Elisa Agnini Lollini, una bella storia di donna, nata in provincia

Elisa Agnini Lollini,
Finale Emilia 1858- Roma 1922: una bella storia
La racconta Galileo Dallolio sull’ultimo numero di Piazza
Verdi, periodico culturale di Finale Emilia, predendo spunto da alcune biografie edite recentemente e in particolare
dal libro scritto da Silvia Mori “La dama del quintetto”
che racconta la vita e l’esperienza della finalese Elisa Agnini
in Lollini, sorella di Gregorio Agnini. La post-fazione è
di Anna Foa: entrambe le autrici sono sue discendenti.
E’ un’occasione per conoscere una serie di storie di donne di
grande interesse che, attraverso le quattro figlie: Olga,
Clara, Livia e Clelia,
arrivano ai nostri giorni.
Storie e foto sono leggibili nel documento allegato.
Mettiamo qui in evidenza in primo piano la biografia tracciata da
Giulia Galeotti sull’Osservatore Romano l’8
marzo 2012 che ne fa questa bella presentazione: “Elisa
Lollini nel romanzo storico della nipote scritto grazie ad un vecchio
baule di famiglia: La bisnonna delle femministe
”
«Non potrò
mai essere femminista dal momento che già lo fu mia nonna», disse
una volta, provocatoriamente, la partigiana combattente, giornalista
e storica Lisa Foa. Una nonna, Elisa, che gli storici conoscono, e
che ora il romanzo di Silvia Mori,” La dama del quintetto” (Ferrara,
Luciana Tufani Editrice
(* ) 2012, pagine 317, euro 13), presenta a tutti.
Nata nel
1858 a Finale Emilia
, a ventisette anni Elisa Agnini (bisnonna
dell’autrice) sposa Vittorio Lollini, avvocato e futuro
parlamentare socialista, dando vita ad un legame che porterà —
oltre alla nascita di quattro figlie — al rafforzamento vicendevole
delle grandi passioni civili e politiche: uguaglianza
nell’istruzione, nel lavoro e nelle opportunità. Fortemente
impegnati contro le discriminazioni che subivano i figli illegittimi,

i coniugi Lollini collaborarono attivamente all’abrogazione del
divieto di ricerca della paternità. Nel 1917, in un articolo
pubblicato sul giornale socialista «Uguaglianza», Elisa diede conto
dei diversi progetti presentati in Parlamento per riformare le norme
del codice civile: tra essi, v’era anche quello, innovativo e
audace di Vittorio, che, in nome del principio di responsabilitÃ
(«la quale deve essere l’anima della nuova morale sociale»),
chiedeva la libera indagine finanche per adulterini e incestuosi. Un
autentico azzardo per l’epoca (ovviamente la proposta fu respinta),
ma almeno il tema aveva ricevuto pubblica attenzione. Un risultato
importante, però, venne raggiunto: Elisa riuscì a ottenere
dall’allora ministro Bissolati che sussidi e pensioni venissero
estesi anche alle madri laddove il figlio naturale fosse morto in
guerra.

Per tutta la
vita Elisa Lollini si batté in difesa dei bambini e delle donne.
Svolse un ruolo di primo piano in molte associazioni femminili, come
nella Pro Suffragio e nella Associazione per la donna
(di cui fu tra le fondatrici). Era convinta che le ingiustizie
perpetrate contro le donne si potessero combattere e sconfiggere solo
riconoscendo loro diritti politici, civili e nel lavoro (a eguale
prestazione, eguale compenso) pari a quelli di cui godevano gli
uomini. Va anche ricordato il suo impegno pacifista (nel 1896,
ad esempio, chiese il ritiro delle truppe italiane dall’Africa), in
anni in cui la pace era tutto fuorché di moda.
Come spiega
nella ricca postfazione al romanzo Anna Foa (altra nipote della
protagonista), La dama del quintetto è stata scritta partendo dal
ritrovamento di lettere, diari e documenti in un baule di famiglia
custodito in cantina. Passione politica, impegno sociale, avventure,
sconfitte, sogni, amicizie e amori: il romanzo di Silvia Mori lega
insieme storia e fantasia nell’Italia dei primi del Novecento, con
una narrazione che va dal Primo maggio 1891, all’omicidio Matteotti
(giugno 1924). In mezzo, un trentennio di storia italiana attraverso
lo sguardo di una famiglia battagliera, la cui quotidianità —
accompagnata dalla frequentazione di Costa, Turati, Montessori,
Nathan e D’Annunzio — fu, al contempo, speciale e comune.
L’aspetto più
interessante del racconto di Silvia Mori, però, è la sua capacitÃ
di fornirci il ritratto delle femministe dell’epoca. Donne simili
ma anche molto diverse dalle loro bisnipoti degli anni Settanta.
Insofferente di
fronte alle ingiustizie, caparbia, battagliera, totalmente dedita
alla causa e a rendere le figlie le prime beneficiarie di quanto
andava predicando (tre si laureeranno in materie scientifiche e una
in giurisprudenza), Elisa — impegnata a favore di un tema fuori
dalle regole come l’illegittimità — fu però sempre una donna
borghese attentissima ai comportamenti sociali, e a chi frequentasse
la sua casa. Aveva qualche riserva verso il sigaro di Anna Kuliscioff
e non approvava la scelta di Maria Montessori, che aveva abbandonato
il figlio avuto fuori dal matrimonio.
Il femminismo
italiano a cavallo tra Ottocento e Novecento fu anche questo: donne
battagliere e propositive, femministe a tutto tondo nella
consapevolezza e nelle richieste rivoluzionarie, che rimasero però
donne borghesi del loro tempo”.

(*) Luciana Tufani, nata a Trieste, vive da anni a Ferrara dove ha fondato e dirige il Centro Documentazione Donna. È editrice della rivista Leggere Donna. Ha ideato e organizza la Biennale dell’umorismo “Le donne  ridono”