Biocombustibili. Rovina o salvezza? Dilemma dei nostri giorni

Sul tema dei biocombustibili, da sempre oggetto di interesse dei nostri soci, riportiamo qui, perchè meritevole di attenzione e riflessione, un  articolo di Carla Reschia pubblicato ieri sul sito www.lastampa.it  nella rubrica “Danni collaterali”. Si rimanda allo stesso sito per chi vuol leggere i commenti in proposito.
Presentati come l’alternativa vincente al petrolio ora sembrano responsabili della crisi alimentare
La verità , vi prego, sui biocombustibili. Sono una risorsa? Sono un danno? Salveranno il pianeta? Gli daranno il colpo di grazia? Premesso che, personalmente, non riesco a formarmi un’idea sensata in proposito, pongo il problema e la domanda a chi mi sappia chiarire le idee. All’inizio da alcuni, tra cui in prima linea le associazioni agricole, i biocarburanti – ovvero (traggo la definizione da qui), “i combustibili vegetali, rinnovabili e puliti dal punto di vista ambientale, che sostituiscono i combustibili derivati dal petrolio, non influiscono sull’effetto-serra e possono essere ottenuti grazie all’energia solare per mezzo della fotosintesi delle piante”, sembravano essere proposti come il toccasana per tutti i mali.
Ricordo il grande momento del biodiesel: ne aveva parlato anche il sito di Beppe Grillo, fra gli altri, e pareva che mescolando olio di colza al gasolio (prima ovviamente che quest’ultimo raggiungesse quotazioni degne dei diamanti) si realizzasse la mitica quadratura del cerchio: chilometraggio illimitato a prezzi accessibili, risparmio di risorse, meno inquinamento, ecc. Al prezzo, direi accettabile, di un lieve puzzo di patatine fritte. Bene, il contrordine compagni è arrivato con la crisi del prezzo del grano, quando si è cominciato a parlare di carestia planetaria. E tra i tanti e autorevoli appelli ne ricordo diversi che indicavano proprio nei biocarburanti la pietra dello scandalo, ciò che avrebbe assestato il colpo del ko a un sistema che tutti, anche se con grandi divergenze su cause e rimedi, concordano nel trovare in grave pericolo.

Oggi, con il vertice della Fao in pieno svolgimento, ecco Mubarak, presidente di un Paese, l’Egitto, dove la rivolta del pane ha provocato danni e vittime, chiedere alla comunità internazionale di regolamentare la produzione di biocombustibili «per un uso responsabile dei raccolti, che si preoccupi dei bisogni umani prima di quelli energetici».

Peraltro Luis Inacio Lula da Silva, presidente del Brasile che sui biocarburanti ha scommesso parecchio, la pensa in modo opposto e sostiene che «i biocombustibili non sono i cattivi che minacciano la sicurezza alimentare dei Paesi poveri. Al contrario, quando coltivati responsabilmente, in armonia con la realtà di ogni Paese, possono essere strumenti importanti di reddito» e «Il Brasile ne è un esempio».

Che bisogna smettere di investire nei biocombustibili e investire invece nel pane lo dicono invece le ong che seguono il vertice Fao. Secondo Oxfam, nel 2025 altrimenti ci saranno altri 600 milioni di affamati al mondo oltre ai più di 800 di adesso. Ma il secondo problema, dicono, è il mercato. E la colpa, secondo diverse ong, non è tanto dei governi bensì dello strapotere consentito alle multinazionali e dagli intermediari dal modello liberista. Mi fermo qui, del tutto confusa.”

Carla Reschia in ”Danni collaterali” rubrica de www.lastampa.it 3-6-2008