
Melpóneme, Polimnia y Caliope…


Per completare
l’informazione riportiamo anche parte di quanto è scritto nel
“Diccionario de Artistas en Colombia- Fecha de publicaciòn:
1965-01-01. Autor: Ortega Ricaurte,
Carmen, 1926- Editorial: Eds. Tercer Mundo8,
“alla voce MASTELLARI, Felipe (Pintor)
S. XIX. Nació en Florencia, Italia.
1881. Llegó a Bogotá,
contratado por el Gobierno Nacional, para colaborar en la decoración
del Teatro de Colón de esta ciudad.
1882. Pintó el Plafond del Teatro de Colón. Allí presentó un grupo de seis musas
colocadas alrededor de la lámpara central. En este trabajo fue
ayudado por José Meranini quien ejecutó las decoraciones.
1883. Debió regresar a Italia en donde probablemente murió.
Es muy poco lo que sabemos de la vida de Mastellari, pues los historiadores del Teatro
de Colón apenas si han mencionado su nombre. “

Dunque anche in questo
dizionario si attribuisce erroneamente a Filippo la nascita a
Firenze,
forse perchè gran parte degli artisti che
lavorarono al teatro di Bogotà venivano da quella città. Ma si
riconosce anche che nulla si sapeva della vita di questo
pittore
e si avanza l’ipotesi che nel 1893 (la date 1881/83
sono chiaramente frutto di un refuso tipografico) fosse tornato in
Italia. Invece sappiamo da documentazione certa che si era
spostato a Cartagena e poi in Messico.
Ma
questo i compilatori del dizionario e degli altri testi non potevano
saperlo.

Ad escludere l’esistenza di un altro pittore omonimo fiorentino, sta
il fatto che non ne risulta traccia in un alcun testo enciclopedico o
elenco di artisti fiorentini, per quanto si sia cercato.
Ma a questo punto della
storia però resta il buio su cosa avesse fatto, e dove, dopo quel
lavoro importante ma non pagato, o forse pagato solo in parte, nel
Teatro Nazionale di Bogotà.
Sappiamo dalle Cronache
di Bogotà
di Pedro M. Ibáñez ch
e dei padri salesiani
erano arrivati a Bogotà nel 1889, nello stesso anno in cui era
arrivato Filippo Mastellari, per dirigere la Scuola d’Arti e
Mestieri che si trovava nell’ex convento delle Carmelitane a
Bogotà. Può darsi che il nostro pittore abbia lavorato anche per
loro in quella scuola come insegnante; ma è solo un’ipotesi.
Come è una ipotesi,
avvalorata solo da ricordi di discendenti, che abbia dipinto il
ritratto di due cardinali.
*** Certo è invece che Filippo Mastellari insegnò  per qualche anno  pittura e disegno
nella “Escuela Nacional de Bellas Artes” di Bogotà
ed ebbe tra i suoi allievi Jesus Maria Zamora (1871-1918) altro pittore  importante del tempo
***

Non è ancora chiaro dove
si trovasse Filippo nel 1892, dopo aver terminato il lavoro al teatro
Nazionale. Dai ricordi dei discendenti, e da documenti (v. l’atto di
morte del figlio Josè) pare certo che Filippo si trovasse ancora a
Bogotà, dove conobbe e sposò Salomè Maecha Enciso, una
bellissima meticcia (di padre, Eustachio, spagnolo, e madre,
Maria Enciso, india), nata nel 1868 forse in Colombia o forse
a Colima in Messico. Esistono versioni contrastanti. La
documentazione anagrafica del tempo non dà molte certezze. Filippo e
Salomè si erano sposati quando la fortuna sembrava arridere alla
carriera artistica di Filippo, sull’onda della fama raggiunta per
l’affresco nel Teatro Colòn di Bogotà.

Nel 1892, ebbero un primo figlio, chiamato Josè, nome, che in italiano
corrisponde a Giuseppe, nome di Garibaldi, di cui Filippo era
ammiratore. Ma, dopo quei primi
momenti di gloria, forse fu difficile trovare altre buone occasioni
di lavoro in Colombia dove, evidentemente, ebbe ancora difficoltà,
come è emerso dalla lettera trovata in archivio comunale di Argile.
Porta infatti la data del 16 febbraio 1895 una
lettera del sindaco di Argile, Massimo Simoni, che così scrisse al
Vice Console Italiano a Cartagena in Colombia, per chiedere notizie di Filippo Mastellari9:
“
Da circa 5 anni fa il Prof. cav. Filippo Mastellari pittore, emigrava per Bogotà , da
dove si trasferì a Cartagena (Colombia) ed è da molto tempo che il
medesimo non da più  notizie di se. A nome del vecchio genitore del
detto Mastellari, prego l’E. V. Ill.ma, a darmi, con cortese
sollecitudine, tutte quelle notizie che del medesimo potrà
raccogliere. Con ogni distinta stima. Il sindaco”

Da rilevare, e decifrare,
gli appellativi abbreviati che il sindaco usò davanti al nome di
Filippo, che parrebbero significare Professore e, pare,
cavaliere. Non sapendo che cosa fece Filippo a Bologna
dopo la conclusione degli studi in Accademia, non siamo in grado di
affermare se si trattava di titoli realmente acquisiti in Italia, o di semplici
espressioni di cortesia usate dal sindaco per valorizzare il proprio
concittadino artista emigrato.***Ora però sappiamo, da informazioni recenti, che il titolo di professore spettava realmente a Filippo in quanto negli anni precedenti aveva insegnato a Bogotà nella Scuola Nazionale delle Belle Arti.***

La risposta alla lettera
arrivò, con data 26 marzo, dalla Reale Agenzia Consolare d’Italia
di Cartagena
, con firma di N. Emiliani, il quale scrisse:

“Al Senor Sindaco del
Comune d’Argile. Tengo en mi poder la at.a nota del N.° 257 de fecha
15 de Feb.° ultima en contestacion a la cual partecipo a Udque el
Senor Filippo Mastellari di Benedetto, se encuentra actualmente en
ceta ciudad, un poco infermo de una pierna. Me ha partecipado dicho
Senor, que no encuentra trabajo aqui y che se verà obligado a
cambiar de residencia, la qual parteciparà a su familia.. pronto lo
verifique, para indicar el lugar a donde se establezea. Con
sentimiento de distinguida consideracione me suscribo devoto S S.  N.
Emiliani.”

Dunque, nel 1895,
Filippo era certamente a Cartagena
, la città più importante
della Colombia dopo la capitale, sulla costa del Mar dei Caraibi, un
poco infermo in una gamba, senza lavoro e in procinto di trasferirsi
non appena lo avesse trovato. Prometteva che avrebbe dato notizia di
sé una volta che avesse stabilito la nuova residenza, comunicando il
nuovo indirizzo.
Per il periodo, successivo al 1895, c’è quindi ancora un vuoto nella
conoscenza della storia di Filippo.
Il fratello maggiore Giuseppe, emigrato anche lui a Bogotà nel 1892,
insieme al nipote Eroldo, figlio dell’altro fratello Vito, era
tornato poco dopo in paese a fare l’oste e il bottegaio, portandosi
dietro anche il nipote. Evidentemente, dopo il momento di successo
del 1892, non si erano trovate a Bogotà altre buone occasioni di
lavoro per i Mastellari, Filippo, e i nuovi arrivati.
E’ probabile anche che il
suo spostamento da Bogotà a Cartagena sia avvenuto perchè lÃ
richiamato da una buona occasione di lavoro, forse insieme al
fratello muratore Amadeo, che però ha continuato a risiedere a BogotÃ
almeno fino al 1902, anche se si spostava per lavoro (come risulta da
una lettera del figlio Antenore *** su carta intestata del padre, definito “arquitecto constructor” con tanto di indirizzo anche telegrafico). Sempre nel 1902 Amadeo Mastellari fu incaricato della costruzione di un monumento funebre dedicato  al defunto ex presidente colombiano Manuel Murillo Toro e collocato nel cimitero centrale di Bogotà. Le cronache dell’inaugurazione  citano Amadeo Mastellari come architetto notabile e famoso (segnalazione recente dell’architetto colombiano Ruben Hernandez da “Inauguraciòn del Monumento à Murillo, Bogotà 1902)). ***
E’ certo anche che non lontano da
Cartagena, a Barranquilla,***il fratello Amadeo ha lavorato nel 1907 per
costruire l’ampliamento e la facciata della Chiesa di San Nicolas da Tolentino, come risulta da cronache in cui il suo cognome è però  storpiato in
“Masteralli***e da altra cronaca, la facciata di
Nuestra Segnora del Carmen di
Barranquilla, che fu inaugurata nei primi anni del 1900 (1904 o
1906).
Cartagena de Indias era una piccola, ma importante e antica, cittadina sulla
costa e in quegli anni si stava sviluppando, come la vicina
Barranquilla, grazie anche all’apporto di un gruppo di italiani
emigrati dalla Calabria e dalla Campania
10.

Filippo in Messico, a Publa ( tra 1895 e 1911), premiato e  molto attivo

Filippo imboccò comunque
altre strade per altre destinazioni, diverse da quelle del fratello
Amadeo, col quale non risultano più contatti.
Ricerche su internet hanno
portato alla individuazione dei rispettivi discendenti (la signora
Martha Mastellari Tucker, pronipote di Amadeo, in Georgia-USA) e di
Filippo (il dottor Marcos Mastellari Diaz, nipote di Filippo,
residente a Cuba); il che ci ha permesso di comunicare con loro **.
Dai loro ricordi e successive verifiche documentali, è emerso che Filippo lasciò la
Colombia per recarsi in Messico con la moglie e il piccolo Josè,
stabilendosi a Puebla de Zaragoza, in una casa di via
Pastora de Santa Clara n. 3, dove nacquero Nino il 10
novembre 1903, e Pia, il 27 luglio 1906.
Non si conoscono le date esatte dei trasferimenti di Filippo. Certo è
che il nostro pittore, sfuggito dalle miserie, dalle difficoltà e
dalle lotte politiche dell’Italia di fine Ottocento, si trovò in un
Centro America in grande fermento rivoluzionario, che per certi
aspetti forse lo esaltava, ma che non doveva rendere facile la sua
vita professionale di pittore, non più tanto giovane, con moglie e
tre figli da mantenere.

Per capire la difficoltÃ
della sua condizione, bisogna fare un accenno alla situazione
politica della Colombia a fine secolo, il cui nuovo governo nazionale
era ancora in fase di instabilità, e, tra il 1899 e il 1902 visse le
conseguenze di una dura guerra civile tra liberali e conservatori che
provocò la morte di 150.000 persone. Il potere fu
quindi conquistato dai conservatori (che lo mantennero fino al 1930);
ma subito dopo, nel 1903, subì anche il travaglio
della separazione di Panama, che si costituì in
Repubblica autonoma, dopo una insurrezione fomentata anche dagli
Agenti della Compagnia del Canale di Panama (in costruzione e
completamento in quegli anni), e sostenuta anche da intervento
militare degli Stati Uniti, che da allora ne fecero in sostanza un
proprio protettorato.

Ma, passando dalla Colombia
al Messico le cose non andarono meglio. Il Messico, ex colonia
spagnola, indipendente dalla Spagna dal 1810, dopo varie vicende
belliche, subì la lunga dittatura del generale Porfirio Diaz.
Dittatura che finì per esasperare la popolazione e portarla alla
rivolta, scoppiata nel 1911, ispirata da
Francisco Madero e
guidata militarmente da
Emiliano Zapata e Pancho
Villa.
Rivoluzione che portò dapprima alla presidenza
Francisco Madero, e poi alla sua morte poiché fu assassinato poco
dopo. Dal 1911 al 1917 una sanguinosa guerra civile travagliò
il paese; tra gli episodi più tragici è citata una strage che
avvenne nel 1911 proprio a Puebla dove Filippo risiedeva da circa un
decennio. Sfuggito alla guerra
civile della Colombia, si ritrovò in mezzo alla guerra civile
messicana
e questo forse lo costrinse a fuggire di nuovo per
salvare se stesso e la famiglia.

Stando ad alcune citazioni non precise, a Puebla Filippo avrebbe lavorato nella
Cappella del Rosario nella chiesa di San Domenico e nella
Cattedrale
, nel “Retablo de los Reyes”,
cupola e
altare dei re, affrescati secondo una impostazione e uno stile che
ricorda altri modelli di chiese italiane e artisti che Filippo aveva
certamente conosciuto prima di partire per l’America. Al modello di
base italiano, si aggiungeva poi nelle chiese del Centro e Sud
America una maggior ridondanza di decorazioni, dorature e colori,
derivata dall’influenza e dal gusto dell’arte del barocca spagnolo e
messicano. Si tratta di due importanti edifici religiosi la cui
costruzione è iniziata nella seconda metà del 1500 e i cui lavori
di completamento e abbellimento sono continuati nei secoli successivi
con apporti di vari artisti11

La sua opera in Puebla è
stata notata ed è citata in alcuni testi di storia dell’arte. Vera
Morales Perez
, docente e ricercatrice di Storia dell’Arte
nel Nuevo Museo Universitario Interactivo, ha scritto nella
rivista Heroica Puebla de Zaragoza, de diciembre de 2006, AnoAño
9, número 20, nel capitolo dedicato al periodo La modernidad
llega con nuevo siglo (1910-1990) Salas XIV – XVI – Los inicios del
siglo xx: 12

“.Junto
a ellas se presenta la serie Alegorías del
italiano
Felipe Mastellari
, quien
trabajó en Puebla en este período junto con el andaluz José Arpa,
y el catalán José Cusashs, intentando influenciar a la pintura
poblana para dar una renovación al ambiente artístico”

Dunque Filippo Mastellari
dipinse una serie di “allegorie” a Puebla nel detto
periodo di inizio secolo, e insieme all’andaluso Josè Arpa e
al catalano Josè Cusashs, influenzò la pittura di Puebla
favorendo il rinnovamento dell’ambiente artistico.
*** Puebla era la seconda  grande città del Messico e vi si trovava una Accademia delle Belle arti, fondata nel 1812, molto apprezzata e fucina di  generazioni di artisti. Vi era anche un “Circulo Catolico” che nell’anno 1900 organizzò una prima “Esposiciòn Nacional de Bellas Artes”, sul modello di quella  realizzata l’anno prima nella capitale, con una giuria composta da tre  prestigiosi artisti da essa provenienti.
Filippo Mastellari vi partecipò e vinse il primo premio nella sezione “ritratti”, ex equo con Juan Bernardet. Anche Josè Arpa Perea  partecipò e vinse altri due secondi premi in altre sezioni, il paesaggio e la composizione.
Nel recente studio di Monserrat Galì Boadella “Josè Arpa Perea in Messico. 1895-1910″ è scritto anche che l’italiano Filippo Mastellari eseguì per altre case di Puebla “p
itture simili” a quelle eseguite  da Arpa e presumibilmente da lui stesso, nell’edificio Serfin, palazzo signorile completamente decorato da pitture murali in ogni ambiente.
I due pittori lavorarono insieme anche  nella Casa Conde, dove si attribuiscono al Mastellari gli affreschi dei plafond delle camere da letto (op, cit. pag.254, 255, 256).
Anche Martha Fernandez, in un saggio del 2012, sottolinea il rilievo da to ai due pittori, l’italiano e il sevillano vissuti a Puebla nello stesso periodo, che lavorarono intensamente per la borghesia pueblana (vedi “
La Casa de Minerva. Arte e historia en el patrimonio edificado de la PUAB -Benemerita Universitad Autonoma di Puebla).***

Non è stato possibile
rintracciare finora la collocazione esatta delle tante opere
eseguite negli anni in cui visse a Puebla (dal 1895 al 1911 circa),
certo è, che a Puebla, nel 1903, Filippo  pubblicò un
saggio di geometria intitolato “Quadratura del Circolo”
,
in lingua spagnola, edito dalla Scuola Tipografica Salesiana
locale. Libro tuttora presente in alcune importanti biblioteche
americane: nella Library of Congress Washington, DC 20540
United States, nello Smithsonian Institution Washington, DC
20013 United States e alla Harvard University, Cabot Science
Library Cambridge,
MA 02138 United States).

*** Ma le tragiche vicende del
1911  a Puebla devono averlo convinto della
necessità di trovare lavoro e maggior sicurezza altrove. Da un dizionario di Edan Hughes intitolato “Artisti in California, 1786-1940risultano attivi  nel 1911 a Los Angeles sia Filippo che il figlio Nino (allora di 8 anni….ma forse si trattava del maggiore Josè, 19enne)
. Ma fu  residenza temporanea,  per una occasione di lavoro non precisata e funestata, pare, anche da un terremoto.
La guerra civile e le
persecuzioni che seguirono contro i salesiani probabilmente furono un
ulteriore motivo per andarsene definitivamente dal Messico
.***

Filippo a Cuba  (1910-1922)
Filippo Mastellari  si trasferì dunque di nuovo con la famiglia in un altro stato e scelse la città dell’Avana, nell’isola di Cuba. Anche della scelta di questa nuova destinazione non si conosce il motivo. Si può ipotizzare  un indirizzo venuto dagli amici salesiani che  furono costretti a lasciare il Messico e probabilmente  alcuni di essi andarono a Cuba, dove era già presente una loro comunità dalla fine dell’Ottocento.
Certo è che anche a Cuba la vita non deve essere stata facile per i Mastellari, padre e figli, per tutta la prima metà del 1900.
L’isola aveva ottenuto  l’indipendenza dalla Spagna solo nel 1902, dopo la guerra ispano-americana, iniziata nel 1898 con l’intervento USA ,che ne fecero poi un loro protettorato, impiantandovi basi commerciali e militari nella baia di Guantanamo, influenzando governi “fantoccio” di loro gradimento e impossessandosi a basso costo delle risorse economiche e delle piantagioni di canna da zucchero, caffè e tabacco.
Il malgoverno e le grandi diseguaglianze sociali determinarono quindi malcontento nella popolazione e movimenti rivoluzionari, a partire dal 1906, con scioperi, manifestazioni e conseguenti repressioni.
Gli italiani erano comunque abbastanza ben accolti anche per le precedenti e/o contemporanee e apprezzate presenze, temporanee o stabili, di Garibaldi (nel 1852) di Antonio Meucci (negli anni tra il 1835 e il 1850) e di Dino Pogolotti, emigrante italiano vissuto a Cuba dal 1898  dove costruì in intero quartiere per gli operai a Maranao, a nord ovest della capitale. A Cuba lavorarono tre famosi scultori italiani, Domenico Boni, autore del monumento ad Antonio Maceo, Aldo Gamba e Giovanni Nicolini, autori di altri monumenti ad eroi locali. A Cuba  visse tra il 1917 e il 1937 il dottor Mario Calvino, esperto di Scienze agricole, padre  della scrittore Italo Calvino che qui nacque.


E’ probabile quindi che la famiglia Mastellari abbia avuto contatti con la comunità italiana. Dai ricordi  del nipote, Marcos Diaz Mastellari, nato nel 1945 dalla figlia di Filippo, Pia (1906-1988)), ora medico illustre a Cuba,  emergono solo pochi particolari di quegli anni, non avendo lui mai potuto conoscere il nonno e basandosi solo sui racconti della madre.

Si sa quindi che Filippo continuò a lavorare come pittore in case e chiese, aiutato talvolta anche dalla figlia Pia, allora ragazzina, che però compì  altri studi e si impegnò in politica nel partito comunista, partecipando anche alla guerra di Spagna nel 1938 insieme al marito medico Luis Diaz Soto mentre i figli Josè (1892-1937) e Nino (1903-1973),  fondarono un laboratorio di pittura, specializzandosi nella realizzazione di vetrate artistiche, in cui si distinse in particolare Nino Mastellari, ricordato ancora oggi come “maestro vidriero”.

Filippo Mastellari morì l’8 marzo 1922. Nel suo certificato di morte è scritto che morì  a causa di malattia polmonare. Finiva così. all’età di 73 anni, l’avventurosa e tormentata vita di questo singolare artista, ben dotato e capace di opere apprezzate in Colombia e Messico, ma non molto fortunato e finora sconosciuto in Italia. Nato in una piccola località della provincia bolognese da una povera famiglia di muratori e morto in una lontana isola  caraibica, dopo aver attraversato oceani e terre impervie ed essere passato  attraverso tre rivoluzioni.

 Magda Barbieri

NB. I paragrafi  compresi fra gli asterischi *** e colorati di blu sono  frutto di un aggiornamento attuato nel febbraio 2015 e poi nel marzo 2016 in seguito a nuove informazioni

* Note, Bibliografia e siti internet usati come fonte sono leggibili per esteso nel libro di
Magda Barbieri “I Mastellari. Da Argile alle Americhe”. Storia di Filippo e Amadeo, un pittore e un muratore che varcarono l’oceano in cerca di fortuna. Cento 2011
libro dal quale è stato estratto questo testo, reperibile nelle biblioteche del bolognese.

Si indicano qui per ragioni di spazio solo i più recenti link  e  le fonti di informazione degli aggiornamenti aggiunti dopo la prima pubblicazione:

“Inauguraciòn del Monumento a Murillo”. Bogotà. 1902. Imprenta de LA CRONICA, Carrera 6, numero 271.
http://es.wikipedia.org/wiki/Jes%C3%BAs_Mar%C3%ADa_Zamora_%28pintor%29

http://albumfotograficodemirafloresboyaca.blogspot.it/2012/11/personajes-jose-ezequiel-rojas-ramirez.html

http://institucional.us.es/revistas/arte/13/12%20gali%20boadella.pdf

http://www.analesiie.unam.mx/pdf/67_173-181.pdf

 Fernández M. La casa de Minerva. Arte e historia en el patrimonio edificado de la BUAP. Elementos 86 (2012) 59-62

http://es.wikipedia.org/wiki/Iglesia_de_San_Nicol%C3%A1s_de_Tolentino_%28Barranquilla%29

ripreso da

http://barranquillaenelmundo.blogspot.it/2012/03/plaza-de-san-nicolas-de-barranquilla.html

** La comunicazione iniziale con i discendenti viventi di Filippo e Amadeo è avvenuta grazie alla collaborazione del sig. Alberto Raffaele Mosca