Dopo una prima presentazione avvenuta a Galliera , aono state in mostra al MAF, Centro di documentazione del Mondo agricolo ferrarese di S. Bartolomeo in bosco, le foto delle case rurali scattate dal nostro socio Franco
Ardizzoni nell’arco di 15-20 anni
(infatti alcune di esse non sono più esistenti poiché nel frattempo
sono state demolite). Il materiale, già predisposto, è disponibile gratuitamente per altre esposizioni, su richiesta.
Le case fotografate sono (o erano) ubicate nei territori
dei comuni di Galliera, San Pietro in
Casale, Argelato, Castello d’Argile, Pieve di Cento, San Giorgio di
Piano, Sala Bolognese (vedi alcuni esempi nella "Galleria fotografica" in due album dedicati alle "Case rurali" (barra verde sotto il banner del sito)
Lo scopo delle foto e
della mostra "Case rurali bolognesi. Secoli di vita tra questi muri" è quello di conservare la memoria di un patrimonio
architettonico e culturale che si riferisce a secoli di vita e di
storia rurale che sta inevitabilmente scomparendo, soppiantato da
una nuova realtà.
Le case rurali erano
ideate per rendere le famiglie contadine mezzadrili autosufficienti,
sia per le esigenze del lavoro che per quelle essenziali di vita.
Anche se di tipologie non
sempre identiche le case erano quasi sempre costruite con la facciata
rivolta a sud. Avevano un ingresso a loggia
da cui, da un lato, si accedeva ad un locale adibito a cucina,
dove si trovava un camino
per il fuoco che scaldava la casa d'inverno, e per cuocere i cibi.
Dall’altro lato, o in fondo, si entrava in un locale simile al
primo che serviva come magazzino
e dove poteva esserci un altro camino per scaldare l’acqua per il
bucato, o più spesso un telaio per
tessere la tela di canapa. In fondo alla loggia, sul lato nord, più
fresco, era collocata la cantina
per la conservazione del vino e delle carni stagionate, in genere col
pavimento di nuda terra. Dalla cucina o dalla loggia si accedeva, con
scala in pietra o in legno, al piano superiore, dove erano ricavate
le camere da letto.
La "corte bolognese" di ieri
Fino
a circa la metà del 1900, l'edilizia rurale bolognese appariva
abbastanza uniforme nelle sue tipologie e con caratteristiche
proprie, simili ma non uguali a quelle di altre zone. Si notano
infatti alcune differenze estetiche e funzionali tra il tipo di
“corte bolognese” e quello
modenese, tra il reggiano e il ferrarese.
Diverse sono anche le tipologie della Romagna e dell'Appennino. La diversità delle costruzioni rurali derivava in parte dalla maggiore o minore estensione del fondo e dalla sua redditività, che poteva ospitare e sfamare una famiglia più o meno numerosa; ma derivava anche dal tipo di coltivazioni prevalentemente praticate (frumento, canapa, riso, erba medica...), dalla possibilità di allevare più o meno bestiame (buoi e mucche, e più raramente, cavalli) e dalla disponibilità dei materiali edilizi nella zona.
Il modello di architettura rurale prevalente nel bolognese , rimasto fino ai giorni nostri, con poche variazioni, risale in genere al secolo 1700 ed è quello proposto e codificato dall'architetto Carlo Francesco Dotti (dal 1734).
La “corte bolognese” era
costituita da almeno 4 o 5 fabbricati, distribuiti nella grande aia
e circondati da siepe:
- la grande casa per la famiglia del contadino ( da cui talvolta si ricavava anche un paio di stanze per un bracciane); in qualche caso era arricchita da torre-colombaia. Ci sono anche molti esempi di casa, stalla e teggia unite in un blocco unico, in un solo edificio, spesso con base di costruzione precedente al 1700.
- la stalla - fienile (o “teggia” , al piano superiore, per ospitare il fieno essiccato e la paglia per le lettiere del bestiame) in grande fabbricato a parte, spesso circondato da colonnato o porticato aperto , tipo “barchessa”, o chiuso, tipo “casella” per ospitare gli attrezzi da lavoro indispensabili, come il carro, l'aratro, la seminatrice , la segatrice (la “sgadoura”) e tanto altro,
- il pozzo per l'acqua da bere e per altri usi domestici,
- il forno per cuocere il pane, fatto in casa una volta alla settimana,
- il pollaio-porcile, per ospitare polli e maiale; talvolta aggregati al forno.
In un angolo della corte c'era poi l'orto e un piccolo frutteto
Nei fondi più grandi, o di possidenti con molte proprietà, nella “corte” poteva esserci anche la “casa padronale”, spesso ad uso del fattore, oppure a parziale o esclusivo uso del padrone, che veniva d'estate a villeggiare e controllare la raccolta dei prodotti.
Molte sono nel bolognese anche le ville vere e proprie, con architettura di pregio e parco circostante. Ma qui il contadino entrava solo per portare le regalie dovute al padrone per le festività e fare i conti di fine anno.
EDILIZIA RURALE OGGI: TRA DEGRADO E TRASFORMAZIONI
Nella seconda metà del 1900 il mondo
rurale ha subito profonde trasformazioni: la scomparsa della
mezzadria, la diffusione generalizzata della piccola proprietà
contadina a coltivazione diretta, la meccanizzazione, la profonda
modifica della famiglia contadina (e non solo) che da patriarcale
(più generazioni insieme, fino a 20/30 persone), si è ristretta a
mononucleare (un solo nucleo, con 4/5 persone), la progressiva
riduzione della frutticoltura e dell'allevamento del bestiame , le
trasformazioni culturali, economiche e sociali che hanno reso più
appetibili e redditizie altre professioni (operai in fabbrica,
impiegati, artigiani , nuove attività) che davano maggiore sicurezza
e prestigio ( a torto o ragione).
Tutto questo ha fatto sì che le vecchie grandi case rurali di modello settecentesco, ormai deteriorate dal tempo, non fossero più considerate adeguate e rispondenti alle nuove esigenze delle famiglie, proprietarie e ivi residenti.
In molti casi sono state abbandonate
per andare a vivere altrove, e ne restano ruderi cadenti, in attesa
che crollino e se ne possa utilizzare la “cubatura” per
costruirci case ed edifici di servizio nuovi.
Talvolta, quelle ancora non
pericolanti sono utilizzate come magazzini o depositi attrezzi (ora
trattori e macchinari complessi).
Da qualche tempo però sta prevalendo
la tendenza alla ristrutturazione e al riuso dei fabbricati ex
rurali, o rustici, per ricavarne abitazioni mono o plurifamigliari
dotate di tutti i comfort e i servizi moderni.
Gruppo di Studi pianura del Reno
Scritto in Agricoltura ieri e oggiinvia ad un amico | letto 5209 volte
Inserito da redazione il Mar, 2010-08-03 16:40