Costanza da Argile e Giacomo da Valenza. Una storia d’amore e morte a Bologna, tra le fazioni di Pepoli e Gozzadini

Il 1300 fu un secolo travagliato, oltre che dalla peste, dalle grandi lotte tra Papato e Impero, che misero in crisi entrambi, tanto che per 70 anni il Papa si trasferì e prese sede in Avignone. I più importanti Comuni emiliani e italiani, che per circa un secolo si erano conquistati ampi spazi di autonomia, a causa delle lotte interne e di rivalità e mire esterne, finirono per affidarsi alle più stabili, forti e autoritarie, Signorie: gli Este a Ferrara, Modena e Reggio, i Malatesta a Rimini, i Visconti a Milano, i Medici a Firenze, i Gonzaga a Mantova, ecc. A Bologna, invece, inizialmente anche le Signorie furono di breve durata perché nessuna famiglia riuscì ad imporsi stabilmente (ci riuscirono solo i Bentivoglio nel 1400). Pertanto, all’inizio del 1300 la vita politica di Bologna, città e contado, fu caratterizzata dalle lotte di fazione fra guelfi (favorevoli al Papato) e ghibellini (favorevoli all’Imperatore), e in particolare tra le famiglie dei Geremei e dei Lambertazzi, e soprattutto tra i Pepoli (detti anche “scacchesi”, per il simbolo del loro stemma) e i Gozzadini (detti anche “maltraversi”, per la banda trasversale sul loro scudo).

Accadde dunque in questo clima infuocato, nel 1321, un fatto che sconvolse a lungo la città, in un periodo in cui era temporaneo Signore di fatto di Bologna Romeo Pepoli, ricco cambiavalute- banchiere, potente e di forte personalità, ma sempre sotto l’insidia del rivale Testa Gozzadini, altrettanto ricco banchiere e commerciante, temibile, di radicata famiglia e con seguito popolare.

La scintilla che accese un fuoco di rivolte a catena, venne da una storia d’amore contrastato, tra Costanza, figlia di Chilino Zagnoni, possidente di terre e case in Argile (1) e nipote del Dominus Giovanni d’Andrea Zagnoni dottore in Bologna, e il giovane studente spagnolo Giacomo da Valenza, che frequentava la prestigiosa Università (o Studium) di Bologna.

Non si sa come e quando i due giovani si siano conosciuti e frequentati. Forse Costanza per un certo tempo dell’anno abitava a Bologna, dove sicuramente il padre teneva parenti e una casa per curare i suoi affari in città, andando, o abitando, solo temporaneamente in campagna in estate, nel periodo dei raccolti, come era d’uso fare per i possidenti bolognesi con beni nel contado. Comunque fosse, è scritto nelle cronache che il primo incontro tra i 2 avvenne in gennaio e che subito il giovane studente si innamorò della ragazza e, certo di essere ricambiato, si recò a casa di Chilino Zagnoni per chiedere la sua mano. Il padre della ragazza, definito dai cronisti “uomo di vile condizione e di parte maltraversa”, oppose un netto rifiuto, perché nutriva un sentimento di forte diffidenza e ostilità nei confronti degli stranieri che studiavano all’Università, da lui considerati degli avventurieri, immorali e perdigiorno. Sentimento condiviso da molti bolognesi, soprattutto di parte “maltraversa”; mentre, al contrario, Romeo Pepoli e gli “scacchesi” proteggevano gli studenti, ritenendo che la loro presenza desse lustro e prestigio alla città.

Il rifiuto di Chilino Zagnoni ferì così non solo il cuore e l’orgoglio dello spasimante Giacomo da Valenza (oltre che quello della figlia Costanza), ma anche l’orgoglio di tutto il mondo universitario bolognese, studenti e professori. Tanto che l’innamorato respinto trovò molti alleati disposti ad aiutarlo quando decise di reagire con una iniziativa clamorosa e avventata (ma non infrequente a quei tempi): rapire Costanza.

A questo punto però le versioni dei cronisti del tempo e dei divulgatori successivi sono un po’ diverse. Il Griffoni scrisse che Giacomo si presentò una sera a casa di Chilino Zagnoni con alcuni amici studenti armati, per prelevare la ragazza (che si mostrava consenziente); ma il rapimento fallì per l’intervento del fratello e alcuni suoi amici. Altri, avvalendosi di altra fonte, hanno scritto che il rapimento avvenne lungo la strada delle Lame, percorsa abitualmente da chi viaggiava da Bologna ad Argile (o viceversa), presso Argelato. Secondo questa versione la ragazza fu presa dagli amici di Giacomo e portata a Bologna, nascosta in una casa e da loro sorvegliata a turno.

Di certo, e su questo le versioni coincidono, Chilino infuriato per l’oltraggio subito, denunciò il fatto al Capitano del popolo chiedendo l’intervento della giustizia pubblica e l’incriminazione di Giacomo e dei suoi amici complici.
La notizia del rapimento e della denuncia del padre della ragazza si diffuse rapidamente in città agitando gli animi dei bolognesi, che si schierarono, come al solito, in due partiti: gli innocentisti favorevoli all’assoluzione di Giacomo (pochi) e i colpevolisti che pretendevano una condanna severa ed esemplare (tanti).

I capifazione approfittarono della situazione per strumentalizzarla, ognuno pro domo sua. Romeo Pepoli e i suoi sostenitori cercarono di minimizzare e giustificare il rapimento, presentandolo come una bravata di un innamorato, che comunque non aveva esercitato violenza su di lei. Ma dall’altra parte, i “maltraversi”, con i Gozzadini, gli Azzogiuidi e i Galluzzi in prima fila a soffiare sul fuoco, pretesero una punizione esemplare in nome della giustizia. “Giustizia” che fu fatta, rapidissima, in marzo, con la condanna a morte per decapitazione di Giacomo da Valenza e degli altri studenti che avevano partecipato al rapimento.

Per Romeo Pepoli fu una sconfitta bruciante perché era evidente che il potere e l’influenza di cui aveva goduto fino ad allora non facevano più presa e i suoi oppositori avevano avuto gioco facile a montare la protesta di piazza contro “gli stranieri che portavano via le ragazze” .
Il Podestà del tempo, Giustinello da Fermo, che pure altre volte aveva fatto tagliare teste di esponenti “maltraversi” per compiacere i potenti Pepoli, preferì in quella circostanza appoggiarsi al partito più forte dei “giustizialisti” (oggi li chiameremmo così) che si era formato allora in città, ignorando le istanze di Romeo Pepoli e comminando una pena severa e mortale che appare sproporzionata alla colpa commessa dai giovani. La sentenza fu eseguita in piazza a Bologna, nonostante l’estremo tentativo del Pepoli di far evadere Giacomo.

Ma questa esecuzione, a sua volta, provocò fortissime reazioni e ci furono scontri e tumulti; studenti e professori, con un gesto di protesta plateale mai visto prima, decisero di abbandonare in massa l’Università di Bologna e si trasferirono a Siena. Sull’altro fronte, i “maltraversi” assalirono le case di Romeo Pepoli e dei suoi, pronti a devastare e uccidere.

Romeo Pepoli, fece appena in tempo a fuggire, il 17 luglio, salvandosi – si racconta- gettando manciate di monete dietro di sé per distogliere gli inseguitori (2).

Ma le lotte di fazione in Bologna continuarono ancora; seguirono mesi difficili; nel secondo semestre di quell’anno 1321, due Podestà si dimisero pochi giorni dopo la nomina trovandosi nell’impossibilità di tenere sotto controllo la situazione e le violenze. Inizialmente sembrarono prevalere i “maltraversi”; ma dopo qualche tempo, il capo, Testa Gozzadini, e molti dei suoi seguaci furono a loro volta cacciati, o “banditi” dalla città (3).

I fuorusciti dell’una e dell’altra fazione si sparsero e infestarono varie località del contado , compiendo malversazioni, vendette, e sobillazioni per rientrare con la forza in città. L’intolleranza e l’odio di parte prevalevano ovunque.

Intanto però i nuovi governanti di Bologna si resero conto che la fuga degli studenti stranieri aveva dato cattiva fama alla città e danneggiato i suoi interessi, e cercarono di farli rientrare, riappacificando lo Studio con il popolo e il suo governo. Ci fu una lunga trattativa e gli studenti e i professori, per rientrare in Bologna posero alcune condizioni:- che il giudice che aveva emesso la sentenza di morte chiedesse perdono pubblicamente; – che Chilino d’Argile e i suoi parenti fossero “banditi dalla città”; che gli studenti stranieri fossero considerati, da allora in poi , “come tutti gli altri del popolo di Bologna (in sostanza, con i diritti della “cittadinanza” come si direbbe oggi).

Nel 1322 il governo bolognese accettò queste condizioni, col beneplacito del Papa e del vescovo locale. Studenti e professori rientrarono in Bologna, nonostante Siena si fosse affrettata ad approvare provvedimenti favorevoli per trattenerli. Romeo Pepoli, dopo una serie di falliti tentativi di rientro, cadde nelle mani del legato pontificio Bertrand De Pujet (noto  come Bertrando del Poggetto), che lo trasferì alla corte di Avignone, perché rispondesse al pontefice Giovanni XXII delle molte accuse politiche e giudiziarie che gli erano rivolte. Ad Avignone Romeo morì nell’autunno del 1322.

Negli anni seguenti ancora non ci fu pace, perché si riaccesero le rivalità tra Modena e Bologna e nel 1325 l’esercito bolognese fu sconfitto a Zappolino dai modenesi, a quali si erano aggregati molti fuorusciti bolognesi di parte ghibellina che volevano rientrare da vincitori in città. Quindi nuove vendette, saccheggi e incendi in città e contado. Per uscire da questo groviglio di lotte, i bolognesi un paio di anni dopo chiesero infine la protezione del papa (pur in Avignone) e si affidarono al cardinale francese da lui mandato, Bertrand de Pujet, che però fece ancora peggio, assumendo pieni poteri religiosi e civili di Legato e Signore e inimicandosi tutti, tanto che fu cacciato da una rivolta popolare nel 1334

Rientrò quindi in gioco Taddeo Pepoli, il figlio di Romeo, chiamato dapprima come arbitro pacificatore tra le fazioni locali che continuavano a imperversare tra congiure e tumulti. Nel giro di 3 anni riuscì a conquistare tanto prestigio e potere da farsi nominare “Conservatore di pace e giustizia”, cioè “Signore” di fatto. Potere che mantenne per 10 anni, fino al 1347, quando morì improvvisamente, tra il cordoglio generale.

Ma i figli di Taddeo, Giacomo e Giovanni, suoi successori meno abili di carattere e incapaci di reggere una situazione della città impoverita e fiaccata da alcuni anni di peste e carestie, nel 1350 presero una decisione clamorosa e tragica: vendettero la Signoria di Bologna e contado a Giovanni Visconti, Arcivescovo e Signore di Milano.

Ma anche la Signoria dei Visconti riservò amare delusioni, imponendo sempre nuove tasse e imbarcandosi in nuove guerre contro Firenze e la Romagna.

Nel corso di queste vicende guerresche tra il 1354 e il 1360, scatenate in particolare da Giovanni Visconti da Oleggio e poi da un Matteo II di altro ramo dei Visconti, che imperversarono con le loro truppe nel bolognese, la comunità di Argile, che allora aveva il suo centro abitato più ad est dell’attuale, subì gravi devastazioni nelle campagne, saccheggi e case incendiate o distrutte.

Solo nel 1380, rientrato il Papa a Roma e raggiunto un accordo tra il nuovo governo di Bologna e il ricostituito Stato Pontificio, si ebbe, per un po’, maggior stabilità e il centro abitato del comune di Argile fu ricostruito, fortificato e chiuso in un nuovo “castrum” (o “Castello”) circondato da fossato e palancato, a spese del Comune di Bologna che lo scelse e valorizzò anche come sede e centro di un nuovo Vicariato comprendente i confinanti comuni di Argelato (comprensivo allora di Venezzano), Volta e Bagno (allora unito a Padulle). A dirigere i lavori di costruzione furono Berto Cavalletto e Lorenzo da Bagnomarino, gli architetti bolognesi più importanti del tempo.

Primo Vicario di Argile nel 1380 fu Pynus Gozzadini. Altri battaglieri Gozzadini, Bonifacio e Nanne, furono per un paio d’anni, 1402-1403, Signori delle vicine comunità di Cento e Pieve, dapprima alleati, poi in lotta contro i Bentivoglio. Ma si apriva un altro secolo, il 1400, ancora più turbolento per le nostre martoriate terre.

  • Questa è solo una parte dei complicatissimi eventi che videro temporaneo e fugace protagonista Giacomo da Valenza, uno sfortunato studente venuto da lontano, che pagò con la vita l’errore di essere entrato per amore in un gioco politico più grande di lui. Mentre della fanciulla rapita, l’infelice Costanza argilese/bolognese non si seppe più nulla, forse confinata in una delle case di campagna dei Zagnoni in Argile, o forse chiusa in un convento (come spesso accadeva alle giovani ritenute “disonorate”), a vivere di ricordi.

Magda Barbieri

NOTE BIBLIOGRAFICHE
Testo-stralcio dal libro di Magda Barbieri- La terra e la gente di Castello d’Argile e di Venezzano ossia Mascarino – vol. I – 1994, pagg. 88 / 91 (vicenda di Costanza) e pagg. 71 e 108 (Estimi con citazioni dei Zagnoni)

1) Si ritiene non corretta la citazione del nome del padre e della località di residenza fatta da Marco Poli in un articolo pubblicato su Il resto del Carlino nell’agosto 1992  “Storie d’amore a Bologna. Giacomo e Costanza” che lo chiamava “Cecchino Zagnoni da Argelata”, ripresa anche da Serena Bersani nel recente libro “Le grandi donne di Bologna. Storie e segreti” Newton-Compton Edit. 2019, che riassume la vicenda di Costanza a pag. 51 (biografia n.18 di 101 protagoniste).

Si ritiene più attendibile e corretta la citazione di “Chilino Zagnoni d’Argele” rilevata dal Memoriale di Matteo Griffoni, pag. 35, “ De Griffonibus Matthaei – Memoriale historicum de rebus bononiensium”– scritto nel 1420, e compreso nella Raccolta “Rerum Italicarum scriptores- T. XVIII, p. II, Ediz. In latino del 1731, Bologna, ristampato in italiano a cura di Ludovico Frati e Albano Sorbelli in ediz. 1902. Bologna.

  • La presenza di vari Zagnoni come “fumanti” possidenti residenti nel comune di Argile è confermata dalla loro citazione in documenti di estimo del 1245 e 1315, e pure successivamente nel 1385. Era frequente nelle cronache antiche meno accurate lo scambio e la confusione dei nomi molto simili dei comuni di Argile e Argelata, confinanti e poco conosciuti; mentre i documenti di estimo erano rigorosi e di valore ufficiale.

2) Sulle vicende dei Pepoli, vedi anche :

https://www.treccani.it/enciclopedia/romeo-pepoli_%28Dizionario-Biografico%29/

https://it.wikipedia.org/wiki/Pepoli

http://www.archiviodistatobologna.it/it/bologna/attivit%C3%A0/mostre-eventi/mezzo-alla-folla-pepoli/01-pepoli-bologna-europa

3) Dei Gozzadini:

https://www.treccani.it/enciclopedia/gozzadini_%28Enciclopedia-Italiana%29/

https://it.wikipedia.org/wiki/Gozzadini_(famiglia)

https://www.originebologna.com/torri/gozzadini/