Il tema delle energie da fonti rinnovabili è sempre all'attenzione di una larga fascia di cittadini e operatori del mondo scientifico e tecnico, ambientalista, agricolo ed economico . Tra le varie informazioni e interventi di esponenti autorevoli, diffusi dal sito www.greencrossitalia.it, segnaliamo e riportiamo alcuni articoli che illustrano diverse esperienze e proposte concrete, che vanno dall'utilizzo dell'energia solare del deserto del Sahara, alla produzione di biocarburante da alcol derivato dai sottoprodotti di lavorazione di birra e whisky, alla trasformazione della biomassa e dei semi di cardo, per finire con le Jeep elettriche a ricarica di Biogas.
* Rubbia. dal sole del Sahara luce per il Mediterraneo
Sfruttare l’energia solare dove ne
arriva di più, nel deserto del Sahara, per dare elettricità
pulita a tutti i Paesi del Mediterraneo. E’ il progetto Desertec,
lanciato da un gruppo di scienziati tra cui il premio Nobel per la
fisica Carlo Rubbia, per risolvere in un colpo solo il problema
energetico e l’emergenza inquinamento, ma anche per far decollare
l’economia dei Paesi africani. Il progetto è descritto in un
servizio della rivista Newton.
“In meno di sei ore arriva sui
deserti una quantità d’energia pari a quella consumata in un
anno in tutto il mondo” spiega il fisico Gerhard Knies, tra i
promotori del progetto. In base ai calcoli degli scienziati,
basterebbe ricoprire meno dello 0,3% dei deserti dei Paesi
mediorientali e nordafricani per generare energia sufficiente a
rifornire l’Europa, il Medio Oriente e i Paesi del Nordafrica.
Riducendo, oltretutto, l’emissione di CO2 dovuta alla produzione
d’elettricità in Europa (e quindi l’inquinamento che ne
deriva) del 70%. “L’energia - spiega Rubbia - deve essere a
disposizione quando se ne ha bisogno, non quando il buon Dio la
manda”: per questo gli impianti che saranno installati nel deserto
usano particolari specchi per concentrare la luce solare su un tubo o
una caldaia, con un principio simile a quello di uno scaldabagno. Il
fluido qui contenuto, scaldato oltre i 500°C, aziona le turbine
che quindi producono l’energia. Il progetto Desertec richiede un
investimento complessivo di 400 miliardi di euro. Un investimento
considerevole, ma che è solo una frazione dei 7.500 miliardi
di euro che secondo l’Agenzia internazionale per l’energia
dovranno essere spesi entro il 2030 per espandere e ammodernare gli
impianti di produzione elettrica in tutto il mondo. (Fonte: ANSA)
* RICERCA, DALL'ALCOL AL BIOCARBURANTE
Dall’alcol al biocarburante, senza
passare per lo sfruttamento delle colture no-food: questo l’obiettivo
del progetto di ricerca della durata di un anno messo a punto dall’
University of Abertay Dundee (Scozia, Regno Unito) e reso possibile
grazie al sostegno del prestigioso Carnegie Trust Research Grant
(fondo per la ricerca scozzese). “La nostra ricerca - ha spiegato
il responsabile del progetto, Graeme Walker - mira ad utilizzare i
sottoprodotti ottenuti dalla lavorazione della birra e del whisky per
ricavare bioetanolo. In sostanza la sfida è quella di
sfruttare materie prime già esistenti nell’industria, che
altrimenti verrebbero scartate o al limite utilizzate come mangime
per gli animali”. L’accresciuta domanda di biocombustibili sta,
infatti, apportando, secondo quanto evidenziato in un recente
rapporto congiunto Ocse-Fao, sostanziali modifiche ai mercati
agricoli. L’impiego crescente di cereali, di canna da zucchero, di
semi oleosi e di oli vegetali per la produzione di sostituti dei
combustibili fossili, etanolo e bio-diesel (che secondo il rapporto
dovrebbe raddoppiare entro il 2016) potrebbe, infatti, avere delle
conseguenze sui prezzi dei prodotti agricoli e indirettamente anche
di quelli animali. “Al momento - ha concluso Walker - rimangono
molti problemi di natura tecnica nel riuscire a convertire biomassa
di scarti in biocarburante, ma siamo convinti che questa sia una
delle possibili strade da intraprendere per costruire un futuro di
sicurezza energetica, ecologicamente ed economicamente sostenibile”.
(Fonte: ANSA)
* CARDO CARBURANTE VERDE DEL MEDITERRANEO
I terreni abbandonati, marginali e ad
insufficienza idrica del bacino del Mediterraneo potrebbero presto
diventare un’importante fonte di ricchezza energetica ed economica
per il sud del vecchio continente: è quanto si propone di
dimostrare il progetto comunitario ‘Biocard - Global process to
Improve Cynara Cardunculus’, che vede l’Italia in prima linea
nello studio delle potenzialità della pianta del cardo. “Il
cardo - ha spiegato Luigi Pari, responsabile del progetto
dell’Istituto Sperimentale per la Meccanizzazione agricola (Cra)-
ha la caratteristica di poter essere sfruttato su più livelli
e di essere una coltura poliennale, i cui costi possono essere dunque
ammortizzati nell’arco di 8-10 anni. Inoltre - ha continuato Pari -
il fatto che la coltura si adatti a terreni con scarsi apporti
idrici, contribuisce a far si che non ci sia quella pericolosa
concorrenza che oggi spesso esiste tra la filiera agroalimentare e la
filiera agroenergetica”.
Oltre al Cra, che si occupa di studiare
gli aspetti legati alla meccanizzazione e alla logistica, per
l’Italia è presente il Dipartimento di Ingegneria Chimica,
Mineraria e delle Tecnologie Ambientali (Dicma) dell’Università
di Bologna, con il compito di sviluppare la produzione di biodiesel
dall’olio di semi del cardo. (Gli altri partner sono: Tecnatom,
Universidad Politecnica de Madrid, Icp-Csic, Fundacion Gaiker,
Queenn’s University Belfast, Fundacion Circe, Technical University
of Denmark, Vtt, Endesa, Man B&w). Sviluppare macchinari per
automatizzare il processo di separazione dei semi, sperimentare tre
diversi processi di combustione della biomassa, ottimizzare la
produzione di biodiesel dall’olio di semi del cardo, ridurre i
costi logistici: questi i principali campi di studio e
sperimentazione del progetto, che vuole essere un’indagine a 360
gradi sulle caratteristiche tecnico-scientifiche ed economiche di una
possibile nuova fonte energetica. Non a caso, infatti, tra gli enti
coinvolti in Biocard ci sono Endesa, la maggior impresa elettrica
della Spagna e Man B&W, azienda produttrice di motori, che stanno
testando e valutando le potenzialità concrete della ricerca.
(Fonte: ANSA)
* MOBILITA' SOSTENIBILE
FILIPPINE, JEEP ELETTRICA SI RICARICA A
BIOGAS
Si chiama e-jeepney ed ha un motore
elettrico che si ricarica grazie ad un impianto a biogas, alimentato
da rifiuti organici. E’ il frutto del progetto Climate Friendly
Cities. Si è creato un gruppo di lavoro composto da Solar
Electric Co. (Solarco), Greenpeace e GRIPP (Green Renewable
Independent Power Producer) e il sindaco di Mataki, Jejomar Binay,
suo entusiasta depositario, per fabbricare jeep elettriche,
silenziose, leggere, efficienti ed economiche. Il tutto per dare
‘respiro’ al traffico di Manila, dove migliaia di automobili,
jeep e furgoncini brulicanti di persone creano una tale nube tossica
da togliere il respiro. Il progetto pilota è, infatti, partito
dal suo comune ma anche altre città stanno lavorando con lo
stesso obiettivo.
Le e-jeepney sono la versione ecologica di un
veicolo molto diffuso e inquinante nelle Filippine. Sono dotate di un
motore elettrico, con una autonomia di 120 km alla velocità di
40 km/h. Il tempo di ricarica è di 8 ore e l’elettricità
deriva da un impianto a biogas alimentato da rifiuti organici. In
alternativa si può richiedere il modello dotato di tetto
fotovoltaico. Sono prodotte, per il momento, in Cina ma presto la
produzione potrebbe essere spostata nelle Filippine.
“La e-jeep è molto facile da guidare - afferma Panch Puckett, capo della società designer della macchina - soprattutto per i guidatori che, abitualmente, usano i motori diesel”. (Fonte: ANSA)
La foto in alto è tratta dal sito www.aiee.it Associazione Italiana Economisti dell'Energia
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Inserito da redazione il Mar, 2007-09-25 15:41