La cavallina storna. Mistero svelato?

Il romanzo che svela un mistero…
LUNEDI’ 1 APRILE, ore 18
Libreria Coop Ambasciatori, via Orefici 19, Bologna
Presentazione del nuovo libro di Maurizio Garuti
IL SEGRETO DELLA CAVALLINA STORNA
Un’altra verità sul delitto Pascoli (Minerva)
Dialoga con l’autore Alessandro Castellari
– Letture di IVANO MARESCOTTI e PAOLA BALLANTI
Una confessione, filtrata segretamente da una generazione all’altra in seno a una famiglia di Savignano sul Rubicone, getta una luce nuova e forse risolutiva sul delitto più famoso della letteratura italiana. Maurizio Garuti raccoglie questa confessione e costruisce un racconto appassionante che riunisce il ritmo del giallo e lo spessore del romanzo di formazione.”
Per rinfrescare la memoria scolastica, riportiamo qui un breve commento dal sito
https://cultura.biografieonline.it/cavalla-storna-commento/
E il testo della celebre poesi
a di Giovanni Pascoli

Nella raccolta pascoliana dei Canti di Castelvecchio” (1903) è compresa una celebre lirica intitolata Cavalla storna“. Essa è dedicata appunto dal poeta a suo padre, che fu ucciso il 10 Agosto 1867. Il delitto rimase impunito. L’uomo fu raggiunto da un colpo di fucile mentre guidava un calesse e l’autore dell’omicidio non fu mai trovato. Il Pascoli aveva solo undici anni quando il padre morì in circostanze così misteriose.
In apertura della lirica si fa riferimento ad una tenuta, “La Torre”, nei pressi di San Mauro in Romagna, il cui amministratore era appunto il padre di Giovanni, Ruggero Pascoli. Nelle scuderie di questa villa si trovava la “cavalla storna“, nera con le macchie bianche, la stessa che guidava il calesse il giorno in cui l’uomo fu colpito a morte.

La cavalla storna

Nella Torre il silenzio era già alto.
Sussurravano i pioppi del Rio Salto.

I cavalli normanni alle lor poste
frangean la biada con rumor di croste.

Là in fondo la cavalla era, selvaggia,
nata tra i pini su la salsa spiaggia;

che nelle froge avea del mar gli spruzzi
ancora, e gli urli negli orecchi aguzzi.

Con su la greppia un gomito, da essa
era mia madre; e le dicea sommessa:

O cavallina, cavallina storna,
che portavi colui che non ritorna;

tu capivi il suo cenno ed il suo detto!
Egli ha lasciato un figlio giovinetto;

il primo d’otto tra miei figli e figlie;
e la sua mano non toccò mai briglie.

Tu che ti senti ai fianchi l’uragano
tu dai retta alla sua piccola mano.

Tu ch’hai nel cuore la marina brulla,
tu dai retta alla sua voce fanciulla„

La cavalla volgea la scarna testa
verso mia madre, che dicea più mesta:

O cavallina, cavallina storna,
che portavi colui che non ritorna;

lo so, lo so, che tu l’amavi forte!
Con lui c’eri tu sola e la sua morte.

O nata in selve tra l’ondate e il vento,
tu tenesti nel cuore il tuo spavento;

sentendo lasso nella bocca il morso,
nel cuor veloce tu premesti il corso:

adagio seguitasti la tua via,
perchè facesse in pace l’agonia…„

La scarna lunga testa era daccanto
al dolce viso di mia madre in pianto.

O cavallina, cavallina storna,
che portavi colui che non ritorna;

oh! due parole egli dovè pur dire!
E tu capisci, ma non sai ridire.

Tu con le briglie sciolte tra le zampe,
con dentro gli occhi il fuoco delle vampe,

con negli orecchi l’eco degli scoppi,
seguitasti la via tra gli alti pioppi:

lo riportavi tra il morir del sole,
perchè udissimo noi le sue parole„

Stava attenta la lunga testa fiera.
Mia madre l’abbracciò su la criniera.

O cavallina, cavallina storna,
portavi a casa sua chi non ritorna!

a me, chi non ritornerà più mai!
Tu fosti buona… Ma parlar non sai!

Tu non sai, poverina; altri non osa.
Oh! ma tu devi dirmi una una cosa!

Tu l’hai veduto l’uomo che l’uccise:
esso t’è qui nelle pupille fise.

Chi fu? Chi è? Ti voglio dire un nome.
E tu fa cenno. Dio t’insegni, come„

Ora, i cavalli non frangean la biada:
dormian sognando il bianco della strada.

La paglia non battean con l’unghie vuote;
dormian sognando il rullo delle ruote.

Mia madre alzò nel gran silenzio un dito:
disse un nome… Sonò alto un nitrito.