Storia. Locale e generale
Palazzo Pepoli. Museo della
Storia di Bologna
25 ottobre 2014-22 febbraio 2015
Il viaggio oltre la vita. Gli Etruschi e l'aldilà tra capolavori
e realtà virtuale
Nata
da un'idea congiunta di
Genus Bononiae Musei nella Città, Fondazione Cassa di Risparmio in
Bologna e Museo Nazionale di Villa Giulia a Roma,
implementata
fortemente da Cineca
con un progetto scientifico e tecnologico senza precedenti, la
mostra verrà inaugurata il 24 ottobre Realizzata in collaborazione con l'Università di Bologna
Dipartimento di Storia Culture Civiltà, il Museo Civico Archeologico
di Bologna, la Soprintendenza per i Beni Archeologici dell'Emilia
Romagna e dell'Etruria Meridionale, la grande e innovativa mostra
dedicata alla civiltà Etrusca focalizza l'attenzione su un
aspetto tanto affascinante quanto complesso: il ricco
immaginario di questo antico popolo nei confronti dell'aldilà.
** in concomitanza con la mostra è in programma anche una serie di conferenze e visite guidate a tema su "L'Aldilà degli altri popoli" , di cui si allega il depliant col calendario
Un tema senza tempo affrontato da molteplici punti di vista: accanto
ad una rigorosa parte storico-scientifica che permetterà di ammirare
una serie di incredibili reperti, alcuni dei quali visibili per la
prima volta al di fuori di Villa Giulia, vi è una sezione basata
sulle più evolute tecnologie in ambito di realtà virtuale e dei più
avanzati aspetti della multimedialità che creeranno ambienti
immersivi e situazioni interattive, coniugando scienza, arte ed
effetti spettacolari in un perfetto equilibrio espressivo.
Anche film, musica, design e appuntamenti didattico-formativi
saranno protagonisti di rilievo in questa grande evento dove
archeologia e futuro si incontrano e si fondono.
Accanto al cartoon, che racconta la storia dell'etrusca Veio,
figurerà nella parte romana della mostra una riproduzione in
ologramma della celebre Situla della Certosa e l'esposizione
di una stele felsinea di particolare pregio.
Il tema centrale della mostra, “il viaggio oltre la vita”,
costituisce l'aspetto più affascinante della civiltà
etrusca, affrontato in mostra con l'obiettivo di svelare, attraverso
immagini e oggetti, le concezioni sull'Aldilà e fare comprendere ad
un vasto pubblico le prospettive che questo popolo antico aveva
sull'oltretomba.
La mostra presenta capolavori del Museo di Villa Giulia alcuni dei
quali esposti per la prima volta fuori Roma: ceramiche
figurate, sculture in pietra e l'emozionante trasposizione di
una Tomba dipinta di Tarquinia (la Tomba della Nave),
le cui pareti affrescate sono state “strappate” dalla camera
originaria e rimontate in pannelli in maniera tale da ricostruire
interamente l'ambiente tombale all'interno del Museo della Storia di
Bologna, per permettere ai visitatori di vivere l'esperienza di
entrare in una vera tomba etrusca dipinta. Si potranno inoltre
ammirare raffinati vasi attici da tombe etrusche tra cui il
celebre Cratere di Euphronios, trafugato e poi restituito
all'Italia dagli Stati Uniti, e due sculture in pietra da Vulci
e da Cerveteri.
Infine, Italdesign di Giugiaro mostrerà il
Clone del Sarcofago degli Sposi
** Maggiori informazioni:
http://www.genusbononiae.it/index.php?pag=325
ORARI:Da
martedì a domenica ore 10-19// giovedì orario prolungato fino alle
ore 22
BIGLIETTI: Biglietto integrato Genus Bononiae per
visitare la mostra e il Museo della Storia di Bologna, Palazzo Fava e
San Colombano Collezione Tagliavini: euro 12,00. Biglietto singolo per la mostra e il Museo della Storia di Bologna:
euro 10,00.
INFO: info@genusbononiae.it
Tel. 051 19936370
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Inserito da redazione il Gio, 2014-10-23 09:59
A Nonantola,
Palazzo Abbaziale Sala
Verde Piazza
Caduti Partigiani 6
- venerdì 24- sabato 25 ottobre 2014 - Convegno di
studi
In
occasione del XII centenario della morte di Carlo
Magno
la Fondazione “Ora
et Labora”
e la Deputazione
di Storia Patria per le Antiche Provincie Modenesi,
con la collaborazione dell’Archivio
Abbaziale di Nonantola, dell’Archivio di Stato di Modena,
del Centro Studi
Storici Nonantolani e
di ArcheoNonantola
organizzano il Convegno di studi su
Nonantola
e il territorio modenese in età carolingia.
Il
convegno, che si svolgerà il 24 ed il 25 ottobre, vuole essere
l’occasione per ripensare all’importanza della sua figura nel
nostro territorio, a partire dai luoghi che conservano testimonianze
a lui riferibili, per poi passare a un riesame della storia del
Modenese e degli sviluppi che ebbe la storia di Carlo Magno e
l’epopea carolingia nella tradizione culturale modenese, nella
storiografia e nel folklore locale, sino alla letteratura
cavalleresca e all’erudizione del Sei-Settecento e naturalmente non
dimenticando le rappresentazioni iconografiche.
Numerosi e qualificati i relatori che interverranno.
Sono
inoltre in programma mostre, conferenze e
percorsi guidati.
** In allegato la brochure con il
programma completo di orari, interventi e modulo di adesione
Mostre, conferenze e percorsi
guidati collegati al convegno
- Martedì 4 novembre 2014 - ore
20.30
Sala Verde del Palazzo Abbaziale
- Piazza Caduti Partigiani 6, Nonantola
Da una collaborazione tra
ArcheoNonantola, Museo Benedettino e Diocesano
d’Arte Sacra, Archivio Abbaziale e
Comune di Nonantola
Fernando Lanzi
del
Centro Studi per la Cultura Popolare BolognaSacrum Romanum Imperium
-
Carlo Magno
Imperatore fra Chiesa d’Occidente e Chiesa d’Oriente
- Sabato 29 Novembre - ore 16
Museo Benedettino e Diocesano
d’Arte Sacra – Via Marconi 3
Inaugurazione della mostra
fotografica e documentaria curata da ArcheoNonantola
e
Museo Benedettino e Diocesano d’Arte Sacra
Carlo Magno tra storia e
leggenda.
Tracce e memorie del grande
imperatore in Italia e nel modenese
* Prossima mostra al Museo Benedettino
e Diocesano d’Arte Sacra
“Lo scettro e la preghiera.
Carlo Magno e i Carolingi
nelle pergamene dell’Abbazia di
Nonantola”
Esposizione delle celebri pergamene di
Carlo Magno e dei suoi successori in un nuovo e
suggestivo allestimento.
**
Informazioni sul sito www.abbazia-nonantola.net
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Inserito da redazione il Lun, 2014-10-20 06:32
Il concetto di
Repubblica letteraria in Ludovico Antonio Muratori e un accenno
all’Accademia dei Fluttuanti di Finale Emilia
(Testo di Galileo Dallolio)
Nella circolare inviata
del 1704 a centinaia di destinatari in Italia , con lo pseudonimo
di Lamindo Pritanio, Ludovico Antonio Muratori (che
aveva 32 anni) auspicava che le Accademie esistenti si collegassero:
“con lo scopo di
restituire in Italia al loro primo splendore, anzi illustrate
maggiormente le lettere, …. destare gl’ingegni tuttavia
dormigliosi e accrescere coraggio e stimoli a chi già veglia e
corre” ….
“Perfezionare le arti
e le scienze col mostrarne, correggerne gli abusi e coll’insegnare
l’uso del vero”...
“Eleggere protettori
e ministri convenevoli di questa ideale repubblica, troncar le strade
all’ambizione, all’invidia e spezialmente alle brighe di coloro
che senza merito vogliono entrar a parte dei titoli ed onori, che
debbono essere solamente riserbati ai degni cittadini di questa
repubblica” …
“Liberarsi di novizi,
o poetastri, o cervelli fievoli, o sfaccendati (e offrire) la
scranna a scienziati veterani”...
in Primi disegni
della repubblica letteraria d’Italia esposti al pubblico
- Fabio Marri,
presidente del Centro Studi Muratoriani, scrive “ nel
1703 lancia l'idea di una Repubblica letteraria d'Italia, nella quale
propone progetti comuni di ricerca storica, di rinnovamento
scientifico (secondo il metodo di Galileo e del suo amico Newton,
ancora guardati con sospetto dalla Chiesa ufficiale) e di adeguamento
alla filosofia, ai metodi di indagine conoscitiva che stavano
prendendo piede in Europa (da Cartesio agli empiristi inglesi come
Newton e Locke)” in Muratori
e l’idea di Nazione italiana.
- L’Accademia dei
Fluttuanti di Finale Emilia
In questo contesto
l’Accademia dei Fluttuanti di Finale Emilia faceva la sua
parte. Era collegata a diverse Accademie quali L’Accademia
delle Scienze di Bologna , l’Accademia dei Ricovrati (oggi
Galileiana) di Padova e l’Accademia di Scienze Lettere e Arti di
Modena (già Accademia dei Dissonanti) , attualmente vive ,
ben organizzate e ricche di iniziative.
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Inserito da redazione il Lun, 2014-09-22 08:54
-“Donne giovani,
avvenenti, e gioviali” (Raccolta
di citazioni storiche di Galileo Dallolio
1-“Borso
d’Este , avendo ricevuto dall’imperatore Federico 3° d’Asburgo
il titolo di Duca nel 1452, ..incamminato egli a compiacenza de’
sudditi, a visitare ogni parte del suo Dominio, giunse acclamatissimo
a Finale, e vi fu di ritorno dopo il lieto suo giro. Molti furono i
segni di giubilo, con cui nell’andare, e nel ritornare fu egli qui
accompagnato secondo la costumanza di que’ tempi. Ed una in
particolare quella essendo di aversi una certa professione di Donne
giovani, avvenenti, e gioviali, che nella pubbliche, e private
allegrezze, e ne’ più lieti accompagnamenti, danzando, cantassero
con cembali alla mano graziose cantilene; così da buon numero di
queste , che dicevansi Raine venne sempre ne’ viaggi trattenuto;
come lo fu anche per quanto si scorge, indi l’anno 1469”.
(pag.46 Memorie del Finale di
Lombardi di Cesare
Frassoni , in seguito, a pag.51 Frassoni
scrive che le indicate Donne cantanti lo scortano fino alla
Mirandola)
2- Ci si può
fermare all’ informazione, insolita e curiosa, che a Finale,
nel 15° secolo, esistesse una professione fondata sul cantare ,
suonare e danzare in pubblico. Attraverso il libro ‘La
musica a Ferrara nel Rinascimento’ di L.Lockwood, Il
Mulino 1987 e mi sono venute in mente alcune idee.
Guardiamo le date: dal
1393 al 1505 a Ferrara governano Niccolò 3°, Leonello, Borso ed
Ercole 1°.
E’ un periodo che vede
nascere la bellezza e la ricchezza della Ferrara rinascimentale.
Sono diversi i fatti importanti : la nascita dello Studio (nel
1391), la presenza di Leon Battista Alberti , Pisanello, Piero della
Francesca, Mantegna, Cosmè Tura, Francesco del Cossa, Ercole de'
Roberti, Lorenzo Costa di Guarino Veronese che insegnò a
Ferrara dal 1430 al 1460, il Concilio di Ferrara (per
un anno) del 1438 (‘la sera del 16 gennaio 1439 accompagnato dal
Marchese, e da diversi Cardinali, il Pontefice Eugenio 4° che per
oggetto di peste, e di altra prudente riflessione, levò da Ferrara
il trasportatovi Concilio’ alloggiò nella Rocca di
Finale, Frassoni pag.44 Memorie del Finale) ,
l’addizione erculea di Biagio Rossetti del 1492
(Palazzo dei Diamanti ecc.) e infine nel 1505 : Ludovico
Ariosto aveva 31 anni, Dosso Dossi 19 e il
Garofalo 24.
Si ha un’idea di tutto
questo visitando Ferrara o leggendo libri quali ‘Saper
vedere l’urbanistica. Ferrara di Biagio Rossetti, la prima città
moderna europea’ di Bruno Zevi, Einaudi 1960
e Officina Ferrarese, Sansoni ed. 1955 di Roberto
Longhi .
3- Finale in
quell’epoca è governata da Podestà di nomina estense e in
quei 112 anni di splendore ferrarese ben 74 sono i nobili ferraresi
che assumono tale incarico . Tornando al libro di Lockwood (
che all’epoca era presidente dell’American Musicological
Society) ecco altri spunti relativi alla musica :
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Inserito da redazione il Lun, 2014-09-22 08:25
Giovanni Battista
Vicini, Carlo Goldoni e Ludovico A.Muratori : quasi un fatto di
cronaca (Testo di Galileo Dallolio).
Giovanni Battista
Vicini nell’elenco degli Accademici Fluttuanti di
Finale Emilia è descritto come Professore di Poesia Italiana
nel Collegio de’ Nobili di San Carlo di Modena . Nell’Accademia
dei Dissonanti di Modena, dove era aggregato, si legge che ’Nato
a Finale nel 1709 e morto a Modena nel 1782. Abate, appartenente
all’Arcadia, poeta primario di Corte e storico di Correggio. Alcuni
suoi scritti in versi sono ricordati dal Tiraboschi. Appartenne alla
Colonia Erculea dell’Arcadia con il nome di Filidoro Meonidese’.
Un tranquillo professore,
parrebbe. Salvo che un testimone d’eccezione , Carlo Goldoni,
assiste ad una scena molto particolare , attraverso la quale e per
quanto poi si leggerà in L.A.Muratori, Vicini appare una
personalità molto diversa.
“In mezzo a una
grande folla vidi un patibolo alto cinque piedi, sul quale stava un
uomo a testa scoperta e con le mani legate: era un abate, che
conoscevo, letterato assai illuminato, celebre poeta, conosciutissimo
e stimatissimo in Italia: era l’abate G..B..V..Un prete teneva in
mano un libro; un altro interrogava il paziente, il quale rispondeva
con alterigia; gli spettatori battevano le mani e lo incoraggiavano;
i rimproveri aumentavano, l’uomo oltraggiato fremeva. Non potei
resistere oltre; me ne andai pensoso, scosso, stordito;
immediatamente fui assalito dai miei vapori; rincasai, mi chiusi in
camera, immerso in tristissime riflessioni, umiliantissime per
l’umanità. ‘Gran Dio!’ dicevo tra me, a che cosa non siamo
esposti in questa breve vita che siamo costretti a trascinare? Ecco
un uomo accusato d’aver tenuto discorsi scandalosi a una donna che
era andata a confessarsi. Ma chi l’avrà denunciato? E’ stata la
donna medesima. Cielo! Non è dunque punizione sufficiente essere
disgraziati?” (Carlo Goldoni,Memorie
, Rizzoli BUR 1993, pag.106)
- Nel libro dei Processi
del tribunale dell’inquisizione di Giuseppe Trenti, si
legge che Giovanni Battista Vicini è stato processato per
proposizioni ereticali negli anni 1747, 1760, 1776, 1778.
- Ludovico Antonio
Muratori , ed è probabile che si stia
riferendo alla scena vista da Goldoni, scrisse al cardinal Fortunato
Tamburini a Roma il 20.10.1747 ‘Intenderà
vostra Eminenza quanto è avvenuto del Vicini, detenuto qui dal Santo
Uffizio. Mi ha fatto orrore l’ultima sua pazzia, per cui il veggo
perduto. Gli ho fatto più prediche: poco ne ha approfittato
.Finalmente avrebbe col tempo potuto sperare indulgenza: ha rovinato
tutto. Noi perderemo uno dei nostri migliori ingegni in belle
lettere’.
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Inserito da redazione il Lun, 2014-09-22 08:00
Sulla
via Nazionale, proprio in centro a Malalbergo, a pochi passi sia dal
Municipio (alla sua sinistra) che da Palazzo Marescalchi (alla sua
destra), s’erge un palazzone adibito a “Centro Commerciale”.
Però tutti sanno che lì, tempo fa, c’era “il mulino”.
Parecchi
abitanti ne serbano ancora memoria e per questo ricordo non importa
scomodare i soliti “anziani”. Tuttavia questa reminiscenza
riguarda l’edificio
(alto, imponente, con il suo lato ovest a forma semicircolare) ma non
l’opificio
vero e proprio nella sua attività originaria della molitura: e ciò
in quanto le macine cessarono il loro nobile lavoro circa
sessant’anni fa (1).
Ma
ci vengono spontanee due domande: che cos’è il mulino e perché ha
questo nome? In verità il mulino è uno strumento che produce un
lavoro meccanico, derivante dallo sfruttamento di una forza, sia essa
l’energia elettrica, o l’acqua, o il vento, oppure una forza
animale o umana. La somiglianza delle due parole
mulino
e mulo,
(il primo, nell’italiano corrente, non è però, grammaticalmente,
il diminutivo del secondo) ci richiama subito alla mente la forza
continua e remissiva di questo equino ibrido, così adatto a fornire
energia-lavoro di carattere animale, motrice ideale di tutta la
struttura. L’etimologia, al contrario, ci conduce al verbo latino
molĕre,
cioè macinare, ed all’altro termine latino mola,
vale a dire a quella grossa pietra circolare che stritolava i chicchi
di cereale. Sarebbe quindi forse più giusto usare il termine molino:
ma
ormai questa parola da parecchio tempo risulta in disuso.
Vorremmo
qui rammentare al lettore l’importanza che il mulino ha avuto nei
tempi passati allorquando la sua presenza si rivelava essenziale per
l’economia -ed anche per la vita stessa- di un territorio: ecco
perché, al fine di renderlo in grado di poter servire una zona molto
vasta, avrebbe avuto bisogno di una forza costante e poderosa, che
sostituisse ed amplificasse la trazione animale.
Scritto in Malalbergo/Altedo | Storia. Locale e generaleleggi tutto | letto 2593 volte
Inserito da redazione il Lun, 2014-06-09 09:55
2014: CENTO ANNI DELL’
ILLUMINAZIONE ELETTRICA PUBBLICA A S. GIORGIO DI PIANO. Ricerca
di Anna Fini
Esattamente 100 anni fa, nel
1914, nel comune di San Giorgio di Piano si passava
dall’illuminazione pubblica a gas acetilene all’illuminazione
elettrica. Ma come avvenne questo passaggio?
Nel lontano 1912 la Società
Elettrica di Bologna chiese d’iniziare le pratiche per
impiantare una rete di pubblica illuminazione elettrica a San
Giorgio. La Giunta, allora presieduta dal Sindaco
Gaetano Rossi, pensando che questo nuovo sistema fosse
più sicuro, più economico e più pratico rispetto al sistema sin a
quel momento utilizzato, affidò all’assessore Gaetano Tommasini
l’incarico di studiare l’argomento.
San Giorgio attraversava, in quegli
anni, uno “sviluppo dell’arte edilizia” con un aumento
delle dimensioni del paese che aveva reso l’impianto
d’illuminazione a gas acetilene insufficiente ed era quindi
indispensabile la sua estensione oppure la sua sostituzione con un
impianto a luce elettrica. Le due soluzioni vennero vagliate
dall’Amministrazione pubblica con l’intento di conciliare
funzionalità e “maggior utile per le finanze del comune”:
se inizialmente si prese in considerazione la possibilità di
conservare l’impianto , in quanto aveva dato durante gli anni un
ottimo risultato, l’analisi di alcuni dati oggettivi fece decidere
diversamente.
La Società Centrale
d’Elettricità aveva infatti già collegato alla rete
elettrica il Comune di San Giorgio di Piano: dal settembre 1911 la
società stessa aveva avuto il nulla osta per “impiantare nel
nostro comune una linea elettrica per il trasporto e diffusione
dell’energia a scopo industriale domestico ed agricolo”.
Ciò
aveva indotto a ricorrere a questo tipo di energia sia gran parte
degli industriali per i propri “opifici” che molti privati
per le utenze domestiche: rimanevano pertanto “ben pochi utenti”
che utilizzavano ancora il gas acetilene ed in queste condizioni
l’azienda che gestiva quell’impianto si trovò nella necessità
di chiedere un aumento delle prezzo del gas acetilene per fiamma-ora
(da 5 a 6 centesimi l’ora), provocando così un notevole aumento
nel costo dell’illuminazione.
Scritto in S. Giorgio di Piano | Storia. Locale e generaleleggi tutto | letto 2356 volte
Inserito da redazione il Dom, 2014-05-18 06:06
SEMINARI SU CHIESA E "MEMORIA
DIVISA" IN ITALIA.
Gli storici utilizzano
l'espressione "memorie divise" per individuare letture
fortemente conflittuali sulla natura e sulle responsabilità delle
stragi di civili per rappresaglia, compiute nell'ultimo conflitto
mondiale da truppe tedesche e da collaborazionisti italiani.
Eventi
che ripropongono inevitabilmente alcuni nodi del nostro passato,
quali il rapporto della Chiesa cattolica con il Fascismo e con
la Resistenza (fortemente evocati dallo stesso avvio del
processo canonico di beatificazione dei sacerdoti uccisi a Monte Sole
di Marzabotto).
A Bologna, P.le
Bacchelli 4, la Facoltà Teologica dell'Emilia Romagna
propone su questi temi dieci seminari di approfondimento,
coordinati da Alessandra Deoriti.
Dal 14 marzo all'11 aprile verranno
considerati principalmente i macro-contesti, dal 2 al 30 maggio il
quadro locale e la vicenda della strage di Monte Sole.
Per la partecipazione è
richiesta l’iscrizione (telefonare a: 051.3392904 o
scrivere a sft@fter.it).
Agli iscritti sarà fornita una
bibliografia specifica a inizio corso.
*** Questa la TRACCIA dei Seminari per il mese di maggio:
Scritto in Bologna | Storia. Locale e generaleleggi tutto | letto 1204 volte
Inserito da redazione il Sab, 2014-03-15 06:56
1938- 1945. La
persecuzione degli ebrei in Italia. Deportazione e solidarietà nel
territorio modenese. Avvio di una riflessione
In occasione del Giorno della
Memoria 2014, il Ministero dell’Interno e la Prefettura di
Modena hanno organizzato una
mostra, di
concerto con l'Archivio di Stato di Modena, la Biblioteca
Estense Universitaria, L'Istituto Storico di Modena, La
Fondazione Fossoli, la Fondazione Villa Emma e la Comunità ebraica
di Modena e Reggio Emilia,
La mostra presenta al pubblico
l’omonima esposizione sugli eventi nazionali realizzata dalla
Fondazione Centro di documentazione ebraica contemporanea CDEC
e una esposizione di documenti originali sulla persecuzione a
Modena e in provincia selezionati nei propri archivi dalle
altre istituzioni partecipanti.
La mostra sarà inaugurata
martedì 21 gennaio alle ore 15.30 al teatro della Fondazione San
Carlo a Modena alla presenza di Michele di Bari,
prefetto; Giorgio Pighi, sindaco della città;
Euride Fregni, direttrice Archivio di Stato;
Michele Sarfatti, direttore Centro di Documentazione
Ebraica Contemporanea.
Sarà aperta dal 21 gennaio al 4
febbraio all’interno della Chiesa di San Carlo,
via San Carlo, 5 , tutti i giorni dalle ore 9 alle 13 e
dalle 15,30 alle 19. L’ingresso è gratuito.
Sono organizzate visite per le scuole
su prenotazione, in orario di apertura antimeridiano. Per motivi
organizzativi è necessario prenotarsi solo via mail all'indirizzo
didattica@istitutostorico
.com (referente Giulia Ricci, responsabile didattica Istituto
storico di Modena). Sarà possibile effettuare le prenotazioni anche
durante il periodo dell'esposizione.
Supporti e materiali didattici
scaricabili dal sito http://www.museoshoah.it/home.asp
Scritto in Modena | Storia. Locale e generaleleggi tutto | letto 1401 volte
Inserito da redazione il Ven, 2014-01-17 07:03
“L'eredità dei Bastardini:
dall'assistenza all'arte"
Dal 18 gennaio al 2 marzo in
mostra opere scelte dal patrimonio della Provincia di Bologna
L'esposizione,
allestita a palazzo Pepoli Campogrande , via
Castiglione 7, sarà inaugurata sabato 18 gennaio
alle ore 17
e rimarrà aperta fino al 2 marzo.
Si
potranno ammirare trentadue opere, quadri,
sculture e oggetti di devozione religiosa, che
vanno dal Trecento
all’Ottocento,
per raccontare un brano di storia di Bologna. Opere che raramente, e
solo in parte, sono state esposte. E' il caso del “medagliere”,
in mostra per la prima volta, che raccoglie gli oggetti lasciati fra
le fasce dei neonati abbandonati: monete e medaglie spezzate a metà,
giustacuori, immagini sacre, spesso accompagnati dal nome del
fanciullo e dalla data di nascita. Lasciati con la speranza, chissà,
di ritrovare un giorno il bambino affidato alle cure dell’Ospizio
cittadino.
L'esposizione,
a cura di Gian Piero Cammarota, Marinella Pigozzi
e Serena Maini, è
stata organizzata in collaborazione con la
Soprintendenza ai Beni storici, artistici, etnoantropologici di
Bologna, Ferrara, Forlì-Cesena, Ravenna e Rimini e con il sostegno
di BolognaFiere. L'evento
partecipa ai programmi di Arte Fiera,
in calendario dal 24 al 27 gennaio 2014,
con tutte le iniziative previste in città per ART
CITY Bologna 2014.
Orario
di apertura 19
gennaio - 2 marzo 2014
martedì - mercoledì: 14.00 – 19.00 / giovedì- venerdì - sabato
- domenica: 9.00 – 19.00 Ingresso gratuito
Scritto in Bologna | Storia. Locale e generaleleggi tutto | letto 1190 volte
Inserito da redazione il Lun, 2014-01-13 06:48
Custode di oltre tredici secoli di
storia, l'Archivio di Stato di Modena è uno dei 103
istituti archivistici dello stato presenti sul territorio nazionale.
Conserva nel suo immenso patrimonio documentario, le carte
della Casa d'Este, una delle dinastie preunitarie più
rilevanti, grazie alla sua longevità.
Per scoprire la sua storia e i
documenti preziosi che conserva è stata realizzata una
pubblicazione dal titolo "Tesori" e una mostra fotografica "Senti la
carta… "
che verranno presentate
- venerdì 13
dicembre alle ore 17.30 al Palazzo ducale Accademia militare di
Modena . Interverranno Giuseppenicola Tota comandante
dell’Accademia militare, Carla Di Francesco,
Direzione regionale per i Beni culturali e paesaggistici dell’Emilia
Romagna, Euride Fregni, Archivio di Stato di
Modena, Vincenzo Vandelli, Progettisti associati
Sassuolo, Vittorio Ferorelli, giornalista e
scrittore e Roberto Vezzelli, Società
cooperativa Bilanciai.
La mostra è visitabile dal 13
dicembre al 7 gennaio tutti i giorni dalle 10 alle 12 e dalle
17 alle 19.
Il 24 ed il 31 dicembre solo dalle
10 alle 12. La mostra rimarrà chiusa il 25 dicembre e il 1°
gennaio.
Dal 1862 l’Archivio di Stato di
Modena ha profuso impegno nella salvaguardia e nell’inventariazione
della documentazione custodita, per renderla al meglio fruibile ai
numerosi studiosi che frequentano la sua sala di studio. Oggi tale
impegno non appare più sufficiente e l’Archivio è chiamato ad
attuare anche una forte azione di valorizzazione della
documentazione.
Scritto in Modena | Storia. Locale e generaleleggi tutto | letto 1111 volte
Inserito da redazione il Mer, 2013-12-11 08:34
In occasione della IV Conferenza Internazionale di Genealogia
(Modena 15 - 16 novembre 2013), l'Archivio di Stato di
Modena, in collaborazione con l'Associazione
Nonsoloscuola e la Fondazione FamilySearch, presenta una
mostra documentaria sull'evoluzione del passaporto a partire
dal secolo XV fino ai giorni nostri, a cura di Margherita
Lanzetta con la collaborazione di Daniela Calzavara e
Maurizio Polelli.
L’esposizione attinge dai corposi fondi dell’ Archivio di Stato
per riscoprire attraverso quattro periodi della storia modenese, una
vasta gamma di documenti, dai lasciapassare ai salvacondotti,
dalle lettere patenti alle carte di sicurezza e ai passaporti -
sia individuali che collettivi - rilasciati dai vari governi che si
sono via via succeduti.
Questa particolare tipologia documentaria risulta essere una fonte
importante anche nelle ricerche genealogiche poichè consente di
recuperare non soltanto informazioni anagrafiche per ricostruire la
propria storia familiare nel tempo ma avere la possibilità di dare
anche un volto ad un nome.
* La mostra sarà aperta dal 16 novembre 2013 al 28 febbraio
2014, visitabile dal lunedì al venerdì su prenotazione (tel.
059 230549) e ad ingresso libero, senza prenotazione, nelle
giornate del giovedì, dalle 15 alle 17,30 e del sabato, dalle 10
alle 13.
** PS L'Archivio di Stato di Modena
aderisce all'iniziativa promossa dla Ministero per i beni e le
attività culturali e del turismo volta a promuovere la conoscenza
degli Archivi di Stato e delle loro preziose raccolte archivistiche.
Domenica 1 dicembre, con apertura continuata dalle ore 10,15 alle
ore 17,45, sarà possibile visitare la mostra sull'evoluzione del
passaporto come documento identitario "Chi sei, da dove vieni e
dove vai? Lascia passare" L'ingresso è libero e non
necessita alcuna prenotazione.
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Inserito da redazione il Lun, 2013-11-11 11:10
Sabato 11 maggio alle ore 10, presso il Cimitero della Certosa,
le spoglie di Teresa Noce (Estella) saranno
traslate nel Monumento Ossario dedicato ai partigiani caduti
per la libertà, l’opera in cemento e metallo, realizzata
dall'architetto Piero Bottoni e inaugurata dal sindaco
Giuseppe Dozza nel 1959.
L'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia ha attribuito a
Teresa il pieno diritto ad essere ricordata all'interno del Monumento
per il suo passato di antifascista e resistente in Italia, Spagna,
Francia e Germania. Alla cerimonia saranno presenti rappresentati
delle Istituzioni pubbliche, dell'ANPI e della società civile.
Teresa Noce
nasce a Torino il 31 luglio 1900. Antifascista della prima ora, è
tra le fondatrici del Partito comunista italiano nel 1921. Dopo aver
sposato Luigi Longo espatria con lui a Parigi nel 1926 dove svolge
attività di propaganda contro la dittatura fascista, fondando il
giornale “Noi Donne”. Si reca più volte clandestinamente in
Italia per dirigervi l’attività antifascista e nel 1934 organizza
in Emilia gli scioperi delle mondine.
Nel 1936 si
reca in Spagna tra i garibaldini volontari a difesa della Repubblica
ed assume il nome di battaglia “Estella”. Negli anni della guerra
mondiale partecipa alla Resistenza francese e dirige l'organizzazione
della “Mano d’Opera Immigrata”(MOI), parte integrante della
Resistenza. Arrestata nel 1943 viene deportata prima a Ravensbrück e
poi a Holleischen.
Liberata alla
fine della guerra, è una delle cinque donne della Commissione dei 75
dell'Assemblea Costituente che scrive la Costituzione Italiana e
conduce in Parlamento le battaglie per la tutela e difesa delle
lavoratrici. Dal 1947 al 1955 è Segretaria della Federazione
Impiegati e Operai Tessili e presidente e poi segretaria (1949-1958)
dell'Unione internazionale sindacale dei lavoratori tessili e
dell'abbigliamento. Muore a Bologna
il 22 gennaio 1980.
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Inserito da redazione il Mer, 2013-05-08 05:42
Sabato 11 maggio ore 17.00 a Bologna presso la Libreria
Zanichelli – Piazza Galvani Incontro con Giacomo Bollini per la presentazione del
suo libro
IL CALVARIO DEGLI EMILIANI. L’attacco del 1915 sul
Podgora (Gaspari).
Interviene, con l'autore, l'editore Paolo Gaspari.
All’alba
della dichiarazione di guerra, i soldati italiani varcarono
entusiasti il confine all’oscuro di cosa li stesse aspettando:
Gorizia era lì, aldilà del fiume, nascosta solo da una bassa
collina. Quella collina si chiamava Podgora, chiamata anche Monte
Calvario, e sarà la prima tomba della Grande Guerra per i fanti
bolognesi, che fra l’8 e il 10 giugno 1915 furono mandati
all’assalto.
Questa è la
loro storia, ricostruita tra testimonianze dirette e documenti
d’epoca.
In collaborazione con il Museo Civico del Risorgimento di Bologna,
sul cui sito si possono consultare migliaia di fotografie e materiali
dedicati alla Grande Guerra:
http://www.comune.bologna.it/museorisorgimento/
Info: 051.225583 museorisorgimento@comune.bologna.it
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Inserito da redazione il Mer, 2013-05-08 05:35
La nuova serie dei Tesori di
carte dell'Archivio di Stato di Modena, realizzata in
collaborazione con l'Accademia Nazionale di Scienze, Lettere e
Arti e con il progetto teatrale "Il Ratto d'Europa"
di Emilia Romagna Teatro, propone una serie di appuntamenti
tutti dedicati al tema dell'Europa, per riflettere insieme sull'idea
che di essa si è venuta formando attaverso i secoli e le grandi
vicende che l'hanno vista ora protagonista ora silenziosa
spettatrice.
Di seguito gli appuntamenti del primo
semestre (gennaio- giugno 2013), che si svolgeranno presso
l'Accademia Nazionale di Scienze, Lettere e Arti, ogni ultimo
mercoledì del mese dalle 16 alle 17:
Il prossimo incontro:
- 24 aprile Politiche
internazionali. Le relazioni di Casa d'Este con le potenze europee a
cura di Angelo Spaggiari
- 29 maggio Notizie da Venezia nei
dispacci degli agenti Vezzosi e Donà nel sec. XVII, a cura di
Rosa Lupoli
- 26 giugno Oltre i confini: da
Modena e da Reggio lungo le strade d'Europa , a cura di Paola
Foschi
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Inserito da redazione il Mar, 2013-01-29 08:02
Sotto il segno dei Bentivoglio
Un nuovo prestigioso arricchimento
delle raccolte dell’Archiginnasio di Bologna: una pergamena
bentivolesca del 1457 .
La
pergamena, presentata nei
giorni scorsi da Paola Foschi
in un pubblico incontro, è stata donata alla Biblioteca
dell’Archiginnasio dalla famiglia Palasciano in memoria di Modesto
Palasciano, appassionato e cultore dell’arte e della storia in
tutte le sue manifestazioni.
La felice occasione di accogliere un
nuovo prestigioso documento nelle ricche raccolte di manoscritti
della biblioteca permette e stimola una riflessione sui Bentivoglio,
una grande famiglia bolognese fra Medioevo e Rinascimento, e
illumina un segmento ricco e tormentato di storia bolognese.
Attraverso questo atto sono meglio chiariti i rapporti conflittuali
fra la famiglia dominante, i Bentivoglio, con i principali fra
i loro seguaci, i Marescotti, e le famiglie che li
contrastavano, i Ghisilieri insieme ai Canetoli.
I pericoli e le fatiche patite da
Galeazzo Marescotti per liberare Annibale I Bentivoglio,
prigioniero nella rocca di Varano di Francesco e Niccolò
Piccinino, originarono una sostanziosa ricompensa ad un fedele
seguace. Fu il cardinale legato Ludovico Milà a confermare la
donazione al Marescotti, già deliberata dai Riformatori
dello Stato di Libertà, di terreni e di una torre in una zona di
alta pianura ricca e fertile, il Confortino, fra Anzola Emilia
e Crespellano.
Dopo la morte violenta di Annibale
Bentivoglio lo stesso Galeazzo narrò al suo erede nel
governo di Bologna, Sante, sia la rischiosa e onorevole
impresa della liberazione sia la disperata resistenza all’assalto
che Canetoli e Ghisilieri portarono a tradimento ad Annibale,
che causò la sua morte e il ferimento del Marescotti.
La Biblioteca dell’Archiginnasio
possiede una copia molto elegante della Cronaca scritta dal
Marescotti e la mostra in questa occasione insieme all’atto di
donazione, sottolineandone la straordinaria importanza sia per la
storia dell’arte e della letteratura che per la storia stessa della
città di Bologna.
* Nell'occasione, è stato anche
presentato il volume di Marco Viroli, I Bentivoglio signori di
Bologna (Cesena, Il Ponte Vecchio, 2011). Relatore
Rolando Dondarini
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Inserito da redazione il Mer, 2012-11-14 16:18
Sabato 20 ottobre 2012 alle ore
11.30 verrà inaugurata al Museo del Risorgimento, piazza Carducci 5 a Bologna la mostra
Garibaldi fu ferito..
realizzata a 150 anni dallo scontro in Aspromonte.
Nel 1862 Garibaldi, alla testa di una nuova spedizione, tentò di
guidare i suoi volontari verso Roma al grido di “Roma o morte!”.
Venne invece fermato in Aspromonte da una pallottola in un piede (non
proprio in una gamba), sparata da un soldato italiano (anche se
recenti mormorii tirano in ballo anche i briganti calabresi). E
dunque “Garibaldi fu ferito, fu ferito ad una gamba...”.
Da quel momento la vicenda fu sotto gli occhi del mondo intero, per
la maggior parte indignato per il trattamento riservato all’Eroe
dei Due Mondi. Per mesi non si riuscì ad estrarre la pallottola,
Garibaldi rischiò di morire di setticemia e medici italiani e
stranieri si alternarono al capezzale dell’infermo tentando di
salvargli l’arto ferito. Tra questi, anche il bolognese Francesco
Rizzoli.
Ma non fu l’unica ferita che Garibaldi ebbe nel corso della sua
vita.
La mostra ripercorre le vicende “chirurgiche” che videro
coinvolto il Generale e, in parallelo, la storia dell’evolversi
della chirurgia, specie militare, nel corso del XIX secolo.
Verranno anche esposti diversi “cimeli” originali: i ferri
chirurgici appartenuti a Ferdinando Zannetti, il medico che estrasse
il proiettile dal piede di Garibaldi, prestati dalla Fondazione
“Giovanni Spadolini” di Firenze; uno stivale che fu portato da
Garibaldi durante il lungo periodo della convalescenza e i ferri che
vennero utilizzati invece dopo la ferita di Monte Suello nel 1866, di
proprietà del nostro Museo, oltre che diversi strumenti chirurgici
d’epoca prestati dal Museo della Clinica Chirurgica della Facoltà
di Medicina di Bologna.
Arricchiscono il percorso le edizioni originali delle memorie
pubblicate dai tre medici garibaldini che curarono la ferita di
Aspromonte e ne resero possibile la guarigione e una serie di antiche
fotografie all’albumina – ritraenti Garibaldi infermo, il suo
stivale, la palla di piombo che gli venne estratta... – che
divennero all’epoca veri e propri oggetti di collezione, se non di
culto.
La
mostra, promossa dal Museo
del Risorgimento, dall’Archivio di Stato di Bologna e dal Comitato
di Bologna dell’Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano,
resterà aperta fino al 9 dicembre 2012 con gli
stessi orari del Museo.
Sono previste visite guidate
nelle domeniche 28 ottobre, 18 novembre e 9 dicembre, alle ore 11.
Info:- www.museibologna.it/risorgimento
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Inserito da redazione il Mar, 2012-10-16 07:10
La tredicesima edizione della Giornata
Europea della Cultura Ebraica, è stata celebrata domenica
2 settembre in piazza Mazzini a Modena, a Carpi
e a Finale in altre 63 località italiane e in
ventotto Paesi europei.
A Finale cittadina del
territorio modenese sul confine col bolognese, tra le più colpite
dal recente terremoto, la celebrazione è stata sottolineata da due
visite guidate la cui cronaca ci viene raccontata da Manuele
Palazzi e dalla Gazzetta di Modena * con questo testo:
“ L’interesse per la cultura e la
storia locale ieri ha trovato nuova linfa ed argomenti grazie alla
dodicesime edizione della “Giornata della cultura ebraica”,
essendo Finale nel circuito della “Unione delle comunità
ebraiche italiane” dal 2001.
Sono le 11.30 di mattina, quando si
raduna una piccola folla di circa 30 persone in via Trento Trieste, a
seguire la prima delle due visite guidate al Ghetto ebraico
con la dottoressa Maria Pia Balboni, autrice del libro
“Sigilli di eternità”, testo che racchiude i documenti e
lo studio storiografico sulla cultura ebraica a Finale.
Presente alla lezione-guida anche il dottor Stefano Arieti,
docente di storia della medicina e antropologia medica dell'Ateneo
bolognese, nonché fondatore della “Comunità ebraica riformata”
di Milano.
Si parte con uno sforzo
d’immaginazione: la via che ora porta al quel che resta del
Castello delle Rocche, una tempo costituiva il letto del fiume
Panaro, dalla chiusa dove fino al 20 maggio svettava la 'Torre
dell'orologio coi suoi 32 metri d’altezza e il porto
antistante, in piazza Baccarini. Dalla torre di cinta, nascosta tra i
fabbricati moderni; oggi di proprietà della famiglia Fregni che apre
le sue porte per la visita; fino alla piazza i primi insediamenti
ebraici.
Dal 1541 controllavano il
trafficato mercato fluviale, fino al 1736, data di ghettizzazione.
Data tardiva rispetto alle altre comunità, che conferma il buon
rapporto tra i duchi estensi e i potenti mercanti ebrei. In via Torre
Portello ancora ben visibili i vecchi numeri civici con le lettere
che ne determinavano la zona, “T” per gli ebrei del ghetto, e “N”
per i cristiani che vivevano nella zona confinante.
Scritto in Finale Emilia (MO) | Storia. Locale e generaleleggi tutto | letto 1093 volte
Inserito da redazione il Mar, 2012-09-04 15:08
Non si conosce con precisione l’anno
di costruzione della “Chiusa di Casalecchio”, forse
l’opera idraulica più importante della città di Bologna in
epoca medioevale, ma la si può collocare con certezza verso la fine
del XII secolo (1); il progetto globale dei Ramisani, però,
presupponeva, oltre al percorso “fluviale” cittadino,
anche un successivo prolungamento verso nord, ma soltanto per un
tratto di pianura, pur se abbastanza consistente, cioè fino al
limitare delle persistenti zone vallive attigue al Reno (2).
Quest’idea fu quindi conseguentemente attuata ed ampliata dal
Senato Bolognese negli anni successivi; infatti durante ben
due secoli, il Duecento ed il Trecento, i lavori di
allungamento del Canal Naviglio, tendenti ad una
cosiddetta “via d’acqua unica” verso Ferrara,
portarono ad una stabilità di comunicazioni mercantili fra le due
città: già nel 1271 era possibile la navigazione interna fra
Bologna e Venezia, come dimostra il passaggio in quell’anno delle
truppe bolognesi lungo il Po di Primaro (3); questo tracciato
navigabile si snodava così: dal Porto di Corticella fino a
Pegola, poi a Torre della Fossa, da qui al Po Grande, quindi a
Chioggia e successivamente a Venezia (4).
Inoltre, tutto ciò s’inquadrava
perfettamente nella politica d’espansione del Comune felsineo che
puntava, oltre che ad un collegamento commerciale abbastanza stabile
con Ferrara e con Venezia, anche ad un’espansione territoriale
tendente alla salda occupazione di tutta quella vasta landa ferrarese
a sud di quella città che arrivava fino al limitare ovest della
“Valle San Martina”. Ne è testimonianza fattiva la
costruzione, nel 1242, della “Torre dell’Uccellino”,
situata a pochi chilometri dalla città estense ed ancor oggi in
buono stato di conservazione. Questa torre non era soltanto una
normale “torre d’avvistamento”, ma costituiva un vero e
proprio avamposto militare, ben compatto ed organizzato,
costruito per rinsaldare le ultime conquiste in quel territorio
ferrarese che aveva appena trascorso un periodo travagliato, con
lotte interne di fazioni politiche contrastanti, ma che stava
rinsaldandosi sotto l’egida della famiglia Estense,
avendo appena visto Azzo VII Novello diventare il vero Signore
della città nel 1240.
Scritto in Malalbergo/Altedo | Storia. Locale e generaleleggi tutto | letto 4094 volte
Inserito da redazione il Mer, 2012-08-29 08:50
Nell'ambito del ciclo di incontri
“Tesori di Carte”, promosso in occasione del 150°
anniversario dell'Archivio di Stato di Modena si
svolgerà
- mercoledì 27 giugno dalle ore 16 alle ore
17,
presso il Dipartimento di Scienze della Terra-
Largo Sant'Eufemia, 19- Aula M (1° piano) il nuovo
appuntamento a cura di Federica Badiali, dedicato alla
riscoperta dell'Appennino modenese attraverso la mappa della
Croce arcana, un raro esempio di cartografia geomorfologica
risalente alla seconda metà del XV secolo.
- sabato 30 giugno (ore 9-13) sarà
inoltre possibile realizzare un'escursione al passo della Croce
arcana accompagnati da guide CAI.
Partenza
dalla Capanna Tassoni al Passo della
Croce Arcana e ritorno con la guida
del prof. Mario Panizza geomorfologo
La partecipazione è riservata alle
prime 30 persone che ne faranno richiesta via e-mail
all’Archivio di Stato di Modena: as-mo@beniculturali.it
.
L’Agenzia Unipol Modena offre
copertura assicurativa ai partecipanti.
Il Passo della Croce Arcana è un
valico dell'Appennino tosco-Emiliano, con una altitudine di 1669 m
s.l.m., sito in Provincia di Pistoia, nel comune di Cutigliano. È
attraversato dalla strada carreggiabile che dalla Montagna Pistoiese,
passando per Cutigliano e Doganaccia, porta ad Ospitale ed a Fanano,
nel Parco regionale dell'Alto Appennino Modenese.
Il Passo dell'Alpe alla Croce, come
veniva chiamato nei secoli passati il valico della Croce Arcana, era
assai frequentato fino dal basso Medioevo per transitare dalla
Toscana alla pianura Padana e viceversa, anche se in misura minore
della parallela Via Francigena, che valicava l'Appennino
Settentrionale più ad Ovest. I più antichi documenti risalgono
all'epoca longobarda, quando Pistoia era divenuta città regia ed i
bizantini si erano progressivamente ritirati verso oriente anche
sulla Montagna pistoiese, allora denominata Montagna alta. Il Passo
dell'Alpe alla Croce si trovò nel VIII secolo, proprio presso il
limes tra la Longobardia ed i territori dipendenti dall'Esarcato di
Bisanzio. Con la rinascita verificatasi dopo il 1000 d.C. e con
l'affermarsi dei liberi comuni, ai consueti spostamenti dei
pellegrini e degli eserciti, si aggiunsero quelli dei mercanti e
delle loro mercanzie: lunghissime file di muli si inerpicavano su per
i passi per trasportare pannilani, seterie, arazzi, merletti e stoffe
pregiate tra Firenze, Prato, Lucca, Pistoia e altre città toscane da
un lato, e Milano, Venezia, Parigi, la Fiandra ed altre città del
Nord Europa dall'altro. Questi intensi traffici spiegano la presenza
di ospizi gestiti da ordini religiosi per dare asilo e per proteggere
i viandanti che valicavano il Passo della Croce Arcana.
* Per maggiori informazioni si veda
depliant in allegato, con cenni di storia della mappa e dei luoghi, e anche
http://it.wikipedia.org/wiki/Passo_della_Croce_Arcana
Scritto in Modena | Storia. Locale e generaleleggi tutto | letto 1904 volte
Inserito da redazione il Dom, 2012-06-24 16:33
Il
terremoto del 20 maggio 2012 evidentemente non bastava a dare sfogo
alla spinta furiosa degli strati geologici che apparentemente
stavano in letargo sotto la pianura tra Reno e Panaro e che si
erano improvvisamente risvegliati alle 4,4 di quella mattina di
domenica. Ed ecco che la mattina di 9 giorni dopo, 29
maggio alle ore 9,
un'altra spinta violenta ha scosso la terra quasi nelle stessa area,
spingendosi solo un po' più a nord- ovest e allargando la sua
sfera di influenza, facendosi sentire in tutto il nord Italia, fino
a Milano e oltre ( Vedi alcune foto e mappe nella nostra Galleria fotografica, in barra verde in alto).
Oltre
ai comuni già duramente colpiti dal sisma nell'area
modenese-ferrarese bolognese,
la furia della terra ha travolto con particolare intensità anche i
comuni di Cavezzo, Mirandola, Medolla, S. Possidonio, Concodia sulla Secchia, Novi, Moglia, Rovereto di Novi
e altri del modenese e del mantovano, radendo al suolo centinaia di
capannoni industriali e abitazioni. Molti danni al patrimonio artistico, storico e residenziale sono stati registrati anche a
Cento e Pieve di Cento
che dalla prima scossa erano stati solo sfiorati.
I
sismologi ritengono si tratti non di scossa di assestamento
conseguente al terremoto del 20, ma di un secondo
terremoto vero e proprio,
forse connesso al primo, ma con suo percorso.
Così
adesso non siamo più sicuri di niente.
Possiamo prevedere solo un sicuro futuro di
incertezza
e imprevedibilità degli eventi sismici in Emilia, per chissà quanto
tempo.
Alle
rovinose conseguenze del primo terremoto si sono aggiunte le
rovinose conseguenze del secondo, ancor più devastanti: 17
morti e 350 feriti e oltre 8mila le persone sfollate
che hanno dormito nelle tende o in auto, oltre alle 6mila
che
già vivevano nelle tendopoli allestite in precedenza. E la terra
continua a tremare, con decine di scosse minori che mantengono in
ansia le popolazioni.
La causa di questo catastrofico
risveglio?
“La
causa generale è nota ed è sempre la stessa; cioè la
spinta della placca africana contro quella euroasiatica per cui
abbiamo gli Appennini che viaggiano in direzione delle Alpi.
Lo scontro accumula energia che viene liberata dal terremoto. La
Pianura si accorcia da Nord a Sud di qualche millimetro all’anno e
in prospettiva, fra qualche milione di anni, sprofonderà sotto la
catena alpina. Questo fenomeno scuote da millenni la regione, sia
pure, con un’intensità non rilevante, almeno da quando ne abbiamo
traccia”.
Ce ne eravamo scordati perchè erano secoli che terremoti di tale
gravità non avvenivano in queste zone. Eppure le antiche cronache e
i libri di storia che siamo andati a ripescare in biblioteca lo
hanno scritto, nero su bianco; e ne hanno dato finalmente notizia
anche gli organi di stampa, dove di solito la storia è quasi
ignorata.
Il
primo terremoto di cui si ha notizia a Bologna
risale al 1147,
poi è citato quello del 1222 che
fece crollare il tetto della cattedrale di S. Pietro. Nel secolo
1300 se ne contarono 5 e nel corso del 1400, 8; si racconta che nel
1408 le
scosse furono così forti che le campane di tutte le chiese si
misero a suonare da sole; il 21 e 22 dicembre 1455
crollarono
molti edifici e vi furono vittime.
Ma
il terremoto più famoso e devastante fu quello del 1504-1505,
che fece tremare Bologna per giorni, anzi per mesi, fino al 19 maggio
1505. Le antiche cronache non sono concordi sulle date di inizio e di
fine del fenomeno scismatico. Di certo fu di lunga durata. Un
cronista scrisse che ebbe inizio il 24 dicembre 1504 e fu un
“orribile
terremoto che distrusse parte della terra e della città di
Bologna... Si fecero processioni e orazioni e dopo quaranta giorni
cessò il divino castigo”.
Altri riferiscono dei danni gravi al palazzo dei Bentivoglio e a
varie chiese importanti e la popolazione era terrorizzata. Giovanni
II Bentivoglio, allora Signore di Bologna, preoccupato per i danni e
per placare la paura, commissionò a Francesco Francia un affresco
nella Sala d'Ercole Farnese del palazzo comunale, raffigurante una
Madonna che protegge Bologna dal terremoto.
Seguirono
due secoli di relativa quiete, con saltuari fenomeni sismici più
lievi. Se ne cita invece uno piuttosto forte tra giugno e luglio del
1779.
E anche in questo caso per placare la paura e invocare la protezione
della Madonna fu commissionato al pittore Gaetano Gandolfi un
dipinto da mettere nella Cattedrale, che raffigura i santi Emidio e
Ivo che invocano la protezione della Madonna di S. Luca sulla città.
Nel
1800 sono registrati solo 4 episodi di modesta entità e bisogna
arrivare al 1929, alle 5,44 del 10 aprile,
per sentire di nuovo tremare con forza Bologna e la parte della
provincia, soprattutto nella valle dell'Idice; e le scosse furono
avvertite in tutto il nord Italia. Ma seguirono altre forti scosse il
19 e il 29 aprile, e l'11 maggio e lo sciame sismico si protrasse
fino al mese di ottobre. Tanti gli edifici civili e religiosi
lesionati o resi inagibili. Alcuni comuni come Bazzano, Castello di
Serravalle, Monteveglio, Crespellano, Sasso Marconi furono
ufficialmente dichiarati “zona terremotata”; migliaia di
persone , terrorizzate, furono accampate in tende per mesi
.
Se
da Bologna ci spostiamo a Ferrara e al suo
circondario (circa
60 km di distanza tra le due citta, confinanti le province),
troviamo la citazione di un fortissimo terremoto
tra il 1570 e il 1574 di
cui si registrarono duemila scosse che
si protrassero in quegli anni. Si ebbero morti e danni ingenti alla
città, con metà delle case lesionate, tanto che gli Este, Signori
del Ducato, se ne fuggirono e stettero lontani dal loro palazzo per
circa un anno. E cercarono riparo altrove ben undicimila persone.
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Inserito da redazione il Ven, 2012-06-01 10:25
Tra una scossa di assestamento e l'altra c'è da rimanere sconvolti a vedere come si presentano oggi tanti comuni che si trovano in quella bella e fertile pianura tra Reno e Panaro cresciuta nei secoli, che si riteneva immune dai grandi sconvolgimenti geologici. Tanti straripamenti di fiumi e torrenti e conseguenti alluvioni, sì; ma terremoti gravi, no, nessuno se li aspettava. E invece.....
Alle 4,04 di una tranquilla notte tra il sabato e la domenica del 20 maggio 2012, il grumo antico di strati geologici che apparentemente dormivano da secoli sotto la superficie hanno avuto un sussulto e hanno scosso violentemente la terra e tutti gli edifici che vi si trovavano sopra.
Risultato di 30 secondi di terremoto di magnitudo 6 della scala Richter: tante case crollate o lesionate, chiese e campanili semidistrutti, torri e castelli che avevano resistito per 500 anni o più, sbriciolati, moderni capannoni industriali e allevamenti distrutti. 6 morti, decine di feriti, paesaggio urbano e rurale sconvolto. Tutto quello che gli uomini avevano costruito in anni lontani e recenti, in molti casi è stato cancellato o irrimediabilmente danneggiato; fabbriche e attività commerciali ferme, scuole chiuse per giorni, in attesa di accertamenti tecnici che in qualche caso decreteranno la chiusura dell'anno scolastico. Oltre 6.000 persone "sfollate" e accampate in tende per chissà quanto tempo.
Non serve qui ripetere o riassumere quanto è ampiamente descritto e fotografato in giornali e servizi televisivi
Si vuole qui ricordare solo i nomi dei comuni cari a noi tuttii, che sono stati così gravemente colpiti, anche per invitare soci e amici del Gruppo di studi, o semplici lettori occasionali di questo sito, a inviarci foto e testi che ricordino, anche solo per sommi capi, la storia di tutte quelle chiese, rocche, castelli, torri, oratori, municipi, che sono stati lesionati e rischiano ora l'abbattimento o quanto meno una ipotetica ristrutturazione lontana nel tempo:
Finale Emilia, S. Felice sul Panaro, S. Agostino, Mirabello, Buonacompra, Poggio Renatico, S. Carlo, Vigarano Mainarda, Cento, Corporeno, Renazzo, Bondeno, Reno Centese, Massa Finalese, Galliera, Crevalcore, Malalbergo, Molinella, Baricella e altre località limitrofe.
Ci piacerebbe inserire le storie e le immagini su questo sito perchè resti memoria di tanti edifici storici e farli conoscere ad un pubblico più vasto possibile, per salvare almeno sugli ampi spazi di internet il ricordo di opere umane che un sussulto brutale della terra ha voluto distruggere.
*Info e redazione: magdabarbieri@libero.it
** Si accettano contributi di qualsiasi lunghezza, in formato doc e con foto a parte salvate in jpeg
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Inserito da redazione il Gio, 2012-05-24 05:07
Cos'è la festa dell'Europa?
Vedendo nelle agende e nei calendari
alla data del 9 maggio l'indicazione "Festa
dell' Unione europea" viene spontaneo chiedersi cosa sia
successo il 9 maggio e in quale anno.
Pochi sanno infatti che il 9
maggio 1950 è nata l'Europa comunitaria, proprio quando lo
spettro di una terza guerra mondiale angosciava tutta l'Europa.
Quel giorno a Parigi la
stampa era stata convocata per le sei del pomeriggio al Quai
d'Orsay, sede del Ministero degli Esteri, per una comunicazione
della massima importanza. Le prime righe della dichiarazione del 9
maggio 1950 redatta da Robert Schuman, Ministro
francese degli Affari Esteri, in collaborazione con il suo amico e
consigliere, Jean Monnet, danno un'idea dei propositi
ambiziosi della stessa.
"La pace mondiale non potrebbe
essere salvaguardata senza iniziative creative all'altezza dei
pericoli che ci minacciano". "Mettendo in comune talune
produzioni di base e istituendo una nuova Alta Autorità le cui
decisioni saranno vincolanti per la Francia, la Germania e i paesi
che vi aderiranno, saranno realizzate le prime fondamenta concrete di
una federazione europea indispensabile alla salvaguardia della pace".
Veniva così proposto di porre in
essere una Istituzione europea sovrannazionale cui affidare la
gestione delle materie prime che all'epoca erano il presupposto di
qualsiasi potenza militare, il carbone e l'acciaio. Ora i paesi
chiamati a rinunciare con queste modalità alla sovranità puramente
nazionale sul "nerbo" della guerra uscivano da poco da un
conflitto spaventoso che aveva seminato innumerevoli rovine,
materiali ma soprattutto morali, odi, rancori, pregiudizi. Per
comprendere l'impatto rivoluzionario del gesto basterebbe immaginare
oggi un'iniziativa analoga tra Israele e i Palestinesi, tra i Serbi e
i Bosniaci, tra popolazioni tutsi e hutu; e all'epoca l'ordine
di grandezza era ben maggiore e le ferite più profonde!
Tutto è cominciato il 9 maggio e al
vertice tenuto a Milano nel 1985 i capi di Stato e di governo
hanno deciso di festeggiare questa data come Giornata dell'Europa.
Ogni paese che ha democraticamente
scelto di aderire all'Unione europea adotta i valori di pace e di
solidarietà su cui si fonda la costruzione comunitaria.
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Inserito da redazione il Mer, 2012-05-09 16:18
Giovedì 15 marzo alle 17,30
nella Sala dello Stabat Mater della Biblioteca Comunale
dell’Archiginnasio, a Bologna in
Piazza Galvani 1,
si inaugurano le celebrazioni per il
bicentenario della nascita di Quirico Filopanti, con
una manifestazione, dal titolo
“Democrazia, scienza e
Costituzione”, organizzata da La Società di Lettura,
insieme all’Osservatorio astronomico e all’Istituto
Biblioteche del Comune.
Interventi
di Augusto Barbera, Gianluigi Parmeggiani,
Alberto Preti.
Presiede
Luisa Marchini
Lungo una linea di continuità che
procedendo dal pensiero democratico del Risorgimento giunge alla
Resistenza ed ha il suo luogo più alto nella Costituzione della
Repubblica italiana, la manifestazione in memoria di questo
straordinario bolognese (originario di Budrio), studioso e pensatore
eclettico, patriota e politico, democratico e cosmopolita,
rappresenta un ideale passaggio di testimone con le celebrazioni per
il 150° dell’Unità d’Italia.
Info: tel 051
331976
Chiusura delle Celebrazioni per
il 150° anniversario dell’Unità d’Italia
- Sabato 17 marzo 2012, alle ore
12 presso
il Museo del Risorgimento,
piazza Carducci 5 inaugurazione della mostra
Il
professore dell’infinito. Quirico Filopanti a 200 anni dalla
nascita”
.
* La mostra è stata organizzata da: INAF-Osservatorio
Astronomico di Bologna, Museo Civico del Risorgimento, Casa Carducci,
Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano – Comitato di
Bologna, Dipartimento di Astronomia dell’Università di Bologna,
Archivio Storico dell’Università di Bologna, Archivio di Stato di
Bologna, Comune di Budrio, Istituzione Villa Smeraldi- Museo
della civiltà contadina,
Resterà aperta fino al 15
aprile 2012 con gli stessi orari di apertura del Museo (da
martedì a domenica: ore 9-13).
** Domenica 15 aprile, ore 11, in occasione della Settimana della cultura, visita guidata alla mostra
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Inserito da redazione il Mar, 2012-03-13 07:06
Per
la festa delle donne l'Archivio di Stato di Modena ricorda
Renata di Francia (1510-1575)
bagliori di modernità
“Chi vorrà anco nelle donne
eroiche non solo la virtù
dell’azione, ma quella della
contemplazione, si
rammenti di Renata di Ferrara... “(Torquato
Tasso)
- venerdì 9 marzo 2012 ore 15.30
- 17.30
Archivio di Stato di Modena
, Sala d’Ercole,
via Sgarzeria, 6
Renata di Francia
- Renée de
France nacque a
Blois il 25 ottobre 1510 da Luigi
XII re
di Francia e da Anna
di Bretagna, unica erede del
duca Francesco II
di Bretagna
(il matrimonio confermava l’unione della Bretagna alla
Francia, già avvenuta con il
forzoso matrimonio di Anna
con il
precedente re di Francia,
Carlo VIII).
Fiera, pienamente consapevole
della sua dignità regale,
forte, volitiva e indipendente,
esibì
sempre una profonda
autonomia politica. Nel 1528,
sposò Ercole II
d’Este, duca di
Ferrara, giungendo a rendere
la Casa estense
forte di 5
figli, tra cui il futuro duca
Alfonso II.
Nei trentuno anni di
permanenza a Ferrara come
duchessa rimase legata alla
propria
estrazione regale, alla
lingua e ai costumi francesi.
Aperta al
dibattito sulle nuove
idee riformate, intrattenne
una lunga
relazione epistolare
con Calvino (dal 1537 fino
alla morte del
riformatore, nel
1564), dopo averlo incontrato a
Ferrara nel 1536.
Allontanata dai figli e
imprigionata nel castello di
Ferrara nel 1554 per avere
rifiutato
di assistere alla
santa Messa e la Comunione
Eucaristica, cedette
dopo
le pressioni dell’inquisitore
francese
Mathieu Ory e del
gesuita Jean Pellettier.
Alla
morte del duca (1559) si
trasferì
nel castello di Montargis,
in quella Francia che di lì
a
poco avrebbe conosciuto un
conflitto religioso
culminato
nella strage degli Ugonotti la
notte di
S. Bartolomeo (23,
24 agosto 1572) a cui scampò
grazie
all’intervento della figlia
Anna, moglie del
mandatario
dell’eccidio, Francesco di
Lorena duca di Guisa.
Morì a Montargis il 12 giugno
1575, di cui era duchessa,
dopo avere professato una
fede
incrollabile e dopo averla
testimoniata costantemente
con atti
di tolleranza e di carità
verso i più deboli.
Info da : Archivio di Stato di Modena
Corso Cavour, 21 - 41121 Modena
Tel. 059 230549 Fax 059 244240
e-mail: as-mo@beniculturali.itwww.asmo.beniculturali.it
*** Per una biografia di Renata di Francia,
vedi anche
http://www.eresie.it/it/Renata_di_Francia.htm
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Inserito da redazione il Mer, 2012-03-07 10:44
Per la rassegna Incontro con
l'Autore a Molinella
- Lunedì 2 maggio alle ore 20,30,
in Biblioteca,
il socio del gruppo di Studi pianura del Reno Tullio
Calori presenta il suo studio "Molinella, fra
idronimi e toponimi",
in un incontro ad ingresso libero.
Il volume approfondisce la precedente opera "Canali e mulini
nel territorio di Molinella (secoli XV-XIX)", tratta dalla
pubblicazione "Mulini, canali e comunità della pianura
bolognese tra Medioevo e Ottocento".
Riportiamo
qui alcuni stralci dalla sua relazione presentata a suo tempo nel
convegno dedicato all'argomento.
“Viene
citata la bonificazione dei nostri territori acquitrinosi da parte
dei Vescovi ravennati prima del Mille con scavi di canali per il
transito di barche, la pesca, le semine. Sui “correggi” si
costruiscono i primi pistrini, che funzionano con la forza delle
braccia di uomini ed animali, e poi si passa alla forza motrice
dell’acqua e si costruiscono mulini natanti su barche non grandi
per agevolare il trasporto dei cereali da macinare.
Sono
frequenti le deviazioni dei corsi d’acqua, come quella dell’Idice
voluta da Alfonso II d’Este nel 1581 per immetterlo nella palude
di Marmorta, i tentativi dello Spernazzati, la linea Gaetana e del
Lecchi ecc. fino alla costruzione del Cavo Benedettino a metà
Settecento per immettere il Reno in Po di Primaro.
Il
canale che in loco interviene nell’origine del nucleo abitato di
Molinella è il Fondo ( fine XIII° secolo) che proviene dal
nord con un corso allora non ben conosciuto. Sulle sue rive un gruppo
di case prese il nome di Corte del Poggio, poi Vico Canale
e in seguito Molinella, toponimo che compare ai primi del XIV°
secolo ( Cronaca Rampona , Ghirardacci, ecc,). Il Fondo
sarà chiamato “ del Bonello” , scolo che attraversa
ancora il centro di Molinella: più a sud cambierà il nome in
Canalazzo.
L’uso
del nome Molinella fu facilitato dalla presenza di un mulino dei
Pepoli, ma anche di altri più piccoli chiamati “mulinelle” ,
diffusi anche in zone più vaste (nei secoli XVI-XVII nel
territorio del molinellese si può stimare all’incirca la presenza.
di venti mulini). Come il toponimo Consandolo è derivato dal
corso d’acqua omonimo e dalle barche chiamate “sandoli”,
così il nome Molinella dovrebbe provenire dalle “mulinelle”.
Nei pressi scorrevano i canali Avedorsolo e il Valgiduro,
questo ultimo formava il laghetto delle Mandrie con
l’emissario scolo Zagaglia, che si getta tuttora
nell’Annegale o Negale. Fondamentali i piccoli porti di
Barattino e del Pesce per l’economia dei luoghi. Segnalo la
“Transazione pro interim” fra Bologna e gli Estensi del
1579 che provocò spostamenti dei corsi d’acqua e dei rispettivi
mulini e la suddivisione secolare del paese in territorio bolognese
e ferrarese.
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Inserito da redazione il Ven, 2011-04-29 16:47
Mathausen nella
testimonianza di Gigino Cortelli, in un libro e
nell'intervista di Roberto Dall'Olio, assessore alla intercultura del
Comune
La sera del 27 gennaio 2011 nei locali
del Centro sociale Il Mulino di Bentivoglio in collaborazione
con l’Amministrazione comunale è stato presentato il libro ,
stampato in proprio , di Gigino Cortelli, scampato allo sterminio nel
lager di Mauthausen in Austria. La mattina stessa del 27 il Cortelli
aveva ricevuto una medaglia della Presidenza del Consiglio dei
Ministri tramite il Prefetto di Bologna. Un’onoreficenza - tardiva
ha commentato Cortelli - ma almeno serve a ricordare che tutti questi
orrori sono accaduti .
Perché scrivere un libro ?
Perché mi ero ripromesso di non
scrivere, ma nel corso degli anni le fandonie , le vergognose
menzogne , i silenzi sulla cruda storia dello stermino mi hanno
spinto a raccontare la mia storia.
Purtroppo Cortelli è una storia
"esemplare"
Ha detto bene, professore,
esemplare. E’ triste, ma è così. Ho vissuto l’umanità più
calorosa e la disumanità più impensabile e crudele
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Inserito da redazione il Ven, 2011-02-04 07:52
Domenica 25 luglio 2010, alle ore 10, per ricordare il 67° anniversario della caduta del fascismo (*) deposizione di corone al Sacrario dei caduti partigiani in Piazza Nettuno a Bologna e alle lapidi all'interno di Palazzo d'Accursio
che ricordano l’aggressione del 1920
al Consiglio comunale (**) e le persecuzioni dell’OVRA agli antifascisti.
Dal 17 al 30 luglio 2010, in Sala Borsa, mostra dedicata a
"1960 Fatti e misfatti" con opere grafiche dell'artista Severino Maccaferri
Orario di apertura: lunedì ore 14.30-
20; da martedì a venerdì ore 10- 20, sabato ore 10 -19
(*) Il 25 luglio 1943 è data passata alla storia, in quanto nella notte tra il 24 e il 25 si tenne la seduta del " Gran consiglio" (organo di governo supremo del regime fascista), da tempo attesa e preparata da Dino Grandi, con una raccolta di firme su un "ordine del giorno" da lui proposto. In questo documento non si proponeva la destituzione di Mussolini, ma la riduzione del suo potere personale attraverso una forma di governo più collegiale e, inoltre, si chiedeva al Re di "assumere tutte le iniziative supreme" che fino ad allora il Duce aveva avocato a sè. Di fatto era comunque un esautoramento di Mussolini, dopo 20 anni di potere assoluto.
L'"ordine del giorno" di Grandi fu approvato con 19 voti favorevoli, 7 contrari e 1 astenuto. Alle 6 del mattino del 25 fu consegnato al Ministro della Real Casa, Duca Acquarone, e quindi al Re Vittorio Emanuele III che, poche ore dopo, firmò il decreto di nomina di Pietro Badoglio a nuovo capo del Governo, con pieni poteri militari.
Alle ore 17 dello stesso 25 luglio, all'uscita dell'udienza reale, Mussolini fu arrestato e portato in località segreta sul Gran Sasso. Nei giorni successivi furono sciolti il Partito Nazionale fascista, il Gran Consiglio, la Milizia e il Tribunale Speciale.
Purtroppo non era ancora la libertà per l'Italia, perchè ne seguì l'occupazione dell'esercito tedesco, mentre proseguiva lentamente l'avanzata degli eserciti Alleati sbarcati in Sicilia il 10 giugno 1943. Liberazione che si compì solo il 25 aprile 1945 con la sconfitta dei tedeschi e dei militi fascisti delle Repubblica Sociale di Salò da essi imposta sul nord Italia occupato.
(**) Tra i più gravi fatti di sangue accaduti dei due anni che precedettero l'instaurazione del regime fascista (28 ottobre 1922), Bologna ricorda la strage del 21 novembre 1920, compiuta in Piazza Maggiore e all'interno di Palazzo d'Accursio, in occasione dell'insediamento del nuovo Consiglio comunale a maggioranza socialista appena eletto. Quando il nuovo sindaco designato, Ennio Gnudi, ferroviere comunista, si affacciò al balcone del municipio con la bandiera rossa, i fascisti, preparati e decisi ad impedire tale insediamento, cominciarono a sparare con armi da fuoco e bombe a mano, e fu il caos. Al termine della battaglia si contarono 10 morti e 100 feriti, in gran parte socialisti. Ma la vittima più illustre, incolpevole e non voluta, fu l'avvocato Giulio Giordani, stimato consigliere nazionalista, ucciso da un colpo di pistola sparato nella mischia.
Scritto in Storia. Locale e generaleleggi tutto | letto 2195 volte
Inserito da redazione il Ven, 2010-07-23 04:39
Testo tratto dal libro “Le
dimore dei signori” Marefosca editore, 2004, per
gentile concessione dell'autore e dell'editore. Foto di Floriano
Govoni
Percorrendo la strada che da Persiceto
conduce a Ferrara, in prossimità di Cento ci si trova
improvvisamente a fiancheggiare un lungo duplice filare di alti
pioppi cipressini alla fine del quale, fiabesca e suggestiva, appare
la visione di quell’austera mole architettonica chiamata
“Giovannina”, la cui aristocratica presenza da
alcuni secoli nobilita le plaghe al confine tra il Persicetano e
il Centese.
Eppure, per moltissimo tempo,
l’origine di questo castello turrito è stata oggetto di equivoci e
fraintendimenti che perdurano tuttora. E’ infatti opinione popolare
assai diffusa che il palazzo fortificato prenda il nome da Giovanni
II Bentivoglio, che fu signore di Bologna dal 1462 al 1506 e le
cui opere di bonifica idraulica e di sviluppo edilizio in queste zone
della Bassa Bolognese diedero in effetti nuovo impulso economico e
demografico a territori un tempo semipaludosi. Azzardata si dimostra
però tale attribuzione, come del resto quella del progetto, per il
quale si è fatto il nome del famoso architetto Sebastiano Serlio
(1475-1554/5). Si tratta di tesi sostenute probabilmente sulla
scorta delle notizie riportate (senza citarne la fonte) dall’erudito
centese Gaetano Atti nel sec. XIX (1).
Solamente una decina di anni or sono
le attente ricerche effettuate da Fausto Gozzi a
seguito di precise analisi documentarie hanno potuto ricondurre alla
realtà storica le remote origini di un edificio tanto famoso quanto
ancora sconosciuto, attribuendone la costruzione alla famiglia
senatoria bolognese degli Aldrovandi.
La stirpe d’Ildebrando
Scritto in S. Giovanni in Persiceto | Storia. Locale e generaleleggi tutto | letto 8142 volte
Inserito da redazione il Mar, 2010-06-08 08:53
Visita Guidata
Vivere a Bologna
nell'Ottocento
per la Rassegna: Appuntamenti al Museo del Patrimonio
Industriale 2009-2010, Bologna, Via della Beverara, 123
- domenica 25 aprile 2010 ore 16
(gratuito)
Il XIX secolo ha rappresentato per
Bologna un'epoca di profondi mutamenti sociali, urbanistici,
economici e storici che hanno modificato radicalmente l’aspetto
della città, le abitudini e i modi di vita dei bolognesi.
L’occupazione napoleonica e la
successiva restaurazione pontificia portano al collasso definitivo
l’industria della seta, per secoli punto di forza dell’economia
cittadina, costringendo la città a ripiegarsi in un’economia
legata alla trasformazione di prodotti agricoli e a ricercare nuove
forme di produzione sul modello della Rivoluzione Industriale.
I primi importanti segnali di
rinascita si avvertono intorno agli anni Cinquanta quando vengono
organizzate alcune importanti Mostre artigiane e industriali di
respiro regionale e nazionale, mentre comincia ad operare con sempre
maggiore efficacia l’Istituzione Aldini-Valeriani, il cui modello
educativo si rifà alle più importanti scuole tecniche europee.
L’unificazione nazionale, nel
1860-’61, fa assumere all’appena edificata stazione ferroviaria
il ruolo di nodo commerciale strategico tra Nord e Sud della
penisola.
Contemporaneamente, il Comune
promuove lavori pubblici destinati a modificare l’assetto del
centro storico, aprendo – ad esempio – la spaziosissima Via
Indipendenza, abbellendo i palazzi del governo e altri luoghi di
pubblico decoro. La città affida in gestione a concessionarie
private la rete di illuminazione a gas, avvia le prime tramvie a
cavalli e ripristina l’antico acquedotto romano nel 1881. Altri
interventi interessano gli impianti fognari, le nuove sedi del
macello e dei mercati alimentari.
Nascono le prime grandi officine
meccaniche dislocate fuori dalla cerchia muraria trecentesca:
Calzoni, De Morsier e Barbieri a Castel Maggiore, antesignane del
futuro distretto meccanico del XX secolo.
** Per maggiori informazioni per questa e
altre iniziative: Museo del Patrimonio Industriale. tel. 051 6356611 www.comune.bologna.it
Scritto in Bologna | Storia. Locale e generaleleggi tutto | letto 1492 volte
Inserito da redazione il Sab, 2010-04-24 04:04
