Tra i
siti che potrebbero essere scelti dal governo per impiantarvi nuove
centrali nucleari, se ne cita qualcuno anche in Emilia Romagna, o regioni limitrofe, non
lontano dal Po. Pertanto la prospettiva, oltre che come cittadini
italiani, ci può riguardare anche da vicino come emiliani. Dopo il
disastro di Fukushima il dibattito sull'argomento si è fatto più
acceso che mai. E non è tramontata del tutto la speranza che si possa essere chiamati a dire il nostro parere nel Referendum che si dovrebbe tenere il 12 giugno prossimo, su questo e altri quesiti.
Riportiamo qui come spunto di riflessione l'articolo
di Giulio Meneghello 27
aprile 2011, dal sito www.qualenergia.it
«Noi siamo assolutamente convinti
che l'energia nucleare è il futuro per tutto il mondo. La moratoria
è servita per avere il tempo che la situazione giapponese si
chiarisca e nel giro di 1-2 anni l'opinione pubblica sia abbastanza
consapevole da tornare al nucleare. L'energia nucleare è sempre la
più sicura. Il disastro giapponese si è verificato perché la
centrale di Fukushima era stata edificata su un terreno che non lo
permetteva.”
Tra le dichiarazioni rilasciate ieri
da Silvio Berlusconi sul nucleare ci sono anche queste valutazioni
sull'incidente giapponese. Difficile capire cosa Berlusconi intenda
con il “chiarimento” degli eventi di Fukushima, per il quale
servirebbe più tempo. Avrebbe avuto più senso dire che il tempo
serve non per chiarire, ma per dimenticarsi della catastrofe ancora
in atto, concetto tra l'altro abbastanza palese nelle sue
esternazioni di ieri (Qualenergia.it, Berlusconi “confessa”: il
nucleare si farà, lo stop è un trucco).
Pericolosa poi l'affermazione che
“il disastro giapponese si è verificato perché la centrale di
Fukushima era stata edificata su un terreno che non lo permetteva”.
Il sottointeso è che una situazione del genere non potrebbe mai
verificarsi nelle centrali che si vogliono costruire in Italia.
E'
così? Qualenergia.it lo aveva chiesto ad alcuni esperti all'indomani
dell'incidente giapponese, ricevendo risposte negative.
I nomi che circolano nel “toto-siti”
nucleare li conosciamo: Montalto di Castro e Borgo Sabotino in Lazio,
Trino Vercellese in Piemonte, Caorso in Emilia, Garigliano in
Campania. E ancora: Palma in Sicilia, Oristano in Sardegna,
Monfalcone in Friuli, Avetrana in Puglia, Viadana in Lombardia e il
Polesine in Veneto. Per la gran parte sono in aree sismiche,
potrebbero esserci problemi?
“Sono molte nel modo le centrali
in zone sismiche, si cerca di costruirle con criteri antisismici e al
primo movimento si deve arrestare il reattore - ci spiega Fulcieri
Maltini, ingegnere nucleare - ma resta comunque un rischio”.
Altro
problema è l'acqua: “Nel Piano di bacino del Po l’80% dei comuni
è dichiarato a rischio alluvione, circostanza questa che trent’anni
fa, quando si sono costruiti gli impianti, si riteneva poter non
considerare”, ci fa notare l'ingener Alex Sorokin, parlando di
Trino e Caorso, dove i piani interrati della vecchia centrale sono da
anni allagati. Un dubbio che Giorgio Ferrari ha anche per Viadana:
“ci potrebbe essere il rischio di contatto con la falda acquifera.”
E il rischio tsunami? Per il grande fabbisogno d'acqua delle centrali molti dei siti candidati si trovano in riva al mare. “A Fukushima la centrale era progettata per resistere a un onda di 7 metri, ma l'acqua è riuscita comunque a mettere fuori gioco gli impianti di raffreddamento, in Francia, a Blaye una tempesta oceanica ha distrutto le strutture di protezione della centrale, due sistemi di raffreddamento non hanno funzionato, si è evitato il peggio solo perché ce n'erano tre”, spiega Maltini. Anche in Italia possono esserci maremoti, come dimostra la Storia: all'eruzione del Vesuvio del 79 dopo Cristo a oggi 72 maremoti si sono abbattuti sulle coste italiane. “Ma di questo – sottolinea Ferrari - finora non si è tenuto conto”. C'è poi da escludere tutta la costa tirrenica che va dalla Campania alla Sicilia: potrebbe essere colpita da uno tsunami con onde alte 3-5 metri per i movimenti franosi dei suoi versanti del grande vulcano sommerso, il Marsili, che si trova a 150 km da Napoli, ed è attualmente attivo.
Anche senza gli incidenti, vivere accanto a una centrale atomica non sembra il massimo per la sicurezza sanitaria: un recente studio del governo tedesco ha riscontrato un aumento del 220% dei casi di leucemia e del 160% per quelli di cancro tra i bambini fino ai 5 anni di età che vivono entro i 5 km da un reattore (Qualenergia.it, I rischi della modica quantità di radiazioni).
Giulio Meneghello 27 aprile 2011
Scritto in Economia e Societàinvia ad un amico | letto 1650 volte
Inserito da redazione il Ven, 2011-04-29 16:12