Animismo, fonte di tutte le religioni?

Note sulle religioni dei popoli prima e dopo la diffusione del Cristianesimo a cura di Magda Barbieri
1) ANIMISMO

Si può cominciare da questa definizione, anche se non è una religione
vera e propria, e non è legata ad un popolo o ad un profeta in
particolare.
Animismo è denominazione recente, attribuita ai culti
primitivi
che
venivano, e vengono praticati ancora oggi, da alcune tribù o
popolazioni, in Africa, in America latina o in isole sperdute negli
Oceani.

E’ stato peraltro rilevato che anche alcune popolazioni dei suddetti
continenti, pur convertite al cristianesimo o all’islamismo nei
secoli scorsi da missionari e da conquistatori, continuano a venerare
i loro idoli e a praticare vecchi e nuovi riti e culti nei quali
sopravvivono credenze di tipo animistico, a volte rinominati e
associati a immagini della religione importata, o imposta e
accettata, con commistioni e sincretismi.
Ma anche nelle religioni più complesse e strutturate, politeiste e
monoteiste, che si sono radicate e sviluppate nelle civiltÃ
mediorientali, asiatiche ed europee, è rilevabile la permanenza di
elementi o influssi di tipo animista.
L’animismo
si fonda sull’idea di un’anima, o spirito vitale, presente in tutte
le cose della natura: terra, acqua, fuoco, astri, animali, piante,
oggetti e uomini, vivi o defunti.

Tanti
erano i riti che accompagnavano tutte le stagioni, della natura e
della vita umana. Ogni tribù, ogni villaggio aveva ( e spesso ha
ancora) i suoi
feticci,
maschere o
totem
da venerare e
stregoni,
o
sciamani,
o
santoni
(uomo o donna) che amministrano i riti e le cerimonie per
propiziarsi gli spiriti, buoni e cattivi, o uno o più dèi, o un
Essere Supremo
che assume cento nomi diversi a seconda dei luoghi.

Nei
culti animisti, pur diversi tra loro, ci sono sempre
riti
che accompagnano la nascita di una nuova creatura, il passaggio
dall’infanzia all’adolescenza, l’ingresso, o iniziazione, nella
società adulta, il matrimonio, la morte.

Non
mancano mai, in ogni cultura, feticci e cerimonie per favorire la
fecondità .
Uno
degli esempi ancora in essere viene dalla
Corea,
dove la più antica e persistente forma religiosa è l’animismo, che
si manifesta nei culti che nei villaggi rurali vengono tributati allo
spirito del
grande albero
che di solito si trova all’ingresso del villaggio, nella venerazione
dello spirito di certe montagne o di certi massi, e più in generale
nel rispetto degli spiriti che vivono negli elementi della natura.

Le cerimonie animistiche sono molto semplici: al grande albero del
villaggio, per esempio, una volta all’anno viene fatta un’offerta
di cibo da parte della persona più degna del villaggio, di solito
l’uomo più anziano e più rispettato. Costui si prepara al rito
per vari giorni, astenendosi dal mangiare cibi non adatti,
mantenendosi puro ed effettuando una scrupolosa pulizia del proprio
corpo.
Il
cibo offerto allo spirito viene poi lasciato davanti all’albero
poggiato su una panchetta e durante la notte viene probabilmente
consumato dagli animali selvatici. Se il mattino dopo il cibo non c’è
più, significa che lo spirito dell’albero ha gradito l’offerta e
ciò è di buon
auspicio.(
http://www.corea.it/religioni.htm#animismo). 

Venerazione
di alberi si trovano in tutte le culture antiche, con
alberi
della vita

rappresentati, incisi o scolpiti nelle più antiche testimonianze
archeologiche, dai Celti agli Etruschi ai Romani.
La
Bibbia, nel racconto della Genesi, lo colloca nel
giardino
dell’Eden,
insieme all’
albero
del bene e del male,
o della
conoscenza
,
per tentare Adamo, il primo uomo che
“Dio
formò dalla polvere della terra e alitò nelle sue radici un
soffio vitale”.
In
fondo, anche questa è una forma di credenza animistica.

Come non si contano nell’Italia cattolica, le Madonne che
apparivano, chissà perchè, sopra o sotto alberi; dalla Madonna
dell’Olmo, alla Madonna della Pioppa, dell’Acero e
via dicendo.

Appartengono
alla galassia animista le millenarie tradizioni rituali chiamate
feticismo
(per l’adozione di feticci,
piccoli oggetti costruiti dagli uomini e investiti di sacralità ),
totemismo
(per i grandi
totem venerati
come emanazione o rappresentazione di divinità ), vitalismo,
naturalismo

o altro. Nel Centro e Sud America, tra le popolazioni di pelle nera
discendenti dagli schiavi deportati dall’Africa, e pure tra meticci e
aborigeni, sopravvivono e restano molto radicati i culti detti
vudù
(o
woodoo,
o
voudou),
Candomblè,
Macumba, Umbanda

( soprattutto in Haiti e in Brasile, ma anche a Cuba e altre isole
caraibiche) tramandati e praticati da anziane donne ritenute in
possesso di poteri o divinazioni speciali.

Se
non feticci di primitiva e grezza fabbricazione, certo fu da sempre
praticato il c
ulto
delle immagini,

statue o pitture raffiguranti dèi o santi nei quali il popolo dei
fedeli vedeva (o vede tuttora) incarnata o animata, la divinitÃ
stessa, con potere di accogliere preghiere e concedere grazie.

Non
per niente il termine
cultura
deriva da culto
,
perchè le prime, e poi le successive forme di espressione artistica
per secoli, nella scrittura, nella pittura, nella scultura,
nell’architettura, erano testimonianza o rappresentazione di un
culto religioso.

Solo
l’Islamismo e l’ebraismo vietano il culto delle immagini e la
raffigurazione di Dio e dei loro profeti; ma anch’essi hanno i loro
rituali, oggetti, templi e luoghi sacri da venerare e ai quali
rivolgere preghiere come fossero animati da presenza sacra e come
rappresentazione simbolica della divinità. E’ il caso ad esempio
del pellegrinaggio alla
Nobile
Kaaba,
o Pietra Nera

alla Mecca, uno dei pilastri della fede dell’Islamismo. E valore sacrale viene attribuito dagli ebrei al Muro del Pianto, residuo di un antico tempio distrutto.

Acqua e fuoco
sono
elementi fondamentali di tutti i culti, primitivi e recenti, in
tantissimi riti di religioni diverse, come entità animate in cui si
esprime la divinità, usate come mezzo per
purificare,
benedire, liberare da entità malefiche o da peccati. Il rogo
con
cui si bruciavano le streghe

nel Medioevo era l’espressione più esasperata e fanatica di un
certo ossessivo bisogno di
purificare
la comunità da una presenza che si riteneva incarnasse uno spirito
malefico. E la tradizione di roghi o falò si tramanda in tante
zone e ricorrenze del calendario cristiano, ma risalente a
precedenti culti pagani o animisti.

Quasi
universale l’utilizzo di candele da accendere davanti ad un’immagine
sacra o in un tempio, alla cui fiammella ardente si attribuiscono
evidentemente poteri e messaggi di preghiera che vorrebbero
raggiungere la divinità.


Quanto al potere salvifico dell’acqua, basti pensare al battesimo
cristiano e a tutte le liturgie e cerimonie in cui si utilizza
un’acqua benedetta; Lourdes è solo il caso più noto.

E, dall’altro capo
del mondo, in India, per gli induisti, fondamentale è il bagno
nelle acque del sacro fiume Gange. Bagni rituali purificatori si praticano ad Haiti , come nella Etiopia di rito cristiano ortodosso.

I
riti animisti sono spesso accompagnati da
danze
e canti;

per le feste più importanti si sfoggiano costumi e maschere, o ci si
dipinge il viso e il corpo secondo particolari disegni e colori di
valore simbolico; nelle case e nei villaggi si conservano e venerano
feticci
o
totem
,
oggetti o statuine, o grandi sculture in legno di forme simili a
quella umana o volutamente mostruosi, ai quali si attribuiscono
poteri magici o propiziatori.

A
soprintendere ai riti erano sempre
stregoni
o sacerdotesse,
che svolgevano anche funzioni di medico
o guaritore,
che curavano i mali del corpo e dello spirito con erbe,
decotti, filtri magici
accompagnati da gesti
e formule rituali che
evocavano poteri o spiriti soprannaturali, di cui si ritenevano
mediatori o portatori.

Si
praticavano rituali pubblici e collettivi e anche ad uso individuale,
segreto, rivolti a pochi seguaci riuniti in
sette.

Le
danze rituali
assumono
spesso forme
ossessive
e sfrenate,
al suono di tamburi martellanti che inducono i danzatori a
estraniazione, o perdita dei sensi, stati di frenesia o di
trance.
Un caso particolare è rappresentato dall’abbandono estatico
raggiunto con la roteazione ossessivamente ripetuta dai
danzatori
dervisci,
seguaci del sufismo,
una distinta derivazione dell’islam.

Altre
culture come quelle
buddista
e indù,
cercano invece la comunione con la divinità , l’illuminazione
o il Nirvhana,
con la pratica della
meditazione

prolungata ed estraniante da se stessi col silenzio e con
l’immobilità assoluta in determinate posizioni. Molto praticata,
per
avvicinarsi a Dio

è anche la ripetizione di
mantra,
litanie, salmi o preghiere brevi, per un elevato numero di volte, di
cui si tiene il conto con l’aiuto di un
rosario,
collana o corona costituita da decine di grani,

oggetto di culto religioso diffuso dai Domenicani per i cristiani
dal 1400 in poi, ma di concezione e uso antichissimo presso i fedeli
dell’induismo, del buddismo e poi anche dell’islam; con preghiere
diverse ovviamente.

Pur
con le dovute differenze, per la diversità di contesti e oggetti
della fede, si possono cogliere analogie anche in taluni aspetti e
manifestazioni delle grandi religioni contemporanee; ad esempio per
la pratica degli
esorcismi
ancora utilizzata da alcuni sacerdoti cattolici in certe zone; e che
dire dei fenomeni di
estasi
e levitazioni

raccontati ed esaltati nelle vite di alcuni santi cattolici.

E
sarebbe da approfondire se il tanto praticato culto delle
reliquie,
frammenti presunti di croci o ossa o salme di santi
,
per il mondo cattolico non derivi tanto dagli insegnamenti di Gesù ma piuttosto da
persistenze animistico-pagane.

Amuleti e “portafortuna” abbondano in ogni cultura, anche
tra i non credenti, che più o meno inconsapevolmente attribuiscono
un’anima, o comunque un potere sovrannaturale a oggetti scaramantici.


Possono essere considerati parte della galassia animista anche
diverse pratiche dei culti delle popolazioni originarie del Centro e
Sud America dei tempi delle civiltà precolombiane.

In
alcuni culti si praticano ancora oggi antichissimi
sacrifici
di animal
i,
polli in particolare. Nel
vudù
caraibico, ad esempio, si sacrificano i galli, il cui
sangue
viene spruzzato

sulla fronte dei fedeli.

Ma
sacrifici di animali erano praticati in quasi tutte le religioni, dai
culti Veda al Brahamanesimo, ai Greci, ai popoli mesopotamici, agli
Egizi, ai Celti, ai Romani (vedi:
http://it.wikipedia.org/wiki/Sacrificio ).

E’
stata rilevata anche da antropologi la consuetudine del
convito
sacro
e dell’idea di mangiare
la divinità 
(Bouquet- in Breve
storia delle religioni

pag. 52) riferisce di una popolazione del corso superiore del Rio
delle Amazzoni, i Tariano, che mangiavano effettivamente la carne
del loro capotribù e ne bevevano il sangue; dopo la cremazione dei
resti, le ceneri venivano mescolate al liquore locale e il popolo se
ne cibava nel corso di una cerimonia.

Per
la religione cristiana ha assunto valore preminente, dal Medioevo in
poi, la rievocazione della ultima cena di Gesù con gli apostoli,
con una interpretazione del sacramento dell’Eucarestia in cui si
vuole ci sia la
presenza
reale del Corpo e del Sangue di Cristo
e di cui ogni cristiano osservante si ciba nel corso del rito della
Messa, recitando ” Agnello
di Dio che togli i peccati dal mondo…

Ma
la localizzazione nel cibo di una Presenza Divina-
ha
scritto Bouquet-
va
molto oltre la barbarie di una festa tra cannibali

in cui la vittima è  l’incarnazione della divinità , e anche oltre il concetto a cui
si ispira l’usanza della cena di Natale. Non si denigra l’Eucarestia
cristiana, riconoscendone le umili origini e ammettendo che, sotto
l’una o l’altra forma, la mensa sacra era comune a moltissime
popolazioni di agricoltori…”
.

Bouquet
riferisce anche che i Gesuiti missionari del periodo
post-colombiano raccontarono di una festa d’agosto in Perù in cui si
spezzava e si mangiava un pane di granoturco spruzzato col sangue
delle pecore sacrificali; il sacerdote, offrendo il pane
sancuâ
ricordava ai fedeli che non dovevano mangiarne in stato di peccato e
col cuore menzognero, pena i castighi del Padre Sole. Chi
l’avesse mangiato invece col cuore leale avrebbe goduto i favori del
Sole e del Tuono; i fedeli si accostavano quindi alla mensa
pronunciando voto solenne.

Cerimonie simili sono state rilevate anche in Lituania, ad Atene e
nella Tartaria.

Il
sangue
è presenza reale e virtuale, costantemente citata
in preghiere e rituali anche per i  fedeli  dell’ebraismo e del  cristianesimo.
Erano
pratica costante e obbligatoria presso gli ebrei i
sacrifici
di animali,

agnelli e montoni in particolare, o altri animali definiti puri ,
il cui sangue veniva spruzzato sull’altare e sui partecipanti al
rito, che si concludeva con un banchetto per il quale si cucinavano
gli animali sacrificati, con precisa divisione delle parti tra
sacerdoti e fedeli. I sacrifici rituali, graditi a Dio secondo i
sacerdoti, avevano valore di
espiazione
e purificazione
dai peccati (nella
Bibbia, v. Levitico
e
altri libri).
Tracciato col sangue di un agnello sgozzato fu il segno che secondo
la Bibbia gli ebrei fecero sulle loro porte per salvarsi dallo
sterminio dei primogeniti degli Egizi voluto da Dio prima della fuga
in Egitto.

Ancora oggi le macellazioni di animali, per i fedeli ebrei e
musulmani devono essere eseguite con procedure rituali che impongono l’uscita del sangue dalla vittima, di cui il fedele non deve assolutamente cibarsi.

Su  estremismi, deviazioni e contraddizioni di certe pratiche rituali, forti polemiche sono sorte  dopo l’uscita del libro “Pasque di sangue” di Ariel Toaff (http://it.wikipedia.org/wiki/Ariel_Toaff)

Tra
gli ebrei è ancora in uso la biblica pratica della
circoncisione
dei maschi, incisione del prepuzio
,
adottata anche da molte tribù dell’Africa, dove spesso si aggiunge
anche la pratica dell’
infibulazione
delle
femmine, riti immutabili da secoli, dolorosi e segnati dal sangue,
imposti da arcaiche convinzioni che le facevano discendere da una
presunta volontà di Dio e subordinavano la vita sessuale maschile e
femminile ad una religiosità vissuta nel terrore dei “
tabù”,
con proibizioni, divieti e maledizioni e con vere e proprie
punizioni per i trasgressori delle regole stabilite dai capi
religiosi dei villaggi e tramandate di generazione in generazione,
che possono arrivare alla condanna a morte o alla cacciata dalla
comunità.

Ed
è universale e persistente, dai primordi a oggi, in ogni religione,
l’idea di poter ingraziarsi la divinità, facendo un
sacrificio,
offrendole qualcosa in cambio: dai frutti della terra agli animali,
al denaro, alle preghiere e inni, alla astinenza sessuale, alla
verginità, fino al sacrificio della vita, propria o altrui.
Non
a caso il temine

sacrificio
deriva da sacro.

Fiumi
di parole si potrebbero scrivere sulle credenze e le diverse
concezioni di
immortalià
dell’anima
e le ipotesi di resurrezione, trasmigrazione o reincarnazione dopo
la morte del corpo, secondo le varie religioni.

Verrebbe
da concludere che
l’animismo è la fonte, o l’anima, di tutte le religioni…

** Sintesi
di osservazioni raccolte da
Magda Barbieri

NOTE per approfondimenti

Altre definizioni dell’animismo
da:

http://www.sapere.it/enciclopedia/animismo.html

Filosofia Si dicono animistiche le teorie che ritengono tutti gli esseri
animati e viventi: secondo Aristotele, Talete affermava che tutto ha
in sé il principio del movimento in quanto ha un’anima; all’animismo
religioso si ricollegano anche l’aér di Anassimene e lo pneuma dei
pitagorici; Democrito ammette l’anima anche nelle pietre. La
convinzione che ogni movimento ha come causa unica l’anima porta
Platone ad ammettere l’anima anche nel mondo e negli astri; agli
stoici si deve la teoria dell’animazione universale; il concetto
delle anime stellari e dei cieli animati è presente in Cicerone e
Virgilio e per essi tramandato al Medioevo. Gli astri sono animati
anche per Plotino e l’idea di animazione universale si complica
ulteriormente nei neoplatonici fino a sfociare in volgari forme
magiche, che trovano un campo fertile nel Medioevo. Nonostante il
condizionamento del cristianesimo l’animismo continua a conservare
una certa vitalità: nel Quattrocento lo professano M. Ficino e G.
Pico della Mirandola. Ancora nel Cinquecento magia e cabala
diffondono l’idea che ogni cosa sia viva e animata (J. Reuchlin, C.
Agrippa, P. Paracelso). Anche i filosofi naturalisti G. Bruno, B.
Telesio e T. Campanella sono influenzati dalle concezioni
animistiche. Prima di giungere alla teoria di un universo infinito il
pensiero scientifico del Seicento, soprattutto quello di F. Bacone e
G. Keplero, subisce la suggestione dell’animismo magico. Tra il XVIII
e il XIX secolo si sviluppa la polemica tra animisti e meccanicisti
sulla natura degli esseri viventi e il dibattito su cosa produce la
vita: la materia o l’anima. Esponente dell’animismo neoplatonico del
XX secolo è H. Bergson. Secondo il concetto dello “slancio vitale”
del filosofo francese, la vita sorge da infinite potenzialità, che
seguono corsi diversi; l’evoluzione è creatrice, poiché essa deriva
da quello stesso “slancio vitale” inesauribile e non determinato.
Nel pensiero contemporaneo di G. Deleuze si ritrova una nozione di
animismo, secondo cui i concetti creati non sono da considerarsi
entità inerti, ma, al contrario, capaci di autoformazione; essi
possiedono, quindi, una vita e una storia.

 

Religione


L’animismo è un tipo di religione individuato e denominato così
dallo scozzese E. B. Tylor, etnologo e fondatore della scienza
storico-religiosa.


Si tratta di una religione accentrata sulla nozione e sul culto di
esseri “spirituali” (spiriti) che animerebbero il mondo: uomini,
animali, piante e, in genere, ogni manifestazione naturale (sole,
luna, fiumi, sorgenti, vento, tempeste, ecc.). Una religione di
questo genere veniva attribuita da Tylor alle popolazioni primitive;
sarebbe una religione spontanea, che non presupporrebbe altra cultura
come fondamento, ma nascerebbe dalle esperienze psicofisiche di ogni
individuo e dalla mentalità ancora infantile di quei primi uomini
che a esse avrebbero dato una spiegazione e una rozza sistemazione.


Le esperienze del sonno, degli stati psicopatologici e della morte
avrebbero fornito la nozione essenziale di anima. Sogno,
allucinazioni, ecc., danno la sensazione che uno spirito-anima
abbandoni il corpo in cui alberga, per vagare in regioni ignote,
incontrarsi con altri spiriti e vivere, insomma, una vita diversa da
quella normale: una vita superumana, e perciò contrassegnata dalla
sacralità. La conferma, poi, dell’esistenza dello spirito-anima
verrebbe dalla morte, quando cioè il corpo, abbandonato per sempre
dal proprio spirito-anima, resta “inanimato”.


Da questa concezione fondamentale si passa con facilità alle
illazioni e ai costrutti propri di una mentalità infantile, che
avrebbe portato i primi uomini ad attribuire a tutto il mondo
circostante quegli spiriti-anima che essi avevano scoperto in sé: di
qui l’animazione di fiumi, alberi, ecc., ossia la formazione di una
religione animista.


Una simile religione permetteva all’uomo di trattare con le cose
inanimate come se fossero esseri viventi, dandogli così l’illusione
di poter influire in qualche modo sulla natura. Questo genere di
comportamento umano viene accettato da Tylor come istintivo,
fondandosi il suo giudizio sul comportamento del bambino che parla
con gli oggetti inanimati che lo circondano e pretende di influire in
tal modo su di essi. La teoria tyloriana sull’animismo va inquadrata
in una corrente di studi etnologici e antropologici, l’evoluzionismo,
per la quale l’umanità si sarebbe naturalmente e gradualmente
evoluta, attraverso il passaggio di fasi comuni a tutti i popoli,
muovendo dal momento semianimalesco degli istinti per arrivare fino
all’ultima tappa costituita dalla moderna civiltà occidentale.


Nella visione di un simile sviluppo Tylor vedeva nell’animismo il
primo gradino dell’evoluzione religiosa che avrebbe portato l’uomo a
religioni sempre più elevate, fino all’apice raggiunto dal
monoteismo. Le teorie di Tylor vennero superate già nell’ambito
dell’evoluzionismo, dove si cercò di definire una forma di religione
ancora più primitiva o istintiva: il cosiddetto preanimismo magico
(o animatismo). Ma l’evoluzionismo stesso fu a sua volta superato
dalla problematica storico-religiosa, cui certe risposte fondate sul
semplice rinvio a presunti istinti non bastavano più.

Si continuò
tuttavia a parlare di animismo, ma ora non più intendendo una forma
organica di religione, bensì un modo di espressione religiosa
rinvenibile a ogni livello. In pratica: la credenza in esseri
sovrumani, spiriti o demoni, che vengono localizzati in posti
religiosamente importanti o la cui importanza è religiosamente
rilevata.

Altri siti che
trattano l’argomento

http://www.ilpaesedeibambinichesorridono.it/animismo.htm

http://www.kisanji.org/default.aspx?gr=articoli&aid=9&pid=32&nome=La+festa+del+sacrificio&nomeart=

http://www.golemindispensabile.it/index.php?_idnodo=6229&_idfrm=107

In foto  accanto al testo: Bagno
rituale in Haiti da
Photograph
by Steve Winter, National Geographic Stock

** Articolo collegato al sito https://magdabarbieri.wordpress.com/