20 settembre 1870-2010. Roma capitale dell’Italia unita

Il 20 settembre 2010, cadeva il 140° anniversario
della storica entrata dei bersaglieri dell’esercito italiano in
Roma attraverso la
breccia di Porta Pia.
Nel
1870 Roma era ancora capitale dello Stato pontificio
, ultimo baluardo rimasto sotto la sovranità  del potere temporale
del Papa in un’Italia ormai , dal 1861, quasi completamente
unificata nel nuovo Regno sabaudo.
Alle celebrazioni dell’anniversario, oltre alle autorità  dello
Stato e del Comune di Roma, era presente anche il Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato vaticano. Ed è stata la prima volta che un’alta autorità vaticana interveniva alla commemorazione di un evento che la Chiesa aveva per decenni considerato un’usurpazione.
La Porta Pia è una delle porte che si aprono nelle Mura aureliane di Roma, così chiamata perchè fu fatta edificare dal papa Pio IV  tra il 1565 e il 1575 su progetto di Michelangelo (probabilmente modificato), entrata nella storia il 20 settembre 1870, quando il tratto di mura adiacente la porta fu lo scenario della fine dello Stato Pontificio.
Dopo cinque ore di cannoneggiamento, l’artiglieria del Regno d’Italia
aprì una breccia di circa 30 metri nelle Mura, che consentì ai
bersaglieri e ad altri reparti di fanteria di entrare in città.
Tra i tanti articoli dedicati all’argomento, ne riportiamo uno che
riferisce della descrizione che ne fece lo scrittore
EdmondoDe Amicis,
che partecipò alla battaglia.

De Amicis ufficiale a Porta Pia: «Quello che ho veduto ieri mi sembra un sogno» di Fabio Isman
dalle pagine online de 
il Messaggero.it  : ROMA (20 settembre) – Porta Pia è
in aperta campagna. A stento la città lambisce Termini, costruita
nel 1867; non c’è ancora via Nazionale. Roma è abitata da 230
mila persone: 50 mila sono poveri, o disoccupati; di quelle europee
con qualche nome, è la città meno costosa (davvero altri tempi).

La vita si svolge tutta in un brandello di terra: il “Tridente”, l’ansa del Tevere, poco
sull’altra sponda, qualcosa nei rioni, e quasi basta; anche andare
a visitare il Colosseo, significa una dose di chinino contro la
malaria. Un “vuoto di città”: nel 1865, a via della Vite va a
fuoco una vaccheria, e periscono 10 animali. Di 1.400 ettari (oggi
129 mila: è il territorio urbano più vasto in Europa, 1.285 km
quadrati), neppure 400 sono costruiti ed abitati. La Porta è
l’ultima creazione di Michelangelo, che non la vedrà finita:
prima, a 100 metri, c’era quella Nomentana. Nel 1575, dopo
Buonarroti, si apre una seconda arcata, non prevista dal progetto:
già allora, per alleviare il traffico. Ma la facciata esterna,
Virginio Vespignani la conclude soltanto nel 1869. Da Porta Pia, 140
anni fa, nel 1870, sono assenti Franti e la Piccola vedetta lombarda:
Cuore è del 1886; ma c’è Edmondo De Amicis. E’ fante e
ufficiale: ha combattuto a Custoza, redige La Vita militare, la
rassegna del ministero della Guerra. E il 21 settembre scrive:
«Quello che ho veduto ieri mi sembra un sogno: sono ancora stanco
dalla commozione, non sono ben certo d’essere qui, d’aver visto
quello che ho visto, d’aver sentito quel che sentii».

«La strada che conduce a Porta Pia è fiancheggiata ai due lati dal muro di cinta dei poderi»,
continua. E racconta la cronaca di quel giorno. Le prime cannonate
risuonano alle 5.10; alle 6.35, verso Porta San Pancrazio, fino a
sfiorare il Cupolone, iniziano i tiri delle batterie di Nino Bixio:
colpiti il Borgo e i Giardini vaticani; scoppia un incendio a
Trastevere. Pio IX Mastai Ferretti è il Papa più longevo: quasi 32
anni. Prima aveva fatto sperare, poi disperare, i “liberali”.
Convoca il corpo diplomatico: ai rappresentanti di 17 Nazioni esprime
viva protesta. Ce l’aveva con Bixio, ormai generale: durante la
Repubblica Romana, «quando era repubblicano», progettava «di
annegare nel Tevere il Papa e i suoi cardinali». Poi spiega: «Ho
dato in questo istante l’ordine della resa, non si potrebbe più
difendere se non spargendo molto sangue». Una bandiera bianca sul
Cupolone? C’è chi l’ha vista. Il piazzale sterrato dove oggi c’è
il monumento al Bersagliere è “il” luogo dell’Unità d’Italia.

Le cannonate aprono la famosa breccia: però, chi si fida a transitarla? Si avvicinano tre colonne:
da Villa Albani, da quella Patrizi e da quella che si chiamava
Falzacappa. Qui, De Amicis è più ellittico: ha incontrato «sei
battaglioni dei bersaglieri della riserva, che aspettano di avanzare
contro la Porta»; ma «non ricordo che ora fosse, non vi posso dar
particolari». Riesce a vedere «il 40° fanteria a passo di carica,
tutti i soldati presso la porta gettarsi in ginocchio, per aspettare
il momento d’entrare». Sente «un fuoco assai vivo di
moschetteria, poi un lungo grido “Savoia”, e una voce lontana
grida “Sono entrati”». Alle 9.45, il tricolore s’innalza su
Villa Patrizi: segno del cessate il fuoco e dell’assalto decisivo.
Entrano per primi il 12° e il 41° reggimento bersaglieri; i due
comandanti se ne andranno: il maggiore Giacomo Pagliari già sotto le
mura e il capitano Alarico Ripa, colpito, pochi giorni dopo. Ferita
violenta o apertura simbolica, la breccia che è su questo piazzale
comporta delle vittime: 49 degli italiani e 19 papalini, in
buona parte zuavi. I nomi dei primi sono su una lapide: sembra anche
con qualche errore. La via che, costeggiando le mura, è tra Porta
Pia e Piazza Fiume ha il nome di Augusto Valenziani: il primo tra
tutti i caduti.

I bersaglieri attraversano la breccia, e trovano una città malmessa. Abitanti tiepidi, per fargli
un complimento. Più che altro, è paura: paura del nuovo. Arrivano
al Quirinale: attorno, non c’era quasi nulla. Il primo ministero,
quello dell’Economia, lo vuole Quintino Sella, ed è costruito dal
1871; previdentemente, buona parte dei terreni in zona li aveva
comperati il cardinale Francesco Saverio de Merode, potente belga,
già ministro della Guerra del Papa. E’ la prima speculazione, in
una città che ha fame di case; ne servono, dicono, 40 mila; si
fabbrica subito un milione di metri quadrati. Quanto valeva cinque al
metro quadrato, in dieci anni ne costa cento. Il generale Alfonso La
Marmora non comandava più: esonerato dopo la battaglia di Custoza.
Ma passa per i 30 metri della breccia: diventa luogotenente a Roma.
Il 25 settembre, il generale Raffaele Cadorna, che comandava lo
scontro decisivo, con una Giunta provvisoria forma quel Comune che la
città non possedeva; nomi famosi: Caetani, Pallavicini, Sforza
Cesarini, Ruspoli, Odescalchi, Boncompagni Ludovisi.

Sempre De Amicis racconta il piazzale di Porta Pia dopo i fatti:
«La sola immagine enorme della Madonna che le sorge dietro era rimasta intatta» (in realtà , fu
lesionata e ora la sostituisce un mosaico; ma era del 1862; le statue
di Sant’Alessandro e Sant’Agnese, di Francesco Amadori che muore
nel 1555, già rimosse per fortificare la porta; non torneranno che
nel 1929); «il suolo è sparso di mucchi di terra, frammenti di
statue, materassi fumanti (erano stati messi a protezione di case e
statue), berretti di zuavi, armi»; «parecchi zuavi prigionieri
passavano in mezzo alle file dei nostri; in mezzo a Piazza Colonna,
300 disarmati, seduti sugli zaini, il capo basso, abbattuti e
tristi». Il Papa ne aveva 3.040. Il nerbo dei 13.624 armati: c’erano
anche un ottomano, un cinese, uno del Perù; ma la maggior parte
erano olandesi, belgi, francesi. Gli italiani, 4.000 in più
. Da due mesi il Papa ha proclamato l’infallibilità  pontificia; il 20
ottobre sospende il Concilio, riunito l’8 dicembre; il 1.

novembre ripete la scomunica per la presa della “sua” (ex) città .

(*) La foto in alto, scattata nel 1870 da Flanker dopo l’evento, mostra Porta Pia e la breccia  nelle mura, a destra. Tratta da wikipedia alla voce “Porta Pia “