Visite guidate alla Grada e alla Chiusa di Casalecchio

Continua il programma di visite guidate alle strutture idrauliche bolognesi promosse dai Consorzi dei Canali Reno e Savena (vedi articolo di gennaio con cenni storici)
1- VISITA GUIDATA ALL’OPIFICIO DELLA GRADA – SABATO 23 FEBBRAIO, ORE 10.00
2 – VISITA GUIDATA ALLA CHIUSA DI CASALECCHIO – SABATO 23 FEBBRAIO, ORE 14.30
La visita sarà condotta da Fabio Marchi – Segretario dei Consorzi dei Canali di Reno e Savena.
Posti limitati, prenotazione obbligatoria scrivendo una mail a prenotazioni@consorzireno-savena.it (indicando nome, cognome, n° di persone, recapito telefonico) o chiamando al numero 389/5950213 (lun-gio, ore 8.30-12.00, ven ore 8.30-12.30).
** Mercoledì 6 febbraio, sono stati pubblicati i risultati della nona edizione del censimento “ I Luoghi del Cuore”, promosso dal FAI – Fondo Ambiente Italiano e Intesa Sanpaolo: la Chiusa di Casalecchio e i Canali di Bologna si sono classificati al 75° posto con 5.555 voti, terzi nella classifica regionale dell’Emilia-Romagna.

Consorzio Reno Savena, derivazioni chiuse e riaperte

Comunicato del 5 febbraio 2019
Aggiornamenti sulle derivazioni del canale di Reno e Savena
La piena era prevedibile ed è stata prevista tant’è che abbiamo chiuso la derivazione del canale di Reno (azzerato la portata del canale verso Bologna alle ore 17:00 di venerdì 01/02), mentre quella del canale di Savena era già chiusa per lavori di straordinaria manutenzione nel tratto di Chiesa nuova.

I picchi di livello massimi (metri sul ciglio della chiusa) sono stati rispettivamente: 2,33 h alle ore 10:10 del 02/02 alla Chiusa di Casalecchio e m 1,36 alle ore 7:50 del 02/02 alla Chiusa di San Ruffillo.
Al Trebbo di Reno, dove la canaletta Ghisiliera restituisce le acque al Reno, il livello del fiume è salito oltre 14 metri fino a raggiungere una quota a circa metri 1,5 dalla sommità arginale.
I canali di Reno e di Savena liberi dalle acque del fiume hanno con facilità raccolto e smaltito le colatizie provenienti dalla collina sovrastante la città e dagli scolmatori di fognatura.
Le derivazioni sono rimaste chiuse fino a questa mattina, perché l’acqua nei fiumi era torbida e avrebbe riempito i canali di sedime. Leggi Tutto

Bonifica Renana per il contenimento dei danni da esondazione

Comunicato stampa del 4 febbraio 2019
ATTIVITA’ DELLA BONIFICA RENANA PER IL CONTENIMENTO DELL’ALLUVIONE DA ROTTURA ARGINALE DEL RENO

La Bonifica Renana sta prestando la massima collaborazione per il contenimento dell’emergenza alluvionale provocata dallo sfondamento dell’argine maestro del Reno, a Boschetto di Castelmaggiore (Bologna), fermo restando che gestione e manutenzione di fiumi e torrenti (cioè dei corsi d’acqua naturali come Reno, Samoggia, Savena, Quaderna ecc), compete alla Regione,
La massa d’acqua riversatasi dalla falla arginale nella pianura nord di Bologna ha allagato circa 2.750 ettari di superficie (comuni di Castelmaggiore, Argelato, Pieve di Cento, Castello d’Argile, San Giorgio di Piano e San Pietro in Casale) mettendo a dura prova il reticolo di scolo artificiale gestito dalla Renana.
Attraverso i canali di bonifica Venenta, Canaletta di Casadio, Riolo, Fossa Quadra, Fossa Storta e Gramigna Superiore e loro affluenti, le acque fuoriuscite dal Reno sono state in parte immesse dentro il Canale Emiliano Romagnolo ed in parte convogliate verso casse di espansione ed impianti Leggi Tutto

Cronache sul Reno, per non dimenticare: articoli, foto e video dalla stampa

Il Reno ha esondato e rotto un argine a Castel Maggiore, nel Bolognese. 2 febbraio 2019
In cinque ore la rottura dell’argine del fiume Reno tra Castel Maggiore e Argelato, nel Bolognese, ha provocato la fuoriuscita di circa 1,5-2 milioni di metri cubi di acqua, con una portata di 80 metri cubi al secondo. E’ la stima della Protezione civile dell’Emilia-Romagna: il cedimento ha riguardato un tratto di circa 50 metri di lunghezza per due di altezza.
La situazione “più impegnativa, critica, al momento” sul fronte maltempo in Emilia-Romagna è dunque a Castel Maggiore, dove “è in corso l’apertura dell’argine del fiume Reno, con l’acqua che sta uscendo e che sta interessando alcune case di campagna”. Lo dice all’Ansa Maurizio Mainetti, direttore dell’Agenzia regionale per la sicurezza territoriale e la Protezione civile. Il livello idrometrico del fiume Po è già salito di tre metri in sole 12 ore: lo registra la Coldiretti a Boretto, nel Reggiano. Sono due delle immagini della grave situazione che si sta riscontrando in buona parte della regione.
Chiusa la Trasversale di Pianura da Funo di Argelato a San Giovanni in Persiceto, inoltre Leggi Tutto

Reno in piena. Già alcune esondazioni in città e provincia

Riportiamo qui  le notizie di cronaca  sulla situazione di Bologna, Vergato, Cento e Castello d’Argile – Prossima apertura del Cavo napoleonico. Allerta della Protezione Civile- (febbraio 2019)
– Il fiume Reno sta esondando dagli argini a Bologna e in provincia. A Bologna nella zona di Borgo Panigale, via Triumvirato, in particolare in via Giunio Bruto e l’acqua qui ha già invaso da stamattina giardini, cortili e parzialmente alcune abitazioni. . «Siamo davvero preoccupati – dice Francesco Bonafè, un residente – perché il fiume ha già intaccato le abitazioni e non è ancora in piena. Piena che ci hanno comunicato dovrebbe verificarsi intorno a mezzogiorno. Se verrà fuori ulteriormente qui ci saranno delle case completamente sommerse». Sul posto la Protezione civile, la municipale, i carabinieri che stanno controllando la situazione.

In via Giunio Bruto, cinque famiglie hanno lasciato per precauzione la loro casa. Disagi anche in via della Berleta (una famiglia evacuata) e via del Traghetto. Sempre attivo il numero della Centrale Radio Operativa della Polizia Locale (051266626) per le emergenze e le richieste di intervento urgente. La viabilità è garantita ovunque, fa sapere il Comune in una nota. Sotto controllo tecnico del Comune in queste ore anche i ponti Pertini, Togliatti e il Pontelungo.
Fonte: Articolo da https://www.ilrestodelcarlino.it/bologna/meteo/piena-reno-oggi-1.4421415
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Brevi note storico geografiche sul Reno. Magda Barbieri

IL RENO OGGI

Il Reno è il fiume più importante dell’Emilia-Romagna, considerando a parte il Po, che  è un corso d’acqua di vasta portata, attraversa più Regioni e lambisce solo il confine nord della nostra, raccogliendo acque degli altri fiumi-affluenti emiliani della parte ovest.
Il Reno nasce in Toscana, nell’Appennino pistoiese, presso la località Prunetta e la conca delle Piastre; entra, dopo breve tratto, nel versante bolognese dell’Appennino e scende verso la pianura scorrendo in direzione nord fino a S.Agostino; da qui svolta verso est per raggiungere il mare Adriatico presso le valli di Comacchio.
Il suo alveo, dalla sorgente alla foce, è lungo km 211 e attraversa le tre province emiliane di Bologna, Ferrara e Ravenna. I comuni toccati dal suo percorso sono numerosi; da quelli appenninici di Granaglione, Porretta Terme, Vergato, Marzabotto a quelli pedecollinari di Sasso Marconi e Casalecchio di Reno fino alla città di Bologna; prosegue in pianura presso Castel Maggiore, Calderara e Sala Bolognese, Argelato e Castello d’Argile;
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Il Naviglio bolognese nei secoli. Dal Porto di Bologna a Malalbergo.Fabio Marchi

Si può senz’altro definire atipica la collocazione geografica della città di Bologna. A differenza infatti di tutte le realtà similari, l’area urbana si aggregò sulle prime terre emerse attorno al torrente Aposa , lontano da Reno e Savena. Ancora oggi , osservando una “pianta” di Bologna appare evidente l’assenza di un fiume che la attraversa.

Già in prossimità dell’anno mille la città soffriva per tale mancanza e cominciò a costruirsi un reticolo idraulico artificiale capace di fornire forza motrice , di alimentare l’irrigazione e d’essere fattore di produzione. I rapporti civili e commerciali con le altre città avvenivano allora attraverso la navigazione palustre, il primo porto cittadino era collocato alla “Piscariola”, l‘attuale Selva di Pescarola.
L’azione del fiume e dei torrenti collinari caratterizzati da una fortissima connotazione torrentizia accentuò in quel periodo l’interrimento della prima area a nord della città , rendendo difficoltosa e pericolosa la navigazione. I bolognesi pensarono allora di costruirsi una via d’acqua sicura fra quella palude dove cominciavano ad emergere le terre, grazie all’azione naturale della bonifica per colmata. E’ in questa condizione che i bolognesi pensarono di aprirsi una via sicura verso il mare, utile per i commerci.

Il Navile si deve quindi considerare un’opera idraulica capace di non disperdere acqua, consentendo con ciò la percorribilità nei due sensi a barche di basso pescaggio. 

Da sottolineare è l’atipica origine del Navile rispetto ad altri canali artificiali; infatti non si tratta di un vettore per trasportare acqua da un luogo ad un altro in zona asciutta, ma un contenitore in grado di impedire che le acque immesse si confondessero con le acque esterne della palude, con ciò consentendo una più sicura navigazione.

Per alimentare questa vera e propria “autostrada d’acqua” l’intero reticolo idraulico naturale e artificiale urbano fu convogliato nel Navile, così da utilizzare le stesse acque, in città per la produzione di energia, e , a valle, per la navigazione. Può dirsi questo uno dei più vistosi ed eclatanti esempi di artificializzazione ad uso produttivo e commerciale del territorio.
Da allora il sistema canale di Reno, canale di Savena e Navile ha rappresentato per la città fonte di ricchezza capace anche di assicurare un soddisfacente equilibrio idraulico del territorio urbano.

La realizzazione e il mantenimento di tale sistema sono stati tutt’altro che agevoli: il Navile, infatti, sconta un grave peccato originale, ha cioè una pendenza naturale maggiore rispetto al fiume dal quale è derivato; ciò determina forte erosione delle sponde e quindi espurgo ed innalzamento arginale.
La nuova via d’acqua rispondeva anche ai crescenti bisogni di una agricoltura in espansione; è in quel periodo che si affermava il sistema della piantata emiliana. La città che, dopo la caduta dell’Impero romano, per circa cinque secoli si era ridotta ad essere un piccolo “oppidum”, dentro le mura di selenite, conobbe anni di grande espansione, la popolazione aumentò vertiginosamente, la politica del Comune fece sì che professionalità diverse venissero sollecitate a trasferirsi a Bologna. Tutto questo richiedeva energia per le attività molitorie e facile commercializzazione dei prodotti trasformati.

>< All’inizio del XIII° secolo il Comune di Bologna acquistò dai “Ramisani”, un gruppo di famiglie tra le più ricche, costituitesi in una società proprietaria di un ramo del fiume Reno ,derivato a Casalecchio grazie ad una chiusa appositamente costruita, il diritto dell’acqua eccedente le necessità molitorie, anche per immetterle in un nuovo cavo che, partendo dalla zona Lame, giungeva fino a Corticella, dove ancora all’epoca arrivava la palude.

E’ grazie al Navile che Bologna può vantare una vittoria militare nei confronti di Venezia; infatti nel 1271 fu combattuta la battaglia navale alla Polesella, nella quale l’esercito bolognese, al comando del generale genovese Lanfranco Malucelli, sconfisse quello veneziano, guidato dal nipote del Doge,Iacopo Contarini. Con questa vittoria Bologna ottenne dazi favorevoli e commercio privilegiato, così che i propri prodotti divennero ancor più competitvi.

>< Si sentì la necessità di trasferire in città il porto, che fino a quel momento era collocato al “Maccagnano”. Per individuare una nuova iniziativa, volta a migliorare la navigazione, bisognava arrivare fino alla fine del XV° secolo, quando, in piena Signoria dei Bentivoglio, fu dato incarico all’architetto Piero Brambilla di Milano di realizzare un nuovo porto in prossimità del castello signorile vicino all’attuale Porta Galliera.
I lavori furono imponenti, l’inaugurazione sfarzosa, ma già dopo pochi anni il nuovo porto risultò interrito e fu quindi abbandonato.
Un nuovo incarico consentì all’architetto Brambilla di porre rimedio all’eccessiva pendenza posta fra la città e Corticella; furono infatti costruiti dei Sostegni costituiti da sbarramenti lignei trasversali, collocati Battiferro e al Grassi.

Anche questa soluzione si rivelò presto insufficiente, così che, dopo la successiva annessione di Bologna al dominio Pontificio, si dovette nuovamente intervenire.
L’iniziativa fu di Paolo III Farnese, il Papa del Concilio di Trento (che venne poi trasferito anche a Bologna), il quale, nel 1547, affidò l’incarico a Giacomo Barozzi da Vignola di costruire un nuovo porto all’interno della città e tre sostegni a Corticella, in località Grassi e al Battiferro, e le restare da Corticella fino al porto nuovo.
Questi interventi diedero ottimi risultati, tant’è che solo dieci anni dopo vennero costruiti altri tre sostegni: il Landi, il Torresani (o Torreggiani) e la Bova, in sostituzione del vecchio porto del Maccagnano.

Soprattutto il nuovo porto costituì il vero centro commerciale urbano: fu, infatti, dotato delle infrastrutture atte allo stoccaggio dei materiali, alla manutenzione delle barche e a una dogana.
La realizzazione di tutto ciò richiese moltissimi anni e il vero completamento si ebbe solo verso la fine del ‘700, con la realizzazione del nuovo

magazzino
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Bibliografia sul Reno e aree adiacenti.

Testi pubblicati dal 1950 in poi, contenenti anche bibliografie sui libri antecedenti
(NB .Aggiornamento a gennaio 2007. Sono gradite e saranno aggiunte segnalazioni di altre opere più recenti sull’argomento n.d.r.)
AAVV ” I 70 anni del Consorzio della Bonifica Renana” . Bologna .1979
AAVV “Il Reno italiano”. Con testi di Stefano Cremonini, Guido Mansuelli, Giancarlo Susini, Alfeo Giacomelli, Paolo Guidotti e altri. Bologna 1991.
AAVV “La pianura e le acque tra Bologna e Ferrara” Atti del Convegno del Centro Studi Girolamo Baruffaldi di Cento. 1983AAVV “Le origini e i linguaggi. Cultura popolare nell’ Emilia Romagna”. Con testi di Nereo Alfieri,, Francesco Coco, Lucio Gambi, Giancarlo Susini, Vito Fumagalli, Antonio Ivan Pini, Franco Violi, Guido Mansuelli e altri. Milano. 1982.AAVV “Il Reno. Fiume da salvare”. Edi Huose. Bologna 1996.
AAVV “Terre ed acqua. Le bonifiche ferraresi nel Delta del Po”. A cura di Anna Maria Visser Travagli e Giorgio Vighi; con testi di Franco Cazzola e altri. Ferrara 1990.AAVV “Mestieri della terra e delle acque”. Collana “Cultura popolare nell’ Emilia Romagna”
AAVV “Storia di Cento”. ; in volumi 3; a cura del Centro Studi G. Baruffaldi; con riferimenti a studi e Convegni precedenti e testi di Giacomelli e Uggeri. Cento. 1987/1994
AAVV “Le Partecipanze Agrarie Emiliane”. A cura di E. Arioti, E. Fregni, S. Torresani. Nonantola 1990.
AAVV “Maccaretolo un pagus romano della pianura”. A cura di Stefano Cremonini: Deputazione di Storia Patria Bologna 2003.
AAVV “Tra Reno e Samoggia. Soluzioni per due fiumi.” pag. 98. Ed. Aspasia/Polis (Provincia di Bologna  e Comuni sinistra Reno) 1999
AAVV “La Bonifica della pianura tra Reno, Samoggia e Lavino” Supplemento a  “Il Divulgatore” 2002. A cura di Claudio Negrini e Carla Zampighi, pag. 18. Ed. Consorzio Bonifica Reno-Palata

  • Ardizzoni Franco “Galliera antica” . Siaca Arti Grafiche. Cento 2001
  • Ardizzoni Franco “La navigazione sul Reno nel Medioevo” in “Al Sas”, Rivista semestrale del Gruppo di Studi “Progetto 10 righe” e comune di Sasso Marconi, n. 10 a. 2004
  • Barbieri Magda “La terra e la gente di Castello d’ Argile e di Venezzano ossia Mascarino”; in volumi 2. Cento. Vol. I, 1994; vol. II, 1997.
  • Borghi Gian Paolo (a cura di ) “Il Reno. Memoria e futuro di un fiume”. Pag. 62. Ed. Litografia Faenza per conto di Provincia di Bologna, Prov. di Pistoia, Autorità  di Bacino del Reno. 1997
  • Branchesi Pacifico Maria “La sistemazione idraulica della Bassa bolognese durante il pontificato di Gregorio XV e cinque consulti inediti di Paolo Sarpi”. Bologna 1978.
  • Castaldini Donato “Evoluzione della rete idrografica centropadana in epoca protostorica e storica”, in “Insediamenti e viabilità  nell’alto ferrarese dall’età  romana al Medioevo” Atti di un Convegno nazionale. Ferrara. 1987/1989.
  • Cavicchi Edmondo ” Il Cristo di Pieve

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La pianura del Reno com’era, com’è, come potrebbe diventare. Walther Vignoli

Finchè la mano dell’uomo non è intervenuta, la pianura bolognese era un insieme a macchia di leopardo di foreste planiziali ed acquitrini alimentati dai corsi d’acqua appenninici.
L’uomo sfruttava l’acqua per pescare ma anche per i suoi spostamenti, navigando.

Ha poi gradualmente trasformato quell’ambiente per adattarlo alle proprie esigenze: prelevare legname da costruzione o da ardere, raccogliere erbe palustri ed altri vegetali, cacciare, pascolare, disboscare per ricavare spiazzi da coltivare, controllare le acque, sia per difendere i campi come per ricavarne dei nuovi col metodo delle casse di colmata, consistenti in ampie aree arginate dove far defluire le acque torbide durante le piene, avendo il duplice effetto di evitare esondazioni ed alzare i terreni per decantazione.

Con la colonizzazione romana, a partire dal II secolo a.c.,  gli interventi sono diventati sistematici e razionali, si sono scavati canali, arginati corsi d’acqua, creata una rete di strade.
E’ nata così una delle più antiche ed illustri scuole di idraulica, capace di mantenere uno straordinario equilibrio delle acque, avendo disponibili pochi metri di dislivello sul mare per regolare il flusso discontinuo di arrivo delle acque ed ottimizzarne il loro utilizzo: per l’irrigazione, per la navigazione, per azionare ruote idrauliche ecc.
A partire dal XII’ secolo d.c. gli amministratori di Bologna, con lucida lungimiranza, seppero porre le basi per lo sviluppo della città  nei sette secoli successivi.
–        La città  non era attraversata da fiumi ma solo da alcuni torrenti.
–      Sbarrando il Reno ed il Savena, a Casalecchio e S. Ruffillo avrebbe potuto disporre di un salto idraulico di 30/40 m. rispetto alla pianura a nord di Bologna, utilizzabile come fonte di energia motrice.
–        Conducendo tutta l’acqua in un unico canale navigabile,dopo averla utilizzata come energia motrice, si sarebbe potuto congiungere la città  col fiume Po e col mare  Adriatico, cioè coi mercati del nord e di Venezia.

I bolognesi decisero allora di costruire le chiuse di Casalecchio e S.Ruffillo, ne portarono le acque dentro alla città , coi canali di Reno e Savena, realizzando una rete di canali minori in grado di servire ogni casa. Scavarono il canale Navile facendolo arrivare fino al Cavaticcio mediante una serie di sostegni che consentirono di superare il dislivello rispetto alla pianura.
Le barche, trascinate da animali che percorrevano le restare, compivano migliaia di viaggi all’anno fra Bologna e Malalbergo e da lì  al mare facendo di Bologna uno dei più importanti porti europei.
Bologna divenne leader nella produzione di manufatti ( l’organzino di seta bolognese non aveva rivali e l’arsenale di Venezia usava solo corde bolognesi).                              
L’avvento dei trasporti ferroviari, poi di quelli su gomma, tolse importanza al Navile che, pur rappresentando una parte straordinaria della nostra storia, oggi sta subendo un penoso degrado.
Allo stesso modo, caduto l’interesse per l’energia idraulica,i canali di Bologna, che la poca acqua non puliva più, vennero coperti per occultarne la sporcizia ma anche per ricavarne superficie utile.  L’acqua però ha continuato, per un certo periodo, a fornire energia per azionare le turbine elettriche (dall’inizio del ˜900, per molti decenni, l’ospedale Rizzoli, con le sue sale operatorie,  si alimentava da turbine mosse dall’acqua del canale di Reno alla Grada, nell’ntico opificio dove oggi ha sede il Consorzio della Chiusa di Casalecchio e di S.Ruffillo.
La rete dei canali che scorre sotto le strade e le case di Bologna, per la quale si sta risvegliando un encomiabile interesse culturale, svolge ancora importanti funzioni per la raccolta e smaltimento delle acque piovane  e per la distribuzione di reti tecnologiche ( per es. i cavi a fibre ottiche sono stati posati senza aver bisogno di sconvolgere con scavi tutta la città ).
Altre ancora potrà  svolgerne, per es.il Consorzio della Chiusa  ha proposto di utilizzare l’acqua dei canali per il lavaggio delle strade e dei marciapiedi della città . Ciò, se fatto di notte quando si deposita lo smog, permetterebbe di rimuovere delle polveri che altrimenti verrebbero risollevate il giorno dopo.
I canali della pianura hanno assunto l’importante funzione di trasferire nei fiumi le acque depurate o meteoriche delle fognature, esplicando anche il ruolo di cassa di espansione quando questi ultimi, durante le piene, non potrebbero riceverle.
Gioverà ricordare che la quantità di acqua meteorica convogliata nei fiumi e canali, oggi è molto più abbondante che in passato per effetto dell’impermeabilizzazione del territorio. Ciò crea grandi problemi perchè le antiche dimensioni degli alvei non sono più¹ adeguate.
La rapidissima trasformazione della società  da agricola ad industriale, avvenuta nella seconda metà del XX secolo, ha inciso profondamente sulla nostra pianura alterando l’equilibrio di quella rete idraulica che l’uomo ha sapientemente costruito in 2000 anni di tenace attività .
Con i contadini se n’è andato il più efficace presidio del sistema idraulico.
 Assieme ai filari delle viti, sono scomparse spesso anche le baulature dei campi e molte scoline.
Il Reno, finito l’interesse per la raccolta dei vimini e per lo sfalcio delle sue sponde si è ricoperto di vegetazione trasformandosi in un importante corridoio ecologico ma l’acqua fatica molto a scorrere durante le piene. I suoi argini, spesso infestati da arbusti ed alberi, offrono rifugio ad animali selvatici che vi scavano pericolose tane pregiudicandone la resistenza.
Ma il fenomeno più inquietante, originato dalla facilità  con la quale si può prelevare gratuitamente l’acqua dalle falde è la subsidenza che, variando da pochi centimetri ad alcuni metri, sta sconvolgendo le pendenze  di fiumi, canali e fognature, con ovvie conseguenze sul rischio idraulico della nostra pianura. Una situazione seria per i nuovi abitanti che, lasciate le città  in cerca di un ambiente più tranquillo, non sempre si rendono conto del rischio che corrono. Quanti di loro sente più, per esempio, il bisogno di vigilare sugli argini durante le piene, eppure questa attività  era la normalità  per i vecchi contadini!
Per pianificare la gestione delle acque, dall’inizio degli anni ’90 è divenuta operativa l’Autorità  di Bacino del Reno che, soprattutto con casse di espansione, interverrà , nei prossimi anni, per ripristinare condizioni di sicurezza.
Ma occorre innanzitutto fermare la subsidenza limitando rigorosamente il prelievo di acqua dalla falda, ricorrendo a quella di superficie e cambiando le abitudini per risparmiarla.
Si possono creare degli accumuli nei quali raccogliere l’acqua quando è abbondante, per distribuirla, quando scarseggia, mediante acquedotti irrigui ed industriali  da affiancare agli attuali acquedotti che riforniscono di acqua potabile  anche industrie, campi, orti e giardini  (una delle tante diseconomie della nostra società !).
Fatti gli accumuli, per distribuirne il contenuto si potrebbe anche riattivare l’antica rete dei canali, ivi compresa anche quella dei mulini che, con i loro storici manufatti, ci saprebbero regalare non poche suggestioni! E  perchè non produrre,con l’occasione, anche corrente elettrica mediante turbine? In via Marconi è stato fatto!
Resta il problema degli accumuli: come e dove realizzarli?
Oltre alla creazione di grandi laghi ( Castrola) che, con lunghe condotte, portino l’acqua ai punti di utilizzo, si può perseguire anche l’obiettivo di realizzare un sistema di piccoli acquedotti, non potabili, al servizio di comparti  di limitata estensione, cogliendo opportunità  che non mancano. Sarebbe un bell’esempio di sviluppo sostenibile!
Una di queste opportunità  può² nascere dalla disposizione della Provincia di Bologna che, opportunamente prescrive, per i nuovi insediamenti urbani, di intercettare le acque meteoriche trattenendole all’interno di appositi bacini dai quali potranno essere immesse nelle fogne soltanto quando le condizioni dei corsi d’acqua lo consentano; ma perchè allora, anzichè disperdere l’acqua nelle fogne, non dimensionare i bacini in modo da poterli utilizzare anche come accumuli di acqua per l’irrigazione dei giardini e per gli usi meno pregiati degli insediamenti serviti. Si potrebbero collegare eventualmente anche alla rete dei canali per  essere certi che l’acqua non manchi mai.
Un’altra opportunità  potrebbe nascere dall’utilizzo degli invasi delle cave esaurite, che per anni abbiamo visto abbandonate al degrado. Stiamo parlando, per la Provincia di Bologna, di 2/3.000.000 di mc., ogni anno, di scavi pianificati . In due decenni potremmo disporre di una capacità  equivalente a quella del bacino di Suviana, col vantaggio di non dovere trasportare l’acqua per decine di Km. con  tuboni ma di averla pronta sotto casa.

L’ipotesi è certamente velleitaria ma è dotata di una sua concretezza e potrebbe offrire risposte semplici a dei problemi complessi che da troppi anni attendono di essere risolti.
Queste righe , essendo stato proclamato dalle Nazioni Unite il 2003 anno dell’acqua dolce, vogliono essere un modesto contributo per affrontare con la concretezza che guidò i vecchi bolognesi, un problema noto ma che da molti anni attende di essere risolto.

 
Walther Vignoli 

C’era una volta…” La navigazione sul Reno”. Franco Ardizzoni

La navigazione sul Reno nel Medioevo.
Saggio di Franco Ardizzoni in “al sÃs” , rivista periodica edita dal Gruppo di Studi “10 righe” e dal Comune di Sasso Marconi. n. 10 /2004
Dove e quando
Un diploma di Berengario I
re d’Italia, databile fra l’anno 898 ed il 905 (IX-X secolo)
concede al vescovo ed alla Chiesa di Bologna il porto delle navi sul
Reno presso il mercato della Selva Piscariola (1)
Dove si trovasse esattamente questo porto sul Reno – scrive Ivan Pini-  e il
mercato della selva Piscariola, non è possibile stabilirlo con
esattezza così come non è neppure da escludere a priori
che il porto ed il mercato fossero localizzati in sedi diverse.
Comunque si può fare solo l’ipotesi che il porto in
questione (ed eventualmente il mercato) si trovassero al
limite della navigabilità  del fiume Reno
, cioè poco
a nord del ponte della via Emilia (2)
Ma questo approdo di
navi, dice Alfeo Giacomelli, più che l’indice di
navigabilità  del fiume, probabilmente indicava semplicemente
la presenza di barche passatorie. (3)
Ad ogni modo, qualunque fosse la realtà più
vicina alle diverse ipotesi, il diploma di Berengario I indica
abbastanza chiaramente che il Reno si poteva navigare dai pressi di
Bologna verso la bassa pianura a nord e permetteva di raggiungere il
mare Adriatico. Probabilmente,
trattandosi di un fiume a carattere
torrentizio, alimentato da piogge stagionali e non da nevi e
ghiacciai come i fiumi alpini affluenti di sinistra del Po, la
navigazione non era possibile per tutto il tempo dell’anno. Anche
se in quei tempi (prima del Mille) il fiume aveva una portata d’acqua
certamente superiore a quella dei secoli successivi, quando spesso le
sue acque venivano deviate per azionare mulini e opifici o peggio,
come nei tempi moderni, venivano imbrigliate con dighe e sbarramenti
di ogni genere che le sottraevano al flusso normale del fiume,
comunque nei mesi estivi e siccitosi, allora come oggi, il Reno
andava in secca per cui la navigazione non era possibile, se non per
brevi tratti.
Notizie di utilizzo del
fiume come mezzo di trasporto le abbiamo anche per il periodo
etrusco, cioè circa 2500 anni fa. Sappiamo che gli Etruschi,
provenienti dall’alto Lazio e dalla Toscana (chiamata Etruria dalla
loro presenza) valicavano l’Appennino e giungevano a Misa
(l’attuale Marzabotto), dove esisteva un consistente insediamento,
proseguivano verso Felsina (Bologna) e, tramite il fiume Reno che nei
pressi di Voghenza si immetteva in un ramo del Po (detto appunto
Spinetico), raggiungevano la città adriatica di Spina da dove
navigavano il mare Adriatico verso i mercati orientali (4).

Il geografo e storico greco Scilace (VI-V secolo a.C.) riferisce come
si potesse andare dal porto di Spina, sull’Adriatico, a quello di
Pisa, sul Tirreno, con un viaggio di tre giornate. Anche se pare
improbabile che si potessero coprire 80 chilometri al giorno, la
notizia viene confermata da un articolo apparso nel mese di agosto
2004 sul “Venerdì” del quotidiano La Repubblica dal
titolo: “Finalmente una strada che non porta a Roma”.
Nell’articolo Alex Saragosa (questo il nome dell’autore) narra,
con tanto di documentazione fotografica, come a Casa del Lupo, a
sud.est di Lucca, sia stata scoperta, sotto reperti di epoca romana,
una strada lastricata, larga ben sette metri, segnata in più
punti da solchi lasciati dalle ruote dei carri, che gli archeologi
hanno datato intorno al 550 a.C. in forza di frammenti di ceramiche
etrusche trovati sotto le pietre superiori del lastricato. Dopo aver
scoperto duecento metri di detta strada, che corre da ovest verso
est, seguendo parallelamente la non distante autostrada Firenze mare,
gli archeologi hanno stabilito trattarsi di un’arteria che gli
Etruschi avevano costruito per collegare il porto di Pisa, attraverso
Gonfienti, (una città etrusca vicino a Prato) Marzabotto e
Bologna per raggiungere Spina allo scopo di commercializzare nelle
zone adriatiche, il loro prodotto più prezioso, cioè il
ferro estratto all’isola d’Elba. A Marzabotto sono stati
rinvenuti residui di lavorazione ferrosa, ma anche a Maccaretolo,
circa 24 chilometri a nord di Bologna, dove il fiume Reno transitava
in epoca romana ed anche in qualche secolo precedente, in seguito a
scavi condotti dall’autunno 2000 alla primavera 2001, finalizzati
all’ esplorazione di un’area di oltre 5 ettari dove è
stato localizzato un Pagus romano risalente al periodo
compreso fra il II-I secolo a.C. ed il I-III d.C., sotto lo strato
romano, posto a circa metri 1,80-2,00 dall’attuale piano di
campagna, sono stati trovati (ad una profondità di oltre 2 m)
consistenti residui della lavorazione del ferro, che gli studiosi
attribuiscono di provenienza dai giacimenti dell’Elba. ( 5)

Quindi nel tratto di bassa
pianura il Reno veniva abitualmente navigato per raggiungere
l’Adriatico
( il disegno accanto ritrae però il canale Navile, pure navigabile, presso Malalbergo.)
Nel senso contrario, cioè¨ verso la sorgente, il
fiume veniva percorso dalla strada di fondovalle che da sempre
percorreva la sua riva sinistra (ma che, giunta al Sasso, a causa
dalla rupe che dà il nome alla località, il transito
diventava difficoltoso per cui era necessario o il guado per portarsi
sull’altra sponda, più alta e quindi maggiormente difficile,
oppure la risalita verso le strade di cresta per Jano, Lagune,
Medelana, Luminasio, Montasico. ( 6) .
Aggiunge
Giacomelli che gli Etruschi, per valicare l’Appennino e raggiungere
l’Etruria, non sceglievano il passaggio più facile verso la
sorgente del Reno (che nasce a Prunetta, in provincia di Pistoia, ad
una altitudine di 1130 metri) in quanto la zona pistoiese era allora
paludosa e poco praticabile, per cui da Marzabotto puntavano verso
Baragazza (toccando probabilmente Montacuto Ragazza dove pure sono
stati rinvenuti reperti etruschi) e si dirigevano verso Fiesole,
Arezzo, Chiusi, Populonia e l’Elba. 

Dopo gli Etruschi anche i
Romani hanno continuato a servirsi della via d’cqua offerta dal
Reno. Infatti, tornando agli scavi effettuati a Maccaretolo nel
2000-2001 gli studiosi hanno stabilito che quì il Reno
descriveva un ‘ansa verso est a cui era collegato un tratto di
canale artificiale con tanto di argini che si suppone servisse per il
carico e lo scarico delle navi. Le pietre di cui erano
costituiti i monumenti funerari venuti alla luce dall’inizio del
Cinquecento fino al 1988 (anno in cui è stato rinvenuto il  sarcofago di Titus
Attius e di Rubria Semne, sua moglie) sono di provenienza
dalle cave dell’Istria e dalle colline veronesi, e venivano
trasportati per mare fino alla foce del Po, di quì i natanti
risalivano il fiume fino a Vicus Habentia (Voghenza) che
sembra prendesse il nome da Avenza (o Aventia) antica denominazione
del Reno (7), quindi si dirigevano, sempre per
via d’acqua, verso Bononia transitando per Maccaretolo, dove
esisteva un vastissimo insediamento posto a diciotto miglia da
Bonomia, la quale era collegata a Maccaretolo, oltre che dal
fiume, anche da una strada posta sulla riva destra del Reno.(8)

Dopo il Diploma di re Berengario I, altri ne sono
stati proclamati da papi ed imperatori. Con la bolla di papa
Gregorio VII del 23 marzo 1074, giuntaci solo in copia
quattrocentesca (se non proprio un falso è certamente
largamente interpolata, scrive
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